I tentacoli del Brics stringono il “collo” dell’Occidente

Vladimir Putin ha incontrato la delegazione di Hamas a Mosca. Erano presenti anche rappresentanti dell’Iran. Quale posizione ufficiale assumerà ora? Che la guerra sia un sistema per vendere la notizia più “ghiotta” lo vediamo oggi con quello che sta accadendo sui media internazionali. Fino a prima del 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas a Israele, il conflitto in Ucraina veniva dettagliato al minuto. Migliaia di giornalisti e inviatispeciali”, magari lontano dalle bombe, raccontavano ogni istante di questa tragedia, che dura da ormai quasi due anni, come se fosse la “questione” più importante del pianeta. Adesso, è quasi imbarazzante notare che questa guerra “europea” sia semi-uscita dai telegiornali. L’Ucraina non è più al centro delle notizie principali, eppure proprio in questi giorni l’offensiva russa sta riprendendo vigore, per evidenti legami con la crisi nel vicino Oriente. E il profilo di Putin, grazie ad Hamas, torna a stagliarsi sul palcoscenico geopolitico. Quindi, sorge un’altra domanda: che ruolo ha assunto la Russia nel quadro mediorientale?

Intanto, è noto che Mosca da lungo tempo abbia solidi legami con Hezbollah e Hamas (non ha mai riconosciuto entrambe come organizzazioni terroristiche). Inoltre, è molto vicina a Teheran, con la quale condivide scambi tecnologici e dalla quale riceve armi da utilizzare sul fronte ucraino. La Russia ha granitici rapporti di amicizia con la Siria (pure per la presenza di cristiani ortodossi nel Paese), che risalgono alla metà del secolo scorso. Ha supportato Damasco sia contro l’Isis, sia in merito alle invadenti ambizioni del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Tra l’altro, la vicinanza di Mosca alla causa palestinese, sotto tutti gli aspetti, la pone sull’aspetto borderline dell’ausilio ad ambienti filo-terroristici. Tuttavia, il regime putiniano da anni opera, con evidenti ambiguità, per mantenere un rapporto “appena equilibrato” anche con lo Stato israeliano. È noto che lo stesso Putin, rispecchiandosi nel vecchio sogno stalinista, non abbia mai nascosto di voler condurre Israele sotto il controllo di Mosca, al fine di staccarlo dall’abbraccio del cosiddetto “mondo democratico”. Tuttavia, un processo perverso unisce in amicizia Putin e Benjamin Netanyahu. Infatti, sulla traccia di questa “liaison”, Israele si colloca come unica nazione nel “panorama occidentale” a non avere imposto sanzioni alla Russia, a seguito dell’aggressione all’Ucraina. Rammento che in Russia vivono circa centosessantamila ebrei cittadini russi.

Ma per giocare su due tavoli, Putin avrebbe bisogno di poter controllare almeno la sua “politica”. Una forte repressione della libertà, la coercizione di tutte le opposizioni nel loro complesso, la spasmodica ricerca di nemici irreali per dare giustificazioni a una guerra che non potrà vincere lo fanno approdare verso quelle rive dove l’antisemitismo alberga. Infatti, in questi ultimi giorni sempre più spesso si odono discorsi dove Putin, o suoi delegati, manifestano concetti con nette “ombre” antisemite. Al momento due catene, che malauguratamente tendono a congiungersi, trascinano il regime putiniano verso ambiti dalla politica articolata e antioccidentale. La prima è quella del Brics, unione di cinque colossi, distintamente, sociali ed economici – Brasile, India, Cina, Russia e Sudafrica – che da gennaio 2024 spalancheranno le porte a Iran, Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, tra i più potenti Stati musulmani, acquisendo, nell’ottica di un nuovo ordine mondiale, anche l’Argentina. L’altra catena, per inciso, si rifà alle necessità generali della Russia di schierarsi apertamente con l’Iran e le organizzazioni terroristiche. Così, la guerra scatenata da Hamas – che si sta pericolosamente espandendo – va a favore della Russia, che si sta ritagliando tra i Paesi arabi il ruolo “paterno” di accreditato pacificatore, facendo annebbiare ai media occidentali quella figura di carnefice genocida già costruita con l’aggressione all’Ucraina.

Da notizie non ancora perfettamente documentate ma concretamente plausibili, anche in funzione dell’incontro di Mosca con Hamas e nell’ottica ben chiara delle strategie del Cremlino, risulta che i mercenari Wagner avrebbero addestrato i combattenti di Hamas per l’assalto a Israele, mentre i Servizi di sicurezza russi avrebbero depistato Israele su quanto si stava preparando. Sappiamo che Putin ha paragonato l’assedio di Gaza a quello di Leningrado – il primo da parte di Israele, il secondo da parte dei nazisti – cogliendo l’occasione per accostare nuovamente gli ucraini, ukronazi, ai nazisti. È molto probabile che il regime russo, sofferente di impotenza rispetto alla soluzione “finale” ucraina, si stia pericolosamente radicalizzando. I discorsi, le relazioni diplomatiche con i più sconcertanti regimi (Corea del Nord) o gruppi terroristici sono la dimostrazione. In realtà, Hamas – ardentemente vicina all’Iran e ai gruppi fondamentalisti sciiti e sunniti, come gli Hezbollah e Fratelli musulmani – dopo avere annichilito il ruolo dell’Anp, Autorità nazionale palestinese, non ha nessuna intenzione di sostenere la creazione di uno Stato palestinese vicino a Israele, bensì manifesta esclusivamente la semplice distruzione dello Stato di Israele, che è anche il decennale progetto di Teheran. Insomma, in questa fase storica i “tentacoli” dell’asse russo-arabo-africano hanno l’unico scopo di stringersi intorno al “collo” dell’Occidente.

Aggiornato il 31 ottobre 2023 alle ore 09:20