Il Regno non ama gli Houthi, ma da tempo non vuole più vincere la guerra contro di loro
Sono passati più di dieci anni da quando i miliziani Houthi sostenuti dall’Iran hanno conquistato la capitale yemenita Sana'a. Inizialmente, l’Arabia Saudita ha cercato di contrastare il loro attacco. Molti progressisti si sono schierati di riflesso dalla parte degli Houthi. Alcuni sono stati motivati dall’ideologia. Troppe persone in Occidente trovano convincente la narrazione della resistenza di questo movimento sciita yemenita, seppur tale narrazione sia falsa. L’essere troppo analitici ha avuto un ruolo importante nel discorso politico americano. Quando l’allora presidente Donald Trump abbracciò il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman (Mbs, i detrattori nazionali di Trump cercarono di demonizzare l’Arabia Saudita e scagionare gli Houthi. Molti sostenitori dei diritti umani sono stati affetti dal disturbo da deficit di attenzione verso Mbs, concentrandosi irrazionalmente sulla sua presunta responsabilità per la morte dell’attivista saudita dei Fratelli Musulmani Jamal Khashoggi. Sebbene Bin Salman possa esserne stato il responsabile, scagionare il gruppo armato yemenita per la loro massiccia violazione dei diritti umani a causa della rabbia nutrita nei confronti di un solo uomo ha dimostrato la parzialità e la politicizzazione della comunità dei diritti umani.
Che sia per ignoranza o per malafede, i partigiani politici e i diplomatici hanno attribuito esclusivamente la colpa della tragedia umanitaria all’azione saudita. Hanno, ad esempio, menzionato i rapporti delle Nazioni Unite che ravvisavano negli attacchi aerei sauditi la causa della fame, ignorando però quelli che riconoscevano che i miliziani yemeniti bloccavano la consegna di cibo a città come Taiz, a causa della loro fedeltà al governo riconosciuto a livello internazionale. Forse il più grande esempio di cherry picking, ossia di percezione distorta o di manipolazione dei fatti, a favore degli Houthi è stata la decisione del segretario di Stato Antony Blinken di rimuovere gli Houthi dalla lista dei gruppi terroristici a meno di tre settimane dalla sua nomina.
L’Arabia Saudita era indignata. L’amministrazione Biden venne sostanzialmente considerata colpevole. Tra il 2015 e il 2022, i miliziani Houthi hanno lanciato quasi un migliaio di razzi e missili e più di 350 droni contro l’Arabia Saudita, distinguendo raramente tra obiettivi militari e civili. Con gli Stati Uniti che facevano poco per proteggere la monarchia del Golfo, la Casa Bianca che tracciava un’equivalenza morale tra il Regno saudita e gli Houthi e molti membri del Congresso che si schieravano con il gruppo ribelle yemenita e minacciavano sanzioni contro Riad, i sauditi hanno capito che non potevano fidarsi del fatto che Washington coprisse loro le spalle.
Oggi c’è una certa dissonanza tra la percezione pubblica della posizione dell’Arabia Saudita nei confronti dello Yemen e la realtà. Il Regno non ama gli Houthi, ma da tempo non vuole più vincere la guerra contro di loro. I sauditi desiderano piuttosto la tranquillità, anche a spese dei loro alleati yemeniti nel governo riconosciuto a livello internazionale. In breve, Riad conclude accordi e può persino compiacere il movimento armato sciita, mantenere la calma al confine meridionale e impedire ai droni e ai missili Houthi forniti dall’Iran di colpire più a nord. In effetti, la strategia adottata dall’esercito saudita nei confronti dei ribelli yemeniti è simile al modo in cui Israele faceva fronte ad Hamas prima del 7 ottobre 2023. Proprio come Israele tollerava la diversione di Hamas degli aiuti forniti dall’Onu e da altre organizzazioni internazionali, Riad oggi chiude un occhio sul mancato rispetto da parte degli Houthi dell’Accordo di Stoccolma, che ha lo scopo di impedire la diversione indebita degli aiuti umanitari nel porto di Hodeidah.
L’amministrazione Biden ha dato un segnale inviando alcune navi statunitensi nel Mar Rosso per un periodo di tempo limitato. Se il Presidente eletto Trump vuole sconfiggere gli Houthi e proteggere la libertà di navigazione internazionale, è essenziale mostrare ai sauditi che gli Stati Uniti sostengono il Regno, che gli anni di Biden (e di Obama) sono stati un’anomalia e non la nuova norma. Ciò significa dare pieno sostegno all’offensiva saudita e rafforzare la sua difesa. Se gli Usa possono vantarsi di aver abbattuto droni e missili iraniani diretti in Israele, dovrebbero fare lo stesso con i razzi Houthi lanciati in Arabia Saudita. Proprio come la nuova amministrazione Trump chiederà sicuramente conto all’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati palestinesi (Unrwa), della sua complicità con Hamas, gli Stati Uniti devono anche imporre l’applicazione reale dell’Accordo di Stoccolma per garantire che nessun miliziano Houthi lavori nel porto di Hodeidah e né riceva stipendi dai proventi portuali.
L’approccio morbido di Riad alla minaccia degli Houthi può scoraggiare gli yemeniti che non vogliono rimanere sotto il giogo dell’Iran e del suo proxy locale, ma non è l’unico responsabile. Trump dovrebbe non solo chiedere all’Arabia Saudita di smettere di compiacere gli Houthi, ma anche dimostrare alla monarchia del Golfo che sconfiggere i miliziani yemeniti è possibile ed è un obiettivo strategico degli Stati Uniti.
(*) Tratto dal Middle East Forum
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 13 novembre 2024 alle ore 10:37