Sahel: guerra tra golpisti e ribelli

L’area del Sahel sta vivendo una instabilità crescente. Si potrebbe immaginare che i Governi golpisti che assumono potere in molti Stati africani possano dare stabilità governativa con la forza, ma in contesti dove il concetto di “tribù” è profondamente legato alla società, questa forma di organizzazione che regola la massa è estremamente precaria. Chiaramente il “sistema golpe” ha una sua durata, anzi nel Continente africano è un metodo di avvicendamento politico diffuso ed efficace, ma, se è sicuramente più spendibile della importata, ma sociologicamente inapplicabile, democrazia, lo scoglio più impervio da superare è dovere aggruppare il “sistema tribale in un sistema golpista. Così dal 25 al 29 di agosto, nella ormai nota città maliana di Tin Zaouatine, gruppi ribelli, composti anche da aggregazioni tribali, di Niger e Mali, hanno sottoscritto un accordo di mutuo soccorso per combattere l’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes), nata alla fine del 2023 da Paesi retti da governi golpisti.

Ma cosa è l’Alleanza degli Stati del Sahel? Intanto potremmo definirla una provocazione diplomatica e una scommessa sulla propria sicurezza; in pratica, i militari-golpisti al potere in Burkina Faso, Mali e Niger hanno sottoscritto, alla fine dell’anno scorso, un’alleanza, sia per opporre un fronte politico comune contro gli avversari politici deposti con lo scopo di instaurare il loro concetto di Governo, in alternativa alla restaurazione di una “sovranità” dalle prospettive e dalle basi vacillanti, sia per fronteggiare in coordinamento la minaccia jihadista. Nonostante varie pressioni diplomatiche, provenienti soprattutto dalle ufficiali organizzazioni africane, e internazionali alle quali il blocco Ouagadougou-Bamako-Niamey pare resistere, ancora da dimostrare è la loro capacità di vincere da soli la guerra, di stampo terroristico, che insanguina il Sahel.

I militari golpisti dei tre Paesi, assurti al potere con la forza, hanno giurato di riprendere in mano il destino nazionale assoggettato, secondo loro, agli stranieri, in primis francesi e ai loro “servi locali”. Hanno, infatti, cacciato militari e diplomatici francesi, rivolgendosi a nuovi partner, soprattutto alla Russia, mettendo anche in discussione l’Ordine africano occidentale, rappresentato dall’Ecowas, Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. Così, i gruppi ribelli attivi ai confini settentrionali di Mali e Niger, hanno deciso di aggregarsi unendo le forze dell’organizzazione maliana Csp-Pda, ovvero, Quadro strategico per la pace e la difesa del popolo dell’Azawad, in guerra contro il regime del colonnello Assimi Goïta, con quelle del Fpl, Fronte di liberazione patriottico, un gruppo creato subito dopo il golpe in Niger del luglio 2023, ad opera del generale Abdourahamane Tchiani. La prima azione del Fpl fu quella di chiedere il rilascio del presidente deposto Mohamed Bazoum, a tutt’oggi “ai ferri” e severamente sorvegliato dai golpisti che lo hanno rovesciato.

I due gruppi ribelli, Csp-Pda e Fpl, hanno trattato la questione condividendo la necessità di firmare un patto di reciproca assistenza in caso di aggressione da parte degli Stati Aes; il 31 agosto hanno prodotto un comunicato attestante tale accordo. La cittadina di Tin Zaouatine, situata nell’estremo nord del Mali, al confine con l’Algeria è diventata il centro, oltre che strategico, anche simbolico di questo accordo; qui i gruppi ribelli nigerini e maliani si sono uniti, rappresentati soprattutto da tuareg e arabi. Proprio in questa cittadina si è celebrata quella che ho definito in un mio articolo pubblicato l’8 agosto su L’Opinione: “Mali: la prima sconfitta russa in Africa”. Infatti, lo scontro tra il popolo dell’AzawadCsp-Dpa, da pochi mesi comandato da Bilal Ag Acherif, affiancato da una ancora discussa ed eterogenea coalizione di miliziani, ha sterminato dal 25 al 27 luglio, quasi un centinaio di mercenari Wagner, ancora così identificati, ora Africa Corps, e una cinquantina di soldati dell’esercito del Mali.

Dopo il “decesso” dell’accordo di Algeri nel 2015 – sottoscritto dal Mali con i gruppi indipendentisti dominanti dai tuareg attivi nel nord del Paese – che aveva impostato un processo di pace mostratosi subito fragilissimo, le ostilità sono riprese con maggiore veemenza. Solo esattamente un anno fa l’esercito maliano, supportato dai Wagner, al culmine di molteplici battaglie, che hanno causato centinaia di morti, è riuscito a riconquistare, a novembre 2023, la città di Kidal, roccaforte dei tuareg e gruppi indipendentisti, che hanno scosso il Mali sin dalla sua indipendenza nel 1960. Tuttavia anche in questo caso, dove a contendersi il territorio sono gruppi ribelli e golpisti, le vittime principali sono i civili; negli scontri i droni dell’esercito golpista del Burkina Faso hanno bombardato intensamente le basi conquistate dai ribelli maliani, come accaduto a fine agosto a Tin Zaouatine; nel quadro dell’alleanza degli Stati del Sahel, Aes, anche i soldati nigerini hanno fornito rinforzi logistici agli alleati maliani. I ribelli, inquadrati nel gruppo Quadro strategico per la pace e la difesa del popolo dell’Azawad, hanno affermato che nell’attacco sono rimasti uccisi decine di civili tra cui molti bambini. Come possiamo notare da questa contesa sono esclusi i Governi diciamo democraticamente eletti. Lo scenario è occupato da golpisti e ribelli. Ognuno con il proprio ruolo e con l’obiettivo di sfruttare ogni opportunità per avere peso anche a livello internazionale, in un’area tra le più instabili dell’Africa.

Aggiornato il 11 settembre 2024 alle ore 11:46