La battuta è facile. Addirittura vieta e, anche, troppo sfruttata. Comunque… Emmanuel Macron soffre del complesso di Napoleone. E farebbe già ridere così. Anche perché solo azzardare un paragone tra il Grande corso e il piccolo inquilino attuale dell’Eliseo, beh, appare grottesco. E questo senza alcuna simpatia, o peggio idolatria, per il Bonaparte. Che, anzi, mi sta cordialmente antipatico. Che volete farci? Sono veneziano, ancorché di terraferma. E il comportamento di quel mezzo genovese verso la Serenissima, dalle mie parti, non lo si è ancora digerito. E basta leggere Ugo Foscolo per capirlo. Comunque, è stato un grandissimo generale. Uno dei pochi geni militari della storia. Con Cesare – che studiava ossessivamente – Federico il Grande di Prussia… e ben pochi altri. Non un grande politico, però. Ma questa è altra storia.
E Macron? Cosa mai è? E, soprattutto, cosa mai si crede di essere? Un piccolo politico. Che è giunto alla Presidenza solo per il vuoto creatosi nelle file dei partiti storici dopo i fallimenti di Nicolas Sarkozy e François Hollande. E vi è giunto solo grazie ai suoi sponsor. Che non rappresentano certo il meglio della Francia. Anzi, neppure sono francesi. E servono ben diversi interessi da quelli nazionali. Però, il nostro ha una tracotanza, una ybrìs, tutta gallica. Manco fosse un Charles de Gaulle o un François Mitterrand. Che erano antipatici. Ma grandi politici. Gli unici avuti dalla Francia in questo Secondo dopoguerra.
Comunque Macron, con la sua infima e risibile grandeur, è riuscito a perdere quasi ogni influenza in Africa. Cosa che preoccupa molto i cittadini e, soprattutto, gli industriali transalpini. Perché il sistema manifatturiero è debole. Molto inferiore al nostro. E la sua forza, la forza economica francese, si è sempre retta sul portato delle colonie africane. Attraverso il controllo della moneta e delle esportazioni. Si pensi all’uranio che ne alimenta la rete di centrali nucleari. Ma tutto questo, cui si erano abbarbicati i suoi predecessori, Macron lo ha dissipato. Facendosi, tra l’altro, alfiere di un “atlantismo” estremo, che non ripaga assolutamente la Francia. Anzi, dietro a molte delle recenti rivoluzioni o golpe africani anti-francesi non si può escludere che vi sia una… mano amica. Anche se, naturalmente, i proclami ufficiali accusano il Cremlino. Insomma, ha stato Vladimir Putin. Ma Langley, in più di un caso, ci ha messo del suo.
In più, la Francia sta ormai vivendo una rivolta sociale sempre più generalizzata. I contadini, i gilet gialli, le banlieue… è dal 1789 che non si percepivano tanti e tali fermenti di rivolta. Al confronto il ’68 dei figli della buona borghesia è ronzio di una ape entro un bugno vuoto. E Macron che fa? Cerca di trovare risposte ai problemi sociali? Di rilanciare un’economia esausta? Di ridare a Parigi un ruolo di mediazione nelle crisi internazionali? Niente di tutto questo. Lui minaccia Putin. E preannuncia lo scontro frontale con la Russia. Insomma, la Terza guerra mondiale.
L’ironia del Cremlino è aspra. E tagliente. Gli ricorda che Napoleone, con la Russia, ci rimise corona e impero. E lui, il piccolo Macron, non è Napoleone. Non ha corona né impero. Solo un Paese, sempre più debole e ininfluente, che sta portando allo sfascio. Però è forse ancora più significativo il silenzio, imbarazzato, di Washington e Berlino. Persino nonno Joe Biden è rimasto perplesso. Con un gelato in mano che si scioglieva e l’espressione attonita. Olaf Scholz si è dato malato. Può darsi, certo, che in alcuni ambienti finanziari abbiano applaudito. Tutti contenti. Una marionetta così mica facile da trovarla. Insomma, l’Eliseo sembra diventato una grande scatola per il teatro dei pupi. E la marionetta che si crede Napoleone si agita e promette sconquassi. Ma è solo un Capitan Fracassa, solo chiacchiere e distintivo.
(*) Tratto da Electomagazine e Il Nodo di Gordio
Aggiornato il 21 marzo 2024 alle ore 09:30