L’ennesimo vertice di Hezbollah è stato neutralizzato. Le Forze di difesa israeliane hanno annunciato l’eliminazione di Abu Ali Rida, il comandante delle forze sciite responsabile della formazione di Baraachit, nel sud del Paese dei cedri. In un comunicato ufficiale dell’esercito di Tel Aviv, pubblicato sul proprio canale Telegram, viene spiegato che il dirigente del gruppo paramilitare era coinvolto nella pianificazione e nell’esecuzione di attacchi contro Israele, oltre a coordinare le operazioni terroristiche di Hezbollah al di là della linea blu. Nel frattempo, in mattinata, i combattimenti tra l’esercito dello Stato ebraico e il Partito di Dio hanno subito un’escalation, soprattutto dalla parte sciita del conflitto. I terroristi, infatti, avrebbero perpetrato almeno 60 attacchi missilistici, dal Libano verso l’Alta Galilea e la Galilea occidentale. Molti di questi razzi sono stati intercettati dall’Iron dome, e i restanti sarebbero caduti in aree disabitate. Hezbollah, inoltre, avrebbe rivendicato un altro attacco missilistico, stavolta verso Safed, una città nel nord di Israele al confine con il Paese dei cedri.
E nel giorno in cui Israele ha ratificato alle Nazioni unite la fine del suo rapporto con l’Urnwa, un tribunale di Rishion Le Zion ha confermato la detenzione di un portavoce di Benjamin Netanyahu. Il membro dell’ufficio del primo ministro è stato accusato di aver diffuso delle carte top secret. Le autorità dello Stato ebraico, di concerto con lo Shin Bet – società di intelligence che insieme al Mossad e ad Aman forma la trinità dei servizi segreti israeliani – stanno infatti lavorando su un caso di “violazione della sicurezza nazionale”. Nel fascicolo, su cui stanno indagando anche le forze armate, sarebbero presenti la fuga di documenti riservati, l’accesso non autorizzato di un consigliere a riunioni e uffici non di sua competenza, la cattiva gestione di informazioni riservate e il presunto uso di documenti per influenzare l’opinione pubblica sui negoziati per una tregua a Gaza.
Ed è proprio sul fronte della diplomazia che è tornato a parlare David Barnea, il principale negoziatore di Tel Aviv nonché presidente del Mossad. Per l’uomo, la prospettiva di un accordo per il rilascio degli ostaggi ancora trattenuti da Hamas – secondo fonti affidabili sarebbero 51 i detenuti – è attualmente “bassa”. In un colloquio con Channel 12, il capo dell’intelligence ha riferito che le proposte per un cessate il fuoco e per il ritorno a casa dei prigionieri – inviate ai terroristi tramite Egitto e Qatar – non hanno ricevuto risposta da Hamas. L’organizzazione che opera nella Striscia di Gaza punta a istituire un cessate il fuoco totale come condizione preliminare allo scambio tra ostaggi e prigionieri. Sebbene i colloqui siano ricominciati dopo la morte di Yahya Sinwar, la luce in fondo al tunnel della guerra è ancora molto lontana.
Aggiornato il 04 novembre 2024 alle ore 15:36