Come va la Cina? Viaggia sempre più a propulsione nucleare. Soprattutto nel Mar meridionale di Cina e al di fuori delle sue acque territoriali. Per chiarire la vicenda: l’ultima trovata di Pechino, tanto per creare ulteriore inquietudine in Occidente e in Asia, è quella dello sviluppo e l’installazione di una costellazione di piattaforme nucleari flottanti, da disseminare nel prossimo quinquennio nelle acque antistanti alle frontiere marine cinesi, anche (e, forse, soprattutto) a fini militari. E, come al solito, per la realizzazione dei suoi piani, da buon “Confucio atomico” Xi Jinping approfitta del vuoto legislativo esistente in materia, non essendo a tutt’oggi fissati gli standard internazionali per l’utilizzo in sicurezza delle centrali nucleari flottanti. Del resto, da quando ha rialzato la testa, dopo aver per decenni finto un ossequioso appeasement con l’Occidente, Pechino va rivendicando, ai fini della sua sicurezza nazionale, la sua giurisdizione sull’intera estensione del Mar meridionale di Cina. E questo tipo di pretesa è destabilizzante per l’intera regione e giuridicamente infondata dal punto di vista del diritto internazionale. Quest’ultimo, sarà bene ricordarlo, per Confucio e l’Islam rappresenta il frutto e lo strumento di dominio, rispettivamente, del pensiero coloniale del Global West e del Satana occidentale.
Del resto, dobbiamo ringraziare il nostro basso profilo e la postura remissiva che abbiano mantenuto per lungo tempo nei confronti della sempre più marcata aggressività cinese, dato che Pechino non fa mistero – fin dalla fine della Guerra fredda – di volersi riarmare per sfidare la supremazia Usa e occidentale. Da allora, la minaccia cinese si è fatta sempre più concreta e pressante nei confronti di Taiwan, Filippine e Giappone, fino a sfiorare lo scontro navale diretto in più di un’occasione, come lo si è visto con manovre navali in grande stile e sorvolo minaccioso e intimidatorio dei cieli di Taiwan. Finora, solo la Russia ha ufficialmente ammesso di aver realizzato fin dal dicembre 2019 una centrale atomica flottante, l’Akademik Lomonosov, un impianto di co-generazione multilivello (due reattori nucleari ad acqua pressurizzata, sul tipo di quelli impiegati nei rompighiaccio nucleari, abbinati a due impianti per la produzione di vapore), montato su di una chiatta flottante non motorizzata. Dal 2010 anche la Cina ha iniziato a sviluppare lo stesso tipo di impianti sul modello dell’Akademik Lomonosov, e 20 di questi (secondo quanto riportato nel 2016 dal quotidiano governativo in lingua inglese, Global Times) dovrebbero essere installati nel Mar meridionale di Cina a sostegno dello sviluppo commerciale e delle attività civili di esplorazione petrolifera e desalinizzazione dell’acqua marina.
Sennonché, sempre nel corpo del citato articolo, non si fa mistero che isole e barriere coralline, dotate di una corrispondente piattaforma flottante nucleare, rappresentino in pratica altrettante portaerei armate con sistemi missilistici e aerei da combattimento. Il loro vantaggio militare è chiaro, in quanto surclasserebbero per potenza di fuoco e logistica qualunque altra flotta statunitense che dovesse in futuro operare in prossimità delle acque internazionali cinesi, dato che questo tipo di reattori garantisce un impiego più flessibile nelle esercitazioni militari. Sarà bene ricordare in proposito che la Cina ha iniziato almeno un decennio fa a costruire isole artificiali in atolli e barriere coralline remoti nel Mar meridionale di Cina, in cui sono stati realizzati porti, strade, baraccamenti e hangar. Malgrado le promesse fatte da Xi Jinping nel 2015 di non militarizzare le isole, da allora Pechino ha continuato sistematicamente a posizionare batterie missilistiche antiaeree e antinave su tre delle isole maggiori: Subi, Mischier e Fiery Cross Reef. Facendo per di più attraccare nei rispettivi porti le sue navi da guerra, cosa che ha creato allarme sia negli Usa che nei Paesi alleati con l’Occidente. E tutto ciò ignorando la decisione dell’Alta corte dell’Aia, che aveva negato il diritto di sovranità rivendicato da Pechino rispetto all’occupazione delle barriere coralline di pertinenza della zona economica esclusiva delle Filippine, che si estende per 200 miglia marine. Ma l’iniziativa delle piattaforme flottanti nucleari cinesi investe anche, e soprattutto, questioni delicate di sicurezza nella gestione degli impianti stessi.
Infatti, mentre, ad esempio, un sommergibile nucleare Usa disattiva in pratica il proprio reattore una volta attraccato, facendolo funzionare a basso regime una volta in porto, al contrario gli impianti nucleari flottanti funzionano a pieno regime per tutto il tempo di operatività, dovendo assicurare le forniture elettriche alla base. E un incidente nucleare sul tipo di Fukushima potrebbe creare un disastro ambientale per l’intero ecosistema marino oceanico. I reattori del tipo Akademik Lomonosov presentano una vulnerabilità maggiore di quelli terrestri, perché non possono essere dotati di cilindri di contenimento di cemento e acciaio spessi più di un metro e mezzo, con il rischio intollerabile, in caso di fusione, che il carburante nucleare si riversi nell’oceano. Per di più un impianto nucleare flottante sarebbe assai vulnerabile agli attacchi sottomarini o a sabotaggi da parte di commando subacquei, per non parlare di eventi catastrofici come tsunami o tempeste estreme. Molte di queste idee, a proposito di centrali flottanti, si fondano su aspettative tutte da dimostrare, a proposito della sicurezza di simili impianti che, per essere installati, necessitano di particolari navi da trasporto per essere collocati dove servono, a quanto pare senza starsi tanto a preoccupare delle conseguenze sull’ambiente naturale. Classico, come si vede, della mentalità confuciana, che privilegia l’utilità e l’efficienza rispetto a tutto il resto!
Aggiornato il 07 maggio 2024 alle ore 09:45