C’era una volta… l’Ucraina

C’era una volta... l’Ucraina. Che, come ripeto inutilmente da anni, nella parlata locale significa Marca (o Terra) di confine. Perché questo era sempre stato. Un confine. Tra il cosmo russo da una parte e quello polacco prima, austro-tedesco poi, dall’altra. Una linea di demarcazione. E, se vogliamo, di confronto-scontro, dove hanno sempre avuto più attori. La Russia, ovviamente. Che proprio in quella marca affonda le sue radici storiche. Con i principi Variaghi di Kiev, che danno vita alla prima Russia. Il cui centro si sposta, poi, nella Moskova, perché più difendibile dalle, periodiche, invasioni che venivano dalle steppe. O dal mondo turco. Poi l’egemonia della confederazione polacco-lituana. Che ha lasciato un profondo segno nella parte occidentale del Paese. Le regioni intorno a Leopoli. Religione cattolica, uso dell’alfabeto latino... un dominio durato dal XVII al XVIII secolo. E che ha lasciato profonde ferite nel complesso e variegato mondo dei cosacchi. Che, per inciso, non sono l’Ucraina, né solo di origine ucraina. Ma ne costituiscono l’epos. Una traduzione orgogliosa. Basta leggere il Taras Bulba di Gogol, per comprenderlo. Dove il nemico è rappresentato tanto dai turchi, quanto, ancor più, dai polacchi.

A questa si sostituì, in rapida successione, il dominio austro-tedesco. E questa restò a lungo la demarcazione, il Limes, della Marca di confine. Ragione di scontro e di conflitto. Ma anche, camera di compensazione dove scaricare, e fare decantare, molte tensioni internazionali. Tragico destino dei popoli che vivono sul confine tra grandi potenze. E dalla storia ne potremmo trarre molti esempi. Comunque, il sogno di un’Ucraina unita, libera e indipendente fu solo di pochi romantici ottocenteschi. Poeti, come Frank nelle terre occidentali, e Shevchenko in quelle orientali. Si inventarono, o per lo meno tentarono di inventarsi una letteratura in lingua ucraina. Di fatto prima inesistente. Ché i grandi scrittori nati in quelle terre avevano sempre usato, e sempre useranno dopo, il russo. Gogol, Bulgakov, Solženicyn... per fare solo alcuni nomi. La lingua ucraina, come quella bielorussa, erano, normalmente, considerate delle varianti, ancorché abbastanza autonome di quella russa. Come il bavarese rispetto al tedesco. Con una radice comune nel paleoslavo. Quello del Canto della schiera di Igor.

Il nazionalismo, indipendentista, ucraino è stato, sostanzialmente, una invenzione polacca. Che nella Prima guerra mondiale armò l’armata di Symon Petljura, nato a Poltava, ma legato a Leopoli. E, appunto, strumento dell’espansionismo polacco. A Kiev Petljura governò per pochi mesi. Facendo carne di porco, come si dice ad Oxford. E macchiandosi di numerosi pogrom. Poi arrivò l’Armata Rossa guidata da Trotskij. Per inciso, anche lui ucraino. Di famiglia ebraica, proprio come Zelensky. E la storia si ripeté nella Seconda guerra mondiale. Con i tedeschi che utilizzarono il nazionalismo di Stepan Bandera. Per altro personaggio abbastanza... duttile. Visto che, poi, passò al servizio degli anglo-americani. Finendo assassinato a Monaco di Baviera dai servizi sovietici. Dunque, la storia che sento ripetere da mesi, di una Ucraina indipendente dalla Russia è, solo, una favola... costruita, ad arte, negli ultimi decenni, successivi all’implosione dell’Urss. Una favola, purtroppo, tragica. Perché un’intera generazione di ucraini è stata alimentata con questa. Ed ora viene mandata al massacro senza alcuna pietà. Certo, ad uccidere materialmente i soldati ucraini è l’esercito russo. Ma a mandarli al macello sono altri.

Che siedono nei palazzi del potere di Kiev. E altri ancora, che questi, improvvisati, leader manovrano da lontano. L’Ucraina ha perduto, in un anno e mezzo di guerra, ben oltre mezzo milione di uomini. E, soprattutto, ha conosciuto una emigrazione, o meglio una fuga senza precedenti. I dati restano, volutamente, nebulosi, ma si parla di quindici milioni di individui. Soprattutto uomini giovani (e donne) che vogliono eludere l’arruolamento forzato imposto da Zelensky. Una diaspora senza precedenti. Che, unita al bassissimo indice di natalità – per non parlare di pratiche diffuse come la vendita di bambini e l’utero in affitto, commercio di cui l’Ucraina detiene il vergognoso primato – stanno portando un intero popolo verso l’estinzione. Come dicevo, c’era una volta l’Ucraina. Ma presto questo potrebbe essere solo una vecchia favola. Priva di ogni realtà.

(*) Tratto da ElectoMagazine e Il Nodo di Gordio

Aggiornato il 29 settembre 2023 alle ore 09:54