Hezbollah, il partito di Dio, non dovrebbe rappresentare tutto il Libano. Non è immediato definire cosa sia e chi rappresenti Hezbollah. Senza dubbio, per Israele e per buona parte dell’Occidente, inteso come omogeneità culturale più che come entità geografica, è una organizzazione terroristica. Ma per altri Paesi, soprattutto islamici, rappresenta un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana.
Ma questo “partito di Dio” come si vuole presentare in questo macabro palcoscenico? Sicuramente ostenta essere un partito politico sciita libanese in un Paese multi religioso, ma in pratica è una milizia islamista filo-iraniana che sta prendendo in ostaggio tutto il Libano, ma soprattutto la “politica libanese”. Quindi il suo “profilo” dipende da chi lo descrive. Comunque Hezbollah non è Hamas, nemmeno dal punto di vista confessionale in quanto Hamas è composto da sunniti. I due movimenti hanno in comune molte somiglianze, inclusa l’alleanza con l’Iran e l’ostilità verso Israele, ma le dissomiglianze tra loro sono numerose. Una delle differenze maggiori è estremamente determinante, cioè l’arsenale militare.
Hezbollah militarmente è molto più dotato di Hamas, fattore a conoscenza di Israele, ha un armamentario più ampio e molto più sofisticato di quello del suo alleato palestinese. I suoi missili hanno capacità balistiche e di gittata in grado di colpire obiettivi nel cuore di Israele, a centinaia di chilometri dal confine libanese. Inoltre Hamas controlla la Striscia di Gaza sia politicamente che militarmente, senza dividere con altri partiti la gestione; contrariamente a Hezbollah, che non controlla, per ora, il Libano ma drammaticamente esercita una grande influenza nel Paese, sia per la sua capacità militare, più potente dell’esercito nazionale, sia perché è notoriamente temuto; una sorta di “omertà mafiosa”, e ciò si nota dalla prudente presa di posizione degli altri partiti libanesi in questa criticità nazionale, ma anche dai libanesi stessi che si astengono nel manifestare palesemente contrarietà ad Hezbollah. Il sistema politico del Paese è notoriamente complesso, si basa su una distribuzione dei poteri tra diverse comunità religiose, ed è per questo motivo che per Hezbollah è impossibile governare da solo il Libano, salvo voglia applicare una svolta autoritaria sulla base dell’estremismo religioso.
Quindi il “partito di Dio” è obbligato a stringere alleanze multi religiose e multiconfessionali se vuole sviluppare o bloccare determinate questioni politico-sociali; infatti in assenza di condivisione tra i partiti di diversa appartenenza, il Libano rischia la paralisi governativa, fattore che ad oggi conclama la sua più incidente fragilità. L’esempio più eclatante di questa debolezza è l’incapacità di eleggere il nuovo presidente che sarebbe dovuto entrare in carica nel 2022, un Presidente di religione cristiana, Maronita: elezioni bloccate proprio dal partito Hezbollah.
Ricordo che la divisione delle tre più alte cariche dello Stato fa riferimento ad una convenzione non scritta ma in vigore dal 1943, che vede il posto di presidente assegnato ad un maronita, quello di capo di governo ad un sunnita e la presidenza della Camera dei deputati ad uno sciita. In pratica due cariche islamiche ed una cristiana. Inoltre il vice primo ministro e il vicepresidente del Parlamento devono sempre essere cristiani greco-ortodossi. Il blocco delle elezioni per il rinnovo della carica di Presidente è motivato dai risultati delle ultime elezioni legislative del 2022, quando Hezbollah ed i suoi alleati in Parlamento, hanno perso la maggioranza assoluta. Una perdita di maggioranza che equivale ad una perdita di influenza nel Paese, fattore politico non accettato dal partito di Dio.
In realtà l’attuale governo non ha alcun potere reale. Un Esecutivo dimissionario con l’unica competenza di gestire la normale amministrazione del Paese, quindi l’attualità, cosa totalmente inadeguata ad una crisi di questi livelli. Ad oggi, il governo è composto da 24 ministri, 12 cristiani e 12 musulmani, due sono del partito Hezbollah: quello dei Lavori pubblici e quello della Cultura, quest’ultimo ha una competenza decisamente emblematica. Ma sono presenti anche personalità riconosciute tra i ministri in carica: come l’indipendente ministro della Sanità Firass Abiad, o come il ministro dell’Ambiente Nasser Yassin. Tuttavia, Hezbollah viene comunque percepito come uno stato nello stato, dato che gestisce una serie di reti parallele strategiche e fuori controllo statale: una propria rete di telecomunicazioni, con qualche falla, a cui si aggiunge un’altra rete sotterranea che si estende su tutto il territorio libanese; un esercito parallelo di oltre 100mila soldati e almeno 150mila missili e droni. Hezbollah dispone anche di una rete finanziaria, l’Istituto Al-Qard al-Hassan, (prestito benevolo), ufficialmente registrato come Ong, che opera in parallelo del sistema finanziario libanese. Pare che consta di oltre 300mila clienti ed eroga micro prestiti a tasso zero.
Hezbollah nasce nel 1982 con l’aiuto finanziario e militare dell’Iran, quando era in atto la guerra libanese (1975-1990), mentre Beirut e il sud del Paese erano occupati dalle forze israeliane. Va ricordato che Hezbollah è l’unico partito politico libanese che ha conservato le armi dopo la fine della guerra civile. Hezbollah oggi è più potente che mai, sicuramente più forte del 2006 quando combatté contro Israele. Tuttavia, lo Stato libanese non è mai stato così diviso, ma soprattutto profondamente esausto. Una guerra come quella su Gaza traslata su Beirut, darebbe la spinta verso il baratro al Paese, facendolo precipitare nel vortice dell’ignoto totale. Ugualmente per l’enclave palestinese è ignoto prevedere le conseguenze e, soprattutto, la durata di un tale conflitto.
Con l’uccisione di Hassan Nasrallah, non è stata decapitata la testa di Hezbollah, ma eliminato il capo di Stato, di uno Stato nello Stato. In attesa di un successore, probabilmente il cugino Hashem Safi al Din, anche lui destinato a “governare” a tempo determinato.
Aggiornato il 30 settembre 2024 alle ore 09:50