Israele: cosa è sfuggito ai Servizi segreti?

L’apparentemente azione masochista palestinese in Israele è costellata da poche certezze, se non quelle relative all’attuale numero dei morti e degli ostaggi. E alla garanzia che nel territorio palestinese nulla sarà più come prima. L’Armageddon – il giudizio finale – che si sta scagliando contro la Palestina è l’insieme di molti fattori, dove un terrorismo estremo (gli ostaggi lo caratterizzano) e l’ambigua strategia dell’Anp, l’Autorità nazionale palestinese, recitano un ruolo centrale. Tutto era prevedibile dopo l’attacco a Israele: l’assedio devastante di Gaza, la conferma della totale inaffidabilità dell’Anp, in particolare del suo leader, il presidente Mahmoud Abbas, (Abu Mazen), a capo anche dell’Olp, Organizzazione per la liberazione della Palestina. Migliaia di morti si annovereranno tra i civili palestinesi, un pedaggio previsto dai militanti di Hamas che è stato chiaramente ignorato per una causa clamorosa, che li pone al centro del gradimento di una “enorme fetta” del mondo musulmano, tuttavia priva di ogni effetto costruttivo per la “causa palestinese”. Un atteggiamento megalomane, con logiche incardinate in un sistema mentale dogmatico, quindi miope.

Così, in questo quinto capitolo della guerra di Gaza, estremamente diverso dagli altri, si sono verificati due fattori: il primo è che Hamas è riuscito sia a effettuare un attacco articolato via terra, aria e mare, sia – soprattutto in un primo momento – a occupare villaggi israeliani, cosa che non accadeva dalla prima guerra del 1948; il secondo è che Israele ha clamorosamente fallito la sua politica di prevenzione, consentendo al movimento islamico di presentarsi al mondo arabo musulmano come il sommo paladino della causa palestinese, come il carnefice degli israeliani ma soprattutto come lo sterminatore dei palestinesi, un fattore collaterale cinicamente atteso. In pratica, in questa operazione l’Autorità nazionale palestinese non poteva non sapere della dislocazione di migliaia di missili collocati scrupolosamente lungo la Striscia di Gaza, come non poteva non sapere dell’enorme traffico di armi in entrata sul territorio palestinese dall’esterno. E come non poteva non essere al corrente degli investimenti iraniani e del Qatar in questa operazione terroristica. Quindi, alla luce dei fatti, è difficile distinguere Hamas dall’Anp.

Una domanda che martella è: dove erano i Servizi segreti israeliani in questi mesi? Ricordo che Israele è all’avanguardia per la tecnologia dei metodi di controllo intrusivo; nulla dovrebbe sfuggire ai sistemi di verifica facciale Red Wolf, dislocati prevalentemente in area palestinese o dove sono presenti comunità palestinesi. Oppure a quella articolata attività svolta dai software israeliani come Toka, Pegasus e altri. Il Red Wolf si basa sulla scansione dei volti, che vengono comparati con i dati biometrici conservati nel gigantesco archivio Wolf Pack, contenente tutte le informazioni sui palestinesi dei territori occupati e consultabile dalle forze israeliane per mezzo dell’applicazione Blue Wolf. Considerando, inoltre, che Israele ha i servizi di intelligence meglio finanziati del Medio Oriente e informatori – ma anche agenti – all’interno dei gruppi militanti palestinesi, come in Libano, Siria e dovunque vi sia la necessità di esserci, Iran compreso.

Perciò, come è possibile che i servizi segreti israeliani non abbiano previsto questo attacco? Centinaia di miliziani di Hamas con pick-up armati hanno superato il fortificato confine tra Israele e la Striscia di Gaza, mentre migliaia di razzi venivano lanciati da Gaza verso Israele. È sorprendente che nessuno avesse previsto tutto ciò; lo Shin Bet (il servizio di spionaggio interno), il Mossad (l’agenzia di spionaggio esterna) e tutte le risorse delle forze di difesa israeliane o hanno sottovalutato questi movimenti oppure, improbabilmente, non li hanno visti. L’azione palestinese è sorprendente per il tempismo, per l’audacia senza precedenti, per la portata e per la distruzione che ha causato. Come sorprendente è stata la totale negligenza da parte israeliana espressa dallo scarso coordinamento iniziale delle forze di difesa ebraiche. Così, abbiamo visto terroristi armati invadere villaggi e kibbutz senza incontrare nessuno sul loro cammino; abbiamo notato terroristi palestinesi su pick-up armati, tipo Isis, attraversare senza difficoltà una eccezionale barriera costata miliardi di dollari e corredata da sensori tecnologici all’avanguardia mondiale. E poi donne, bambini e uomini massacrati  per strada o nelle loro case, oltre alla orrenda modalità di prendere decine di persone in ostaggio e trasportarli a Gaza, dove i social network li esibiscono tra insulti e percosse, usandoli come fece Saddam Hussein nel 1990 come scudi umani.

Comunque, è stata la congiuntura di due fattori: un’organizzazione fanatica islamica supportata fortemente dall’interno e dall’esterno, il cui obiettivo dichiarato è la distruzione dello Stato israeliano; una annosa e sconnessa politica israeliana alla quale si sono aggrappati i vari governi. E che ha portato al deragliamento. Infatti, in questi anni nel palcoscenico mediorientale l’equilibrio di potere che si era formato tra Israele e Hamas ha sancito il gruppo palestinese come attore con diritto di iniziativa, potendo determinare il livello dei fuochi” in funzione della trasformazione dei suoi interessi. Una modalità operativa complessa che interessa aspetti strategici dell’area mediorientale: ostacolo ai processi di normalizzazione dei rapporti arabo-israeliani; stimolo al Qatar ad accelerare i finanziamenti ad Hamas; coinvolgimento di Teheran in un quadro dove le problematiche interne, riferite alla “questione hijab” passano in secondo piano; esaltazione degli Hezbollah libanesi e influenza sulla Siria vassalla della Russia, solo per citare alcuni aspetti. Per ora, la principale preoccupazione di Israele è come impedire ad altri gruppi islamici di emulare anche in altre nazioni l’azione di Hamas, e impedire che questo incendio si estenda alla Cisgiordania, attraendo gli Hezbollah ben armati attraverso il confine settentrionale con il Libano.

Aggiornato il 12 ottobre 2023 alle ore 09:44