Russia: la querelle dei Wagner, dalla Bielorussia all’Africa

Dopo l’ammutinamento dei Wagner di oltre due settimane fa, il loro destino e soprattutto quello del loro “duceYevgeny Prigozhin sembra avere subito un drastico ridimensionamento, come potenzialità militare e politica. Ma tale mutamento è avvolto nelle oscurità delle strategie di Vladimir Putin il quale, per affievolire l’immagine del suo più grande fallimento, mescola nel torbido ogni azione legata alla sua persona. Così, il Cremlino ha avviato su tutto il territorio della Russia un riassetto del multiforme impero di Prigozhin, edificato dalla metà del 2010 e piantato su basi di sicurezza, economia, politica ma anche comunicazione. Abbracciando le vecchie modalità sovietiche del depistaggio cronico, in un primo momento era stato comunicato dai media russi che il capo dei Wagner e parte delle sue truppe sarebbero stati inviati nel “purgatorio” della Bielorussia; il vassallo del Cremlino, nonché presidente dittatore della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha affermato in più occasioni che Yevgeny Prigozhin non è ancora arrivato nel suo Paese, mentre è stato raggiunto un accordo per facilitare la sua partenza dalla Russia.

Infatti, Lukashenko ha assicurato che, nonostante gli accordi con Vladimir Putin, Prigozhin è ancora a San Pietroburgo, confondendo ad arte questa sua affermazione con l’ipotesi che magari “può essersi spostato a Mosca” o altrove, ma garantendo che non è ancora in territorio bielorusso. Quindi, alla fine della settimana scorsa, per Lukashenko Prigozhin è un uomo libero di muoversi per la Russia (forse come ectoplasma). Inoltre, ha affermato il dittatore “marionetta” bielorusso che nell’ultimo recentissimo colloquio con il capo dei Wagner – evento non facilmente riscontrabile – quest’ultimo ha assicurato che “continuerà a lavorare per la “Russia”. Ma i dubbi sulle sorti di Prigozhin sono molti e Lukashenko sta rivestendo il ruolo di colui che risponde apparentemente per suo conto, ma che in realtà legge le risposte scritte dal Cremlino.

Che il capo dei Wagner rischi di essere eliminato fisicamente è cosa certa – per molto meno sono scomparsi personaggi più autorevoli – e le rassicurazioni del presidente bielorusso, sulla dislocazione dei mercenari nei loro campi di addestramento in Russia, non convince praticamente nessuno. È anche poco credibile quanto diffuso da Lukashenko circa l’ipotesi che i Wagner possano spostarsi sul territorio bielorusso per difenderlo in caso di attacco ucraino, o in previsione del trasloco di alcune armi nucleari dalla Russia alla Bielorussia. Infine, ha anche insinuato la possibilità che la presenza dei Wagner in Bielorussia sarebbe stata potenzialmente pericolosa nel caso volessero tentare su Minsk la marcia interrotta su Mosca, ma il dittatore ha assicurato che ciò non potrà accadere perché ha il pieno controllo della situazione!

Insomma, una querelle quella legata al destino dell’eclettico Prigozhin e del singolare Lukashenko che scopre mille ipotesi ma zero verità. Inoltre, dopo queste affermazioni il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha comunicato ai giornalisti che non si stanno seguendo i movimenti del capo dei Wagner. E che Putin e Lukashenko sono in moderato contatto. Peskov ha anche sottolineato che se Prigozhin vorrà continuare a lavorare in Russia, come pare intenda fare, dovrà comunque rinunciare alla sua dimora a San Pietroburgo, che è stata perquisita e probabilmente sequestrata dalle autorità russe dopo il 24 giugno.

In Russia l’immagine di Prigozhin si è chiaramente indebolita, grazie anche all’opera dei media russi che lo ritraggono come un uomo assetato di denaro e potere e che, colpito da quella che definisco “sindrome da incarico”, si è smarrito perdendo il controllo delle sue azioni. Ma nonostante l’opera di discredito delle televisioni, i suoi discorsi e i suoi filmati del passato recente destano ancora molto interesse. Così, il 3 luglio sul canale TelegramGray Zone” è spuntato un messaggio vocale attribuito a Prigozhin, dove veniva cantato l’inno della “marcia per la giustizia” del gruppo Wagner, che inneggiava ai risultati ottenuti. Comunque, il tenore del vocale era un continuo attacco ai media russi, come pubblicato sul quotidiano Novaja Gazeta, accusati di acquisire notorietà alle spalle di coloro che combattevano al fronte. Tuttavia, aleggiano forti dubbi se quella voce sia proprio del capo dei Wagner o magari del suo fantasma.

Dopotutto, i Wagner rappresentano un’organizzazione difficile da demolire, soprattutto per la profonda articolazione anche nel Continente africano. Ma quale futuro spetta ai Wagner in Africa? Intanto la revisione/ridimensionamento applicata in Russia al gruppo mercenario si sta estendendo anche alla Repubblica Centrafricana e al Mali, dove è previsto che i Wagner cambino nome. Fattore, questo, dal significato fondamentale e drastico. Già a fine giugno il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva assicurato che il compito degli istruttori militari Wagner presenti a Bamako e Bangui non si sarebbe interrotto. Tale assicurazione di cooperazione militare è indirizzata ai governi dei rispettivi Paesi, che hanno nei Wagner la garanzia di stabilità e sicurezza. Così, la rapidità con cui il Governo centrafricano ha proclamato la sua lealtà a Vladimir Putin chiarisce quanto è in programma. Infatti, il ministro degli Esteri centrafricano Sylvie Baïpo Témon ha subito affermato di non avere mai “avuto contatti con compagnie militari private”. Ovviamente, è una colossale menzogna di una banalità imbarazzante pronunciata da un ministro, sapendo quanto i Wagner siano radicati nella Repubblica centrafricana. Il tutto è un brutto presagio che potrebbe scavare la fossa, non solo metaforica, allo “zombi Prigozhin.

Aggiornato il 11 luglio 2023 alle ore 09:31