
Quali sono i dazi europei sulle merci americane? A parte un’iperbolica cifra del 25 per cento sulle arachidi, applicata in Europa contro negli Usa, e un dazio su alluminio e acciaio imposto dagli Usa, ora portato al 25 per cento, non si riesce a trovare molto.
Sul documento sul Ttip, il Trattato del Commercio Euro Atlantico che non ha mai visto la luce, si parla di un’imposizione complessiva del 2,5 per cento sull’intero interscambio. Una stima più pesante parla di tasse sulle importazioni dagli Usa pari a nemmeno il 4 per cento scarso.
Davanti a questo quadro, non si capisce perché Trump debba distruggere le relazioni con i propri amici, oltre a quelle con qualche nemico, compresi i pinguini delle isole Heard e McDonald.
Si salva dalle ire trumpiane solo il quasi amico Putin. E questa attenzione rinfocola le voci sul Donald Trump ‘agente’ di Putin. Poco credibile, ma le voci corrono.
La cosa curiosa della guerra dei dazi è però che gli americani stimano che l’Europa imporrebbe sulle merci Usa il 42 per cento di costi extra. Come hanno fatto i calcoli?
Sappiamo che includono l’Iva tra le voci di ‘dazio’. In Italia, l’Iva pesa per il 22 per cento. Manca un 20 per cento che non si sa da dove sia stato preso. In ogni caso, l’Iva è applicata a tutte le merci, sia interne che americane. Possono gli Usa entrare nel merito delle scelte fiscali di Paesi terzi? E con effetti devastanti per la loro economia, oltretutto.
Reagan basò il rilancio degli Usa sul libero commercio con l’estero. Aveva ragione. Negli Usa, tutti i settori protetti hanno sempre perso la sfida della competitività. Nel settore della telefonia, un paio di decenni fa, le reti di trasmissione dati e voce erano di ‘interesse strategico nazionale’. Risultato: monopolio Bell e una rete tra le più costose e inefficienti del mondo. Negli 90 del Novecento Ibm e Apple si sfidavano sul terreno dei pc, mentre una selva di imprese costituirono la Silicon Valley. L’integrazione tra loro era intensa, ma potevano comunicare tra loro solo con reti proprietarie. Il paradosso era che venivano costruiti modem sempre più potenti, ma nessuno poteva usarli. Conobbi un ricercatore americano, durante un incontro a Bruxelles. Mi disse: “Abbiamo modem che possono spedire pacchetti dati ad una velocità equivalente a vari Megabyte al secondo, ma non abbiamo le linee telefoniche per farlo. Spesso non arriviamo nemmeno ai 56kb di una volta”.
Stavano messi peggio di noi.
Qualche anno dopo, il monopolio Bell cadde. La rete telefonica americana continua a non essere particolarmente avanzata ed è costosa, ma ha recuperato rispetto al gap degli anni 90. E questo ci dice che a volte abbiamo idee sbagliate sull’America.
Nel settore automobilistico vari governi americani tentarono di fermare l’invasione delle macchine giapponesi. Erano automobili ridicolmente piccole per gli americani. Eppure, consumavano un decimo rispetto alle enormi Lincoln, Cadillac, Chevrolet, Pontiac. Per quanti dazi il governo imponesse, Honda, Toyota, Subaru conquistarono il mercato. L’industria meccanica statunitense entrò in crisi.
I dazi di Trump su ampia scala servono quindi a proteggere il mercato interno. Al contempo, decreteranno la riduzione dell’innovazione.
Oggi Jp Morgan parla di una ‘tassa’ sui consumi americani di circa seicentosessanta miliardi, per effetto dei dazi. Stimano che l’inflazione possa salire di colpo di due interi punti percentuali, raggiungendo il 5 per cento.
Perdere l’Europa che ha duecentocinquanta milioni di consumatori con una media di reddito familiare di sessantamila euro è un rischio concreto. Resta l’idea che gli Usa vogliono correre verso un abbraccio con i russi, ma loro rappresentano un mercato di appena trenta milioni di consumatori con reddito utile all’acquisto di merci americane. Peraltro i russi finora hanno rispedito al mittente le offerte della Casa Bianca. Giappone (sessanta milioni di consumatori ricchi), Corea del Sud (trenta milioni di consumatori ricchi) e Cina (seicento milioni di consumatori ricchi) hanno già siglato un accordo commerciale che risolve la chiusura del mercato americano.
Eppure gli Usa non cederanno. C’è una traccia da seguire. L’amministrazione Trump ha denunciato la cosiddetta cultura woke. Per chiarire quanto si senta impegnata in questa ‘battaglia culturale’, ha stilato un indice delle parole proibite nei documenti amministrativi. Nei giorni scorsi ha chiesto a tutte le aziende, anche europee, di applicare la cancellazione delle quote di garanzia per sesso o categorie protette. Gli Usa di Trump non solo sono ideologici, ma pretendono che il mondo cambi secondo le idee che professa l’inquilino della Casa Bianca. Niente Iva, niente woke e solo tasse comprensibili e approvate dagli americani. Gli Usa potrebbero desiderare la distruzione del sistema di welfare europeo. Insomma, la strategia trumpiana non è solo economica, ma anche culturale e si insinua nel diritto interno dei Paesi quasi ex alleati. Ma resteremo alleati? Difficile quando la Casa Bianca accusa noi europei, tutti inclusi, di essere ‘patetici, ‘ladri’, ‘profittatori’.
Il segretario generale della Nato Mark Rutte cerca impossibili esercizi di equilibrismo. Alcuni cercano tracce di morbidezza nel Segretario di Stato Mark Rubio. La realtà è che il mondo cambia rapidamente, a causa dell’atteggiamento direttivo se non autoritario che accomuna Trump e Putin.
L’Europa in questo gioco o esce unita e federale, con una Costituzione nuova di zecca che possa unire gli europei, o semplicemente può cominciare a programmare anni di guerra.
Siamo una facile preda, al momento. La Russia ha già messo piede nel Mediterraneo e punta a prendersi il mar Baltico e il mar Nero e usa il linguaggio della conquista militare. Gli Usa, quando avremo bisogno di difesa, non ci saranno, se non a prezzi simili a quelli che hanno provato a imporre a Zelensky.
Mentre il mondo cambia, l’Italia ha alcuni problemi aggiuntivi: un quarto degli italiani è definito tecnicamente povero, mentre l’economia nazionale è indicata come equivalente a quella del 1959, rispetto alle altre economie avanzate. Un bel salto indietro. Certo, il governo Meloni afferma di voler invertire la tendenza. Ma come farà se la grande alleanza delle destre continentali confermerà la fedeltà a Russia e Usa trumpiani che vogliono portarsi a casa la pelle dell’Europa?
Aggiornato il 04 aprile 2025 alle ore 10:41