La controffensiva ucraina tra informazione e disinformazione

Uno degli aspetti più evidenti del confronto tra Russia e Ucraina è la guerra mediatica, dove il confine tra informazione e disinformazione è quasi inesistente. Così l’esercito ucraino, che si sostiene con il primario supporto occidentale, ha affermato che la sua controffensiva sta portando i risultati programmati, mentre Vladimir Putin ha dichiarato il suo pieno fallimento.

Il contrattacco ucraino è stato preparato con cura da strateghi di elevato spessore i quali, alla luce dell’enorme arsenale profuso all’esercito di Kiev dagli Stati occidentali, devono quantomeno ridurre al minimo la possibilità di un evidente fallimento dell’operazione militare iniziata sabato scorso.

Come da programma, lungo i mille chilometri del fronte, l’esercito ucraino è impegnato su quattro o sei aree, tutte ubicate in prima linea: così ha dichiarato l’Isw, Institute for the Study of War, un’agenzia di analisi statunitense. Una controffensiva preparata da mesi, che secondo Volodymyr Zelensky è ben avviata. Il presidente ucraino ha anche precisato che, ovviamente, i dettagli e gli sviluppi dell’azione controffensiva non saranno immediatamente comunicati.

Ma cosa sappiamo di questa operazione militare che, comunque vada, non porterà grossi cambiamenti? Un dato certo è che, da febbraio, è iniziata una campagna di reclutamento e di addestramento ad ampio raggio. L’arruolamento ha coinvolto un cospicuo e articolato numero di soldati, compresi i volontari stranieri confluiti nella Legione Ukr, la Legione internazionale ucraina. I legionari ucraini, tra le cui fila militano anche donne-soldato, sono alcune decine di migliaia (dati non ufficiali ma verosimili) e provengono da oltre cinquanta nazioni. Comunque, lo sforzo per arruolare il numero più alto possibile di soldati ha rappresentato una tattica necessaria per avere la massima garanzia di successo. Soprattutto se si considera che secondo gli strateghi militari, affinché la controffensiva possa avere successo, è necessario che esista un rapporto – a favore di chi attacca – di tre soldati a uno. Sembra che siano state organizzate oltre venti nuove brigate, ognuna composta da tremila a cinquemila combattenti e necessarie per la formazione di un nuovo esercito per la controffensiva. Già ad aprile il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva annunciato che i componenti delle nuove brigate, oltre che in Ucraina, sono addestrate nel Regno Unito, in Germania, in Polonia, negli Stati Uniti. Questi dati sono ufficiali, ma è noto che altri Paesi, fornitori di armi, hanno partecipato attivamente all’addestramento dei combattenti, soprattutto per l’utilizzo di detti armamenti.

Intanto, sappiamo che queste brigate sono state impegnate sui confini degli Oblast di Luhansk, Donetsk e Zaporizhia, così come sul fronte di Bakhmout, città ormai rasa al suolo che, secondo Mosca, dalla fine di maggio è occupata dall’esercito russo. Domenica è stato comunicato dal servizio di guardia di frontiera ucraina, poi confermato da Hanna Maljar, viceministro della Difesa ucraino, che alcuni villaggi nell’Ucraina sud-orientale sono stati riconquistati, come quelli di Neskoutchne e Makarivka. Lunedì, sul fronte orientale, i soldati della 68esima brigata hanno liberato la località di Blahodatne, che prima della guerra contava un migliaio di abitanti e che è ubicata nella regione di Donetsk. L’annuncio è stato suggellato da alcuni video che mostrano la bandiera ucraina sventolare su un edificio semidistrutto. Lì sono stati catturati soldati russi e combattenti separatisti filo-russi. Ma la controffensiva ha anche in programma la strategica riconquista della Crimea, dall’enorme valore simbolico.

Per contro, Vladimir Putin ha comunicato alla stampa che i tentativi di controffensiva sono falliti. Fonti del Ministero della Difesa russo hanno affermato che un attacco con natanti telecomandati ucraini, diretto alla nave da guerra Priazovie in pattuglia sul Mar Nero, non hanno avuto successo. Inoltre, le imbarcazioni telecomandate sono state affondate.

La realtà è che la controffensiva ucraina, così diluita su un lungo tratto del fronte, testa la resistenza delle linee di difesa russe per individuare punti penetrabili. Dopo le onerose perdite umane russe, che ammonterebbero a decine di migliaia di soldati, ora scarseggiano sia gli uomini che i mezzi per difendere l’area di contatto per tutta la sua lunghezza. Infatti, si stima che oggi al fronte ci siano quindici soldati russi per chilometro, contro i circa cinquanta impegnati all’inizio della guerra. È ipotizzabile, quindi, la presenza di numerosi varchi di attraversamento.

Insomma, una difficile interpretazione degli sviluppi della controffensiva ucraina, che anche se avrà successo all’inizio, non potrà cambiare l’aspetto di una guerra che vede sia la Russia che l’Ucraina nell’impossibilità di una resa, salvo un crollo del potere putiniano, non improbabile a medio termine, visto lo scenario che si sta allestendo internamente al Cremlino.

Infine, l’imbarazzante sostegno offerto due giorni fa alla Russia dal singolare presidente nordcoreano, Kim Yong-un, geostrategicamente inutile, sarebbe più una zavorra che un appoggio.

Aggiornato il 14 giugno 2023 alle ore 17:47