La Striscia di Gaza, quel lembo di terra martoriata dove si consuma una innegabile tragedia, viene conquistata da Israele che vince la guerra di Yom Kippur (ottobre 1973, quando a freddo e con calcolo deliberato i maggiori Paesi arabi aggrediscono lo Stato ebraico).
La Striscia di Gaza, deserto, sabbia e sassi, viene colonizzata dagli agricoltori israeliani: chi ha memoria di quel tempo può raccontare di serre e campi coltivati, irrigazione a goccia, allevamenti moderni, impianti per la desalinizzazione dell’acqua marina.
Dieci anni dopo il “falco” Ariel Sharon, fiducioso di una pacificazione che possa cominciare a mettere la parola fine a odi e rancori, dispone lo sgombero completo della Striscia di Gaza. Lo fa persuadendo i coloni israeliani a lasciare quelle terre e dove non si persuadono usa metodi “forti” e risoluti. Da quel momento a Gaza ci sono solo palestinesi, abbandonati nel loro status di profughi perché nessun Paese arabo li aiuta; gli impianti lasciati dai coloni israeliani vanno in malora. I capitali raccolti nelle madrase di mezzo mondo e gli ingenti finanziamenti dei Paesi che vogliono pogrom e sterminio di ebrei sono utilizzati per l’acquisto di missili lanciati contro Israele, per costruire la città “sotterranea” e parallela sotto ospedali, scuole e strutture civili.
Chiarito questo, recuperata un po’ di memoria, si parli pure di pace, possibili tregue, cessate il fuoco.
Aggiornato il 16 febbraio 2024 alle ore 12:00