La Russia non si accontenterà della guerra con l’Ucraina. Nonostante questo conflitto abbia messo in ginocchio la capacità economica civile russa, Vladimir Putin continua a usare la sua forza terroristica per insidiare l’Europa. Per quanto si possa provare a ridicolizzare il parallelismo tra la posizione ostile russa contemporanea e quella tedesca, siamo allo stesso punto. Storicamente, le pretese tedesche negli anni trenta del Novecento furono presentate come ragionevoli, in funzione della necessità – “vitale” per la cultura dell’epoca – di riunire il popolo tedesco ad un’unità fattuale. I russi utilizzano lo stesso schema e pretendono di “russificare” tutte le aree che ritengono di loro interesse. Non avrebbero alcuna difficoltà a pretendere una continuità storica russa anche con l’Africa settentrionale o centrale.
I tentativi di far ottenere per via pacifica quanto chiedevano i tedeschi avvennero in due sostanziali momenti: il Congresso di Locarno dell’ottobre del 1925, con il quale Benito Mussolini cercò di presentarsi come grande pacificatore d’Europa, e la Conferenza di Monaco: si tenne il 30 settembre 1938, quando la guerra di Adolf Hitler era già stata decisa. Neville Chamberlain tornò a Londra sventolando il foglio dell’accordo con la sua firma e quelle di Mussolini, Hitler ed Edouard Daladier. Sappiamo che a quell’accordo seguì la guerra più sanguinosa d’Europa, che superò di gran lunga le tragedie della Prima Guerra Mondiale.
Poi, i russi hanno cominciato l’adozione della politica aggressiva di stampo hitleriano tanti anni fa. Sono cadute in questo modo la Cecenia, la Bielorussia, l’Abkhasia, la Transnistria, la Crimea. Il tentativo di appropriarsi di tutta l’Ucraina si è scontrato con la resistenza del popolo ucraino. Oggi i russi tentano un golpe in Georgia, per completare il piano di appropriazione cominciato con la secessione dell’Abkhazia e le pressioni sui confini georgiani. Ora, i russi comunicano la loro decisione unilaterale di unire l’exclave di Kaliningrad con la Russia attraverso il mare. Semmai ce ne fosse stato bisogno, questo è il segnale che nessuna Locarno e nessun Chamberlain fermeranno la Russia. Putin vuole la guerra e non fermerà le proprie mire espansionistiche in Europa.
Può darsi che Xi Jinping possa credere che una Russia concentrata sulla conquista dell’Occidente lascerà ai cinesi mano libera nei Paesi orientali. Ovviamente, non sarà così. La Russia basa il proprio ruolo storico sull’espansione costante, secondo l’interpretazione messianica che Putin si è dato. Gli europei sappiano che non ci sono vie di fuga. O porremo le basi per una difesa autentica e immediata degli interessi europei o la guerra sarà inevitabile. Se il capo del Cremlino crederà che noi siamo lenti e indecisi sul da farsi, porterà le conseguenze delle sue idee sul campo di battaglia. Ed è bene che non ci facciamo illusioni nemmeno sulle mire iraniane o palestinesi. Sono oggi collegate alle intenzioni di proiezione espansionistica russa. L’idea irlandese o spagnola di riconoscere la Palestina come Stato, così come essa è oggi e cioè materialmente governata da un regime dispotico, violento e fuorilegge dimostra che l’Europa ancora non ha digerito che la guerra è la scelta fatta dai totalitarismi di oggi.
Se questo non è chiaro, definiamo la risposta alla pretesa russa di appropriarsi del mare che va da San Pietroburgo alla Germania, di fatto portando l’Europa fuori dai propri confini storici e mettendo le basi dell’annessione di tutti i territori che separano l’attuale confine russo con Kaliningrad. Che, ricordiamolo, per i tedeschi si chiama ancora Königsberg. Cosa vuoi fare Europa? Esistere e superare la retorica suicida di una pace che non possiamo mantenere, a causa dell’aggressività russa? O vuoi piuttosto crollare sotto le continue provocazioni della Russia terrorista? Madrid, Dublino, Roma, Parigi e tutte le altre diplomazie parlino chiaro ai propri cittadini. Non basteranno le parole a fermare Putin. Prima di morire l’autocrate russo vuole distruggere chi vinse la partita con l’Unione sovietica. Poiché non può batterci sul piano economico e della civiltà, userà le armi. Per quanto poche, ormai, grazie al sacrificio ucraino, restano sempre sufficienti, se l’aggredito sceglie di non difendersi.
Noi non sappiamo cosa voglia dire perdere la libertà. Ma è un dazio pesante. Non siamo in grado di pagarlo. Dobbiamo fermare la Russia. Non abbiamo scelta. L’alternativa è far morire la nostra democrazia, i nostri ragazzi e ragazze e anche i nostri vecchi, come è accaduto in tutte le città ucraine. Perirà, in questo caso, anche la civiltà conquistata grazie al sacrificio di 70 milioni di persone, tra Prima e Seconda Guerra Mondiale. I ragazzi e le ragazze, così come le attrici e gli attori sulle passerelle di Hollywood e Cannes questa volta sono chiamati a dare un contributo più attivo alla loro voglia di esprimere idee strampalate: la difesa del loro diritto ad avere idee strampalate. E continueranno a sostenere regimi totalitari con le loro tende e i loro abiti costosi, figli del capitalismo che dicono di voler combattere, smetteranno presto di avere qualsiasi idea: i primi a cadere, nei regimi totalitari, sono proprio i disubbidienti, come pretendono di essere i giovani e non giovani affluenti delle stupide retoriche contemporanee.
Lo seppe bene Maksim Gorkji e lo seppe bene anche Lev Trotzky, come anche Che Guevara o, per altro verso, Salvador Allende e migliaia di altri. Il totalitarismo non fa prigionieri e non accetta proteste di piazza, specie di donne, che credono che la loro emancipazione sia assicurata, fuori dalla civiltà occidentale.
Aggiornato il 22 maggio 2024 alle ore 11:49