Se uno si fosse letto tutto quello che hanno scritto su di lui negli scorsi giorni – e ancora prima quando Donald Trump lo indicò a sorpresa come suo vice – di J.D. Vance si sarebbe fatto l’idea errata, estremamente errata, di un giovanotto reazionario della provincia americana. Di una specie di suprematista bianco e sciocchezze del genere. Invece, la sua drammatica vita, che nel 2016 divenne prima un libro di grande successo, Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis, poi tradotto in italiano in Elegia americana, e in seguito un bellissimo film diretto da Ron Howard, interpretato da Amy Adams e Glenn Close, in ogni maniera può essere definita ma non certo come quella di un raccomandato. Di una ipotetica classe bianca ricca ed egoista. È al contrario la storia di un ragazzo della provincia più sfortunata d’America, tra Kentucky e Ohio, nato e vissuto in una famiglia super problematica, madre tossicodipendente quasi all’ultimo stadio, una nonna di cuore ma un po’ rude, e un background di abusi tra le mura domestiche, che riesce, con mille sacrifici a laurearsi e ad avere il proprio riscatto sociale. Il vero “american dream” incarnato in un ragazzino bullizzato a scuola sin da quando aveva 12 anni.
Libro e film hanno avuto un grande successo già nel 2016, quando ancora J.D. Vance non sapeva che sarebbe diventato, otto anni dopo, il vice di Donald Trump nel suo secondo mandato. Una vicenda toccante che avrebbe dovuto essere cavalcata dalla sinistra americana ed europea e che invece fa di tutto per nasconderla, perché nessuno la ricordi. Hai visto mai che qualcuno, come chi ha visto il film e letto il libro, si commuova e forse guardi persino a Donald Trump, che lo ha scelto come vice, con occhi del tutto diversi? E in effetti la storia del piccolo e paffutello J.D. Vance, in famiglia e a scuola tutti impareranno a chiamarlo così, J.D., quasi ignorando il nome completo che è James David, è di quelle che da come parte e si sviluppa non sembra destinata ad avere un lieto fine. Sostenere il colloquio che potrebbe cambiare la vita a un ragazzo della più povera e emarginata provincia americana dopo avere fatto i salti mortali per ottenere borse di studio per pagarsi la Facoltà di Legge a Yale dovendo allo stesso momento fare i conti con le overdosi a ripetizione di una madre che solo dopo l’ultima “rehab” nel 2011 smise di drogarsi, non è il massimo della vita.
E J.D. Vance, per come si racconta nel libro e nel film, non è affatto un razzista, visto che per moglie ha sposato Usha, un’indiana di colore, che tanto lo avrebbe aiutato nel suo cammino di riscatto sociale. Vance sembra, invece, un personaggio di quella destra conservatrice ma compassionevole, implacabile con il terrorismo e la criminalità organizzata, ma veramente caritatevole con le classi più povere dei lavoratori americani. Una destra che già Ronald Reagan aveva teorizzato. Per questo, dopo tutte le tribolazioni subite, Vance è diventato senatore nell’Ohio nel 2013 e oggi è il vice di Trump. Che forse lo ha scelto proprio per queste doti di sacrificio e di generosità umana. Altro che il maschio bianco reazionario di cui si sono riempiti la bocca tutti gli interessati commentatori della sinistra americana ed europea. Poi quando nel 2028 J.D. Vance diventerà il naturale candidato alla successione di Trump con ampie possibilità di farcela vedrete che incominceranno ad accorgersi che persona è stata nella vita.
(*) Elegia americana di J.D. Vance, Garzanti 2017, traduzione di Roberto Merlini, 269 pagine, 15 euro
Aggiornato il 12 novembre 2024 alle ore 09:46