Quanto è vicina la decapitazione della Testa dell’Idra (ovvero delle milizie proxy dell’Iran e Teheran stesso) dopo l’eliminazione del sanguinario leader indiscusso di Hezbollah, Hassan Nasrallah? Ancora una volta, Israele ha dimostrato di volersi difendere da solo a ogni costo, che poi è un modo di dire molto relativo, perché nessuno dei due candidati alla Presidenza Usa potrebbe lontanamente sognarsi di inimicarsi la lobby ebraica, statunitense e mondiale. I meno ipocriti dei woke, che vivono comodamente in Occidente, sanno benissimo che Israele si batte per la sua sopravvivenza e per la stessa idea di democrazia nel mondo, contro un fronte estremamente ampio di fondamentalismi. Questi ultimi, dichiarano da quaranta anni di volere morti sia il Piccolo che il Grande Satana, che poi siamo tutti noi, coloro che non credono nel Corano e nell’unico Dio Allah. Ora come si può dar torto al governo israeliano di volerla far finita una volta per tutte con la minaccia islamica, sunnita a sciita, che dal 1948 ne assedia i confini, avendo nei loro statuti sia Hamas che Hezbollah la cancellazione letterale dello Stato sionista dal sacro suolo dell’Islam, di cui la Palestina è parte integrante, e il cui territorio sacro va “dal fiume al mare”? Non è vero, forse, che il giorno dopo la grande strage del 7 ottobre 2023 Nasrallah ha ritenuto bene di autorizzare il lancio di missili contro Israele, in appoggio all’iniziativa stragista di Hamas? Così Tel Aviv ha attuato la sua personale versione del tit-for-tat (ribattere colpo su colpo, in base al principio occhio per occhio) studiando con estrema precisione tutti i bersagli simbolo dei capi di prima linea, fino al massimo leader stesso di Hezbollah, da eliminare direttamente, con bombardamenti mirati e munizioni antibunker.
Operazione per la quale si sono resi necessari venti anni di preparazione dal 2006, e molte decine di bombe. Dall’ultima invasione del Libano, conclusasi con un sostanziale insuccesso per Tel Aviv, esercito e intelligence israeliani hanno messo a punto una strategia alternativa, i cui punti di forza risiedono nell’eliminazione progressiva dell’intera leadership delle milizie fondamentaliste sciite libanesi, avvalendosi soprattutto dello spionaggio elettronico. In merito, forze armate e servizi segreti israeliani avevano da tempo individuato come punto debole di Hezbollah l’aumento delle esigenze di comunicazione tra comandi e reparti operativi dei miliziani, a seguito del notevole ampliamento delle loro capacità operative. E questo era dovuto all’esigenza di avere a disposizione molti più specialisti e un’adeguata formazione dei quadri per l’impiego di armi missilistiche sempre più sofisticate, fornite loro dall’Iran. Un arsenale-patrimonio di centinaia di migliaia di proiettili così prezioso da ricevere tutte le possibili attenzioni da parte del comando strategico del gruppo, per il sostegno finanziario alla parte logistica e a copertura delle enormi spese di mantenimento, cosa che ha lasciato pertanto indietro l’ammodernamento di fanteria e artiglieria. Agli israeliani, per avere successo in una efficace contro-strategia che evitasse la pioggia di missili in grado di saturare le difese di Iron Dome, è servita tantissima humint (spie, infiltrati e collaborazionisti selezionati sul posto) e una Ai altamente sofisticata e sviluppata, per tracciare mappe sempre aggiornate dei depositi di missili, dei relativi lanciatori e dei centri di comando.
Per rompere “l’equilibrio del terrore” (arsenali di missili sempre pieni, in modo da tenere sotto minaccia costante il territorio di Israele) occorre colpire molto velocemente e duramente Hezbollah, eliminando quante più postazioni missilistiche possibili e decapitando contestualmente la dirigenza del gruppo terrorista. Per riuscirci, occorrevano molte informazioni sensibili, e tutto ciò non sarebbe stato possibile se Hezbollah fosse rimasta una piccola fazione armata con l’ossessione della segretezza. Prerogativa quest’ultima che non poteva essere più garantita al momento in cui il gruppo diveniva una vera e propria forza armata di decine di migliaia di unità combattenti, a partire dall’intervento di Hezbollah in Siria, a sostegno del dittatore Bashar al-Assad. Proprio nel quadro della guerra civile siriana, dovendo i comandi dei miliziani sciiti interagire con quelli russi e siriani, si sono create le prime lacune sfruttate poi dall’Ai israeliana per venire a capo dell’organizzazione interna del gruppo. Il “trombinoscopio” (galleria di ritratti) dei componenti della milizia sciita è stato completato grazie all’hackeraggio delle telecamere sparse per Beirut, che hanno filmato migliaia di miliziani e i loro quadri che si recavano in ospedale, per curare le ferite causate dall’esplosione dei cercapersone e dei walkie-talkie manipolati da Israele.
Chiaro che, a questo punto, l’eliminazione dei capi sanguinari di Hezbollah ha comportato un caro prezzo di immagine per Israele, a causa di parecchie centinaia di vittime collaterali di cittadini innocenti. Questo perché, come al solito, i terroristi organizzati libanesi e palestinesi hanno il pessimo vizio di prendere in ostaggio le loro popolazioni civili, nascondendo di tutto nelle case private, soprattutto armamenti pesanti e missili, compresi i loro quartieri generali. E poiché stavolta i venti di guerra in Libano si sono fatti molto più concreti, al contrario delle minacce quotidiane di vendetta da parte dell’Idra e dei suoi proxy, si inizia a vedere la fuga di centinaia di migliaia di libanesi da Beirut verso i confini siriani. Ora, se Ali Khamenei e i suoi sodali a Gaza e nella Bekaa sapessero fare un bagno di sano realismo delle forze in campo, smettendo di sfidare la rappresaglia di Israele, cercherebbero un accordo di lungo periodo, dato che non posseggono nessuna superiorità aerea per contrastare l’aviazione israeliana. Non basta, infatti, una flotta estremamente numerosa (quanto imprecisa) di droni e missili per fermare uno scudo del tipo Iron Dome e l’aviazione alleata di Israele. Servirà la lezione?
Aggiornato il 02 ottobre 2024 alle ore 11:20