Dopo l’estirpazione del sistema Isis e la parcellizzazione dei suoi membri, una delle realtà dove si mantiene questa organizzazione, anche se in termini ridotti e in aree sparse, è la parte orientale della vasta regione desertica che si estende dalla Siria centrale fino al confine orientale con l’Iraq. Qui l’Isis detiene ancora piccole porzioni di territorio, facilitato dalla cronica crisi delle istituzioni statali siriane e dalla frammentazione del panorama delle milizie in Siria. Un recente rapporto delle Nazioni Unite rivela che l’Isis può contare ancora su 3mila-5mila membri ubicati, appunto, nel confine siro/iracheno, precisamente nella zona desertica di Badiya (a est di Palmira e a sud del fiume Eufrate).
Il deserto di Badiya possiamo definirlo come il “santuario” siriano dei residui dello Stato islamico; qui ha ricostruito alcune capacità operative da dove riesce a estendere una discreta influenza proiettato anche verso la zona orientale di Homs al confine con Iraq. Lo Stato islamico fu sconfitto a Baghouz nel marzo del 2019: la disfatta segnò la fine del califfato nato nel 2014 e che aveva occupato oltre un terzo dell’Iraq e della Siria. Da allora il movimento jihadista, che ricordo è stato abilissimo nel propagandarsi, è impegnato in guerriglie di usura ovunque veda la possibilità di essere notato. Opera per ricostruire le proprie reti, e le sue cellule assestano imboscate mortali, spesso con attacchi su larga scala, legandosi a movimenti estremisti islamici come l’Isis Khorasan, attivo in Asia centrale e Asia minore, oppure organizzazioni più ampie come lo Stato Islamico nel grande Sahara – Isgs – o schegge dislocate nell’area subsahariana, dove operano anche autonomamente o prestano servizio alternativamente per il gruppo di Boko Haram, in Nigeria o Al-Shabaab in Somalia, oppure sul territorio euro-asiatico. L’ultima clamorosa performance è stata celebrata a Mosca.
L’Isis è quindi presente ancora nelle province di Rakka e Deir ez-Zor, contrastato dalle forze curde che si stanno battendo anche per imporre il loro controllo sulla popolazione araba, con l’obiettivo di ottenere quello che il patto segreto franco-britannico, che progettava la fine dell’Impero ottomano, il Sykes-Picot del 1916, reso pubblico nel 1919, chiamato anche Asia Minor Agreement, aveva loro negato. Cioè uno Stato curdo.
Anche nella provincia siriana di Idlib, ubicata a nord-ovest del Paese, l’Isis sta acquisendo influenza a causa della debolezza del gruppo islamico Hayat Tahrir Al-Sham, fino a poco tempo fa forza dominante in questa regione. Ma anche in Iraq l’organizzazione jihadista si sta riorganizzando nei territori compresi tra Baghdad ed Erbil, nel nord-est del Paese, così come nelle province tormentate da tensioni interconfessionali tra sunniti e sciiti, e dove ancora si muovono milioni di sfollati, ammassati in insediamenti improvvisati nati durante la guerra contro l’Isis.
Ma la guerra in Israele e i sempre maggiori coinvolgimenti regionali facilitano, oltre il ravvivarsi dei movimenti jihadisti ora meno pressati dalle forze regolari siriane e irachene, anche alcuni regolamenti di conti interni al mondo estremista islamico che, vista la situazione generale, tentano di guadagnare potere nei territori fuori dal controllo statale. Così il 5 aprile è stato ucciso, in un attentato suicida nella regione di Idlib in Siria, Abu Maria Al-Qahtani, cofondatore del Fronte Al-Nusra, ramo di Al-Qaeda, ex capo del baluardo jihadista in Siria. Il gruppo Hts, Hayat Tahrir Al-Sham, che controlla la provincia ribelle di Idlib, di cui era membro Al-Qahtani, ha attribuito l’assassinio al gruppo jihadista concorrente, appartenente a una cellula dello Stato islamico. L’Hts ha comunicato, tramite la propria piattaforma di informazione, che il “martire” Al-Qahtani è stato assassinato a Sarmada, a nord di Idlib, in un attentato compiuto da un membro dell’Isis che si è fatto detonare attivando una cintura esplosiva.
Al-Qahtani, il cui vero nome è Maysar Ali Musa Abdallah Al-Juburi, era nato in Iraq nel 1976 e dal 2012 risultava annoverato tra i soggetti ricercati dagli Stati Uniti per i suoi legami con il gruppo Al-Qaeda, successivamente per il ruolo di vertice assunto nel gruppo l’Al Front-Nusra e poi della sua emanazione in siriana, l’organizzazione l’Hayat Tahrir Al-Sham. La sua carriera di terrorista internazionale prosegue nel 2014, quando figura nella lista del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come soggetto da tenere “sotto controllo”, in quanto aveva lasciato la seconda città dell’Iraq, Mosul, per trasferirsi in Siria, al fine di professare “l’ideologia di Al-Qaeda”.
È diventato il principale comandante religioso e militare del fronte Al-Nusra nella Siria orientale, dirigendo un campo di addestramento per le milizie jihadiste. Fu considerato appartenente alla corrente più moderata del Fronte Al-Nusra: infatti chiese il distacco da Al-Qaeda, gruppo considerato più estremista rispetto alla sua nuova struttura terroristica. Comunque, Al-Qahtani nel settembre 2023 fu arrestato per tradimento dal gruppo Hts e rilasciato il 7 marzo, perché scagionato dalle colpe di cui era stato accusato. Libertà durata poco, visto che un mese dopo è stato assassinato.
A ora, sembra che si possa escludere che le varie sfaccettature dei movimenti jihadisti riprendano lo scenario che vide l’Isis dominare interi territori in Siria e Iraq. Ma il rischio che una importante riacutizzazione del jihadismo si possa verificare è stato evidenziato pure dagli osservatori delle Nazioni Unite. Due fattori possono determinare il ravvivarsi o meno dell’Isis nell’area siro-irachena: il primo è la grave crisi tra Israele ed Hamas, che coinvolge milizie sciite siriane e irachene, coordinate dall’Iran, che in realtà costringe l’esercito regolare di Damasco e Baghdad ad allentare l’attenzione sui bollori jihadisti; l’altro aspetto è che i movimenti estremisti islamici, che possono fare riferimento allo Stato islamico, sono spesso in lotta fra loro per il controllo anche di piccole aree geografiche. Quindi un frazionamento non favorirebbe una eventuale aggregazione jihadista. Al netto di tutto, molto dipenderà dall’escalation della guerra tra Israele, Hamas e Hezbollah.
Aggiornato il 08 aprile 2024 alle ore 10:08