Un video che circola su Telegram e su altri social media ipotizza che le Forze Speciali della Corea del Nord inviate come rinforzo sul fronte russo-ucraino abbiano iniziato a combattere in prima linea al fianco di Mosca. Il video sostiene di aver intervistato l’unico sopravvissuto nordcoreano di un’unità di 40 compatrioti che si è scontrata con le forze ucraine vicino alla città di Kursk, occupata dall’Ucraina. Sebbene ci siano dei dubbi sull’autenticità del video (qualcuno ritiene che si tratti di guerra psicologica) lo si può considerare credibile. Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky esorta il mondo a intervenire prima che altre unità nordcoreane possano raggiungere il fronte, gli analisti militari aspettano di vedere come se la cavano i nordcoreani in battaglia. Dopotutto, nonostante le loro temibili parate militari e la retorica bellicosa, sono decenni che l’esercito nordcoreano non combatte in campo aperto. I nordcoreani sono sempre più bassi e più magri dei loro vicini sudcoreani.
La Corea del Nord non è l’unico Paese a perdere la reputazione. Per quanto gli Stati Uniti temano l’ascesa della Cina, la capacità di combattimento dell’Esercito Popolare di Liberazione è un’incognita. È forse l’unico esercito al mondo interamente composto da bambini. L’ultima volta che la Repubblica Popolare Cinese ha combattuto una guerra aperta, (un conflitto con il Vietnam nel 1979, durato un mese) ha perso. Da allora, la Cina ha affrontato esclusivamente nemici di poco conto e disarmati o equipaggiati con armi leggere, come i motoscafi della Guardia costiera filippina, i pescherecci vietnamiti o le piccole squadre di soldati indiani sulle vette dell’Himalaya. La Cina può millantare di conquistare Taiwan. L’Esercito Popolare di Liberazione è in grado di causare terribili devastazioni con il lancio di droni e missili, ma la sua capacità di occupare il Paese è un’altra questione. Nel momento in cui l’Esercito Popolare di Liberazione entrerà in azione combattendo, Pechino sa che la sua immagine di invincibilità, accuratamente costruita, potrebbe crollare.
La Russia è stata un’altra tigre di carta. Mentre le forze russe si ammassavano sul confine ucraino nel febbraio 2022, il presidente Joe Biden e il consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan esortavano Zelensky ad arrendersi anticipatamente e a fuggire dal Paese. Le informazioni che Biden e Sullivan ricevettero dalla comunità dei servizi segreti statunitensi esageravano di molto le capacità dell'esercito russo. Invece di marciare trionfalmente su Kiev, l’esercito russo oggi perde ogni due mesi più di quanto gli Stati Uniti abbiano perso nell’intera guerra del Vietnam. La Russia potrebbe ancora vincere, ma non come immaginava. Piuttosto, cercherà semplicemente di sopravvivere ai suoi nemici ucraini in una nuova Stalingrado. Il Cremlino potrebbe aver promosso un’immagine di sé come avente un esercito di eccellenza capace di stupire e impressionare, ma ciò che ha mostrato alla comunità internazionale non è molto diverso dall’immagine offerta dalle forze russe nella Prima guerra mondiale.
Anche l’esercito iracheno dell’era Saddam era una tigre di carta. Nel periodo che precedette l’operazione Desert Storm del 1991 e la liberazione del Kuwait, l’Iraq aveva il quinto esercito più grande al mondo. Colin Powell, allora capo di Stato Maggiore, confuse le dimensioni con la competenza e cercò un compromesso diplomatico con l’Iraq, una proposta che il presidente George H.W. Bush respinse saggiamente. La successiva decimazione dell’esercito iracheno dimostrò quanto fosse una tigre di carta.
Mentre la Corea del Nord, la Cina, la Russia e l’Iraq dell’era Saddam sono o erano tutti avversari degli Stati Uniti, la stessa dinamica potrebbe applicarsi anche alla Nato. L’esercito turco costituisce la seconda componente di forza più grande all’interno dell’Alleanza Atlantica, dopo gli Stati Uniti. Diplomatici, analisti e lobbisti turchi a K Street e nei think tank di Washington confondono il potere militare della Turchia e l’importanza strategica, ma raramente valutano se tale potere sia reale.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha preso un esercito formidabile e ha cercato di rifarlo a sua immagine e somiglianza. Per accelerare la sua trasformazione, ha citato come dati di fatto vari complotti, culminati nel cosiddetto “golpe dell’incendio del Reichstag”. Il risultato delle purghe di Erdogan è stata la priorità data alla politica rispetto alla competenza. Ad esempio, uno su cinque piloti turchi di F-16 è finito in prigione; i loro sostituti avevano una frazione dell’esperienza dei loro colleghi imprigionati.
Lo stesso si può dire per le forze di terra della Turchia. Sebbene le forze turche si siano spinte in Siria in alcuni distretti curdi, lo hanno fatto solo utilizzando proxies o contro avversari equipaggiati con armi leggere. Mentre Ankara ha mosso guerra contro le infrastrutture civili dei curdi siriani come oleodotti e sottostazioni elettriche o fattorie yazide al di là del confine con l’Iraq, l’esercito turco non è riuscito ad affrontare lo Stato Islamico. Ci sono due possibili spiegazioni per questo: la Turchia nel suo insieme o alcuni comandanti non considerano lo Stato islamico un nemico oppure i comandanti turchi temono che affrontare direttamente lo Stato Islamico metterebbe in luce la debolezza delle forze di terra della Turchia post-Erdogan.
E in questo caso, la Libia fornisce alcuni indizi su dove il Gruppo Wagner ha di fatto tenuto in parità il secondo esercito più grande della Nato. I media di Stato turchi citano il sostegno aereo fornito da Ankara all’assalto dell’Azerbaijan contro gli armeni o la fornitura di droni all’Ucraina, ma nessuno di questi presunti successi ha comportato il dispiegamento di truppe turche, con l’eccezione forse di alcune forze speciali nel Nagorno-Karabakh.
Troppo spesso, gli Stati Uniti si auto-dissuadono di fronte alle tigri di carta in modo da conferire loro un potere che non gli appartiene. In effetti, gli Usa potrebbero gestire pienamente qualsiasi scenario militare, ma si piegano di fronte ad alcuni Paesi la cui importanza è più immaginaria che reale. Tuttavia, la Turchia oggi presenta un altro problema, poiché è formalmente un alleato piuttosto che un avversario. Mentre Erdogan cerca di trarre vantaggio da un’illusione di forza, è tempo di chiedersi se le dimensioni dell’esercito turco siano adatte a diventare una forza del Terzo mondo, poco diversa dall’Iraq del 1991 o dalla Russia del 2022. Se così fosse, allora forse la prossima Amministrazione dovrà riconsiderare la deferenza dovuta alla Turchia e persino domande di base come, ad esempio, se i curdi siriani, se adeguatamente armati, possano contribuire di più alla sicurezza regionale rispetto alle truppe turche, la cui illusione di potere si dissolverà nel momento in cui lasceranno le loro caserme.
(*) Tratto da National Security Journal
(**) Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 11 novembre 2024 alle ore 11:10