Avete presente i “cattivi maestri” che ispirarono gli “anni di piombo”? Ebbene, oggi assistiamo, via social, al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: se ieri eran pochi, oggi gli incendiari si contano per milioni di unità, tra falsi e veri profili dei moderni untori digitali. E non è vero che a venti anni si deve essere liberi di sbagliare.
Prendiamo “quelli del 68”: forse che la loro pseudo rivoluzione è stata in grado di andare oltre la contrapposizione stereotipata capitalismo/comunismo?
Si accorsero mai gli studenti contestatari dell’epoca dei moribondi imperi sovietico e americano, mentre scorrevano sotto i loro occhi le immagini della rivolta di Praga e il disastro del Vietnam?
Chi, se non loro, la generazione dei Baby-boomers, le ha proprio sbagliate tutte politicamente, facendo dell’Occidente democratico quello che oggi è?
Come si spiega che dal grembo della democrazia sia nato l’illiberalismo assoluto delle università pro-Hamas e di quelli “dal fiume al mare”, che predicano l’antisemitismo radicale?
E non pare davvero, come disse Elsa Morante, che il mondo possa “essere salvato dai ragazzini”. Perché oggi hanno diritto di parola molti milioni di analfabeti di ritorno (che vanno dai sei agli ottanta anni), compulsivi praticanti del verbo dei social all’interno di gruppi chiusi e auto-disinformanti. Nel 68, almeno, la gente arrivava all’università leggendo moltissimi libri, prima, durante e dopo la laurea. Oggi, invece, i social sono lo specchio del Narciso planetario, che esalta la componente dogmatica del pensiero e la chiusura pregiudiziale nelle relazioni umane, eliminando radicalmente dal suo campo di attività sia la complessità della dialettica stessa, che il pensiero dell’Altro da Sé.
E, per di più, il pensiero unico che caratterizza i gruppi chiusi è facilmente penetrabile e influenzabile dai bot e dagli avatar dell’Ai, che simulano falsi profili social e disseminano deep fake news assolutamente credibili. L’azione di questi ultimi è poi devastante, dato che sono costruiti per assecondare ed esaltare con i loro contenuti multimediali proprio i caratteri intolleranti dell’hater speech, diretti contro chi ha idee e opinioni diverse dal loro pensiero unico, incolto, disinformato, paranoico e ossessivo.
Ci si sarebbe aspettati che tutti questi fenomeni deteriori restassero fuori dalle porte delle università occidentali, che per statuto hanno il compito e il dovere di diffondere la conoscenza e il sapere. Se l’università fosse stato il laboratorio di idee e di studi per cui i contribuenti pagano le tasse, ci si sarebbe aspettati un confronto dialettico serio sulle due guerre in atto, quella in Ucraina e in Palestina.
Partendo, ad esempio, dai seguenti elementi di fatto. Nel Codice di Guerra, una nazione attaccata ha diritto a rispondere allo stesso modo, a danno del territorio dell’invasore. Per cui, al bombardamento di insediamenti civili, città, infrastrutture da parte dell’attaccante, chi è sotto attacco ha diritto a colpire ovunque in territorio nemico. Se chi si difende le armi non le ha, può procurarsele presso chi è disposto a vedergliene. Missili a lunga gittata, mezzi corazzati e cannoni, munizioni, aerei ed elicotteri, secondo il caso. Vedi Arabia Saudita che ha i suoi arsenali ricolmi di armi occidentali avanzate, impiegate di recente nel conflitto yemenita. Se l’Iran, o Hamas, avessero avuto già l’arma atomica, Israele esisterebbe ancora, dato che non vi è alcun dubbio sulla loro volontà di usarla per annientarla?
Altro aspetto del caso in studio. A Kiev, la capitale aggredita, l’Intellighentia pro-Hamas dice: hai perso, arrenditi alle forze soverchianti dell’invasore per limitare ulteriori distruzioni e perdite umane. Invece, lo stesso concetto lo si ribalta nel caso di Gaza: non si invita un movimento e una milizia islamica terrorista come Hamas, che è l’aggressore, ad arrendersi, consegnare i tunnel e gli ostaggi e a prendere la strada dell’esilio, liberando il popolo palestinese “dalla loro” oppressione. Al contrario: si intima a Israele di fermarsi e ritirare le sue truppe, mantenendo così viva la minaccia di chi, per statuto, vuole la sua cancellazione (questo sì che è fattispecie genocidiaria) dalla carta geografica del Medio Oriente.
Tantomeno si ricorda al mondo che Hamas è quanto di più illiberale, antidemocratico e dispotico esista al mondo, visto che la sua legge è la Sharija e chi dissente è punito con la morte. Invece di operare per l’interesse del popolo palestinese, i leader di Hamas hanno “obiettivamente” preparato da quindici anni la guerra contro Israele, dilapidando decine di miliardi di dollari per la costruzione di tunnel e l’acquisto di decine di migliaia di missili, tonnellate di armi e munizioni. E, per di più, li hanno nascosti in centinaia di km di gallerie che passano sotto abitazioni di case private, ospedali e insediamenti civili. A che scopo, se non quello di farsi scudo e ostaggio di due milioni di palestinesi indifesi?
Non è forse vero che con il 7 ottobre Hamas ha fortissimamente puntato sulla overreaction di Israele (che è andata anche molto oltre con le sue distruzioni di insediamenti civili e di vittime innocenti), sperando di coinvolgere nella sua Guerra Santa di Liberazione della Palestina tutti i Paesi arabi dell’aerea?
Le Facoltà che oggi vogliono il suicidio di Israele, si sono mai chieste perché l’Iran non interviene a fianco dei suoi proxy e mai lo farà? E, in particolare, il Metoo, Harvard, e le grandi università progressiste della cancel culture ultra woke, talebani del politically correct, quando sfileranno a milioni nelle piazze di New York, Berlino, Londra e Roma per denunciare e condannare tutti i regimi islamici che umiliano e segregano le donne, facendone delle schiave domestiche?
Forse è per questo che Vladimir Putin è riuscito a imporre ai russi e al Global South la sua visione di un Occidente depravato e corrotto, contro il quale scatenare una nuova guerra crociata planetaria, in nome della moralità e della giustizia dei popoli. Ce lo siamo proprio meritato!
Aggiornato il 03 aprile 2024 alle ore 09:37