La sollecitazione è quella dove non sono ammessi tentennamenti: non recarsi nel Sud del Libano e, soprattutto, utilizzare massima prudenza. Un concetto, questo, ribadito dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel corso di Morning News, su Canale 5. “Chi può rientrare è meglio che lo faccia” insiste il vicepremier del Governo Meloni, che ricorda: “Gli italiani che sono in Libano sono circa 4mila. Gran parte, però, ha il doppio passaporto e sono residenti. Ce ne sono 300-350 invece che sono lì per lavoro o per altre ragioni. Qualcuno è già rientrato con gli aerei di linea, ascoltando il nostro appello, si tratta di una decina di persone”. A seguire, Tajani specifica: “Comunque la nostra ambasciata a Beirut e la nostra unità di crisi del Ministero degli Esteri lavora 24 ore su 24, per dare tutte le informazioni necessarie ai nostri connazionali che avessero bisogno di sapere come cercare di rientrare”.
Allargando il fronte del discorso, Antonio Tajani rivela: “Stiamo facendo di tutto, come G7, con i Paesi arabi dell’area, l’Iraq. Tutti quanti stiamo invitando l’Iran a usare la massima prudenza in questa reazione. Naturalmente, è un appello lanciato anche a Israele – continua – perché tutte le parti in causa devono rendersi conto che superare un certo limite nello scontro significa, poi, dar vita a una guerra regionale che avrebbe delle conseguenze molto gravi”. Insomma, il lavoro è costante: canali diplomatici, colloqui, iniziative. Lo scopo è cercare di convincere gli interlocutori “anche i più vicini all’Iran” di spingere “affinché Teheran non abbia una reazione sproporzionata. Speriamo – auspica il ministro degli Esteri – che la diplomazia possa ottenere dei risultati positivi: non bisogna mai demordere, quando si vuole costruire la pace. Naturalmente – conclude – anche Israele deve fare la sua parte”. E comprendere “che nelle sue mani c’è anche la stabilità dell'intera area, fermo restando che deve garantire la propria indipendenza”.
Aggiornato il 07 agosto 2024 alle ore 11:22