Il caos in Sudan

“I colloqui che ho avuto con i due leader hanno permesso comunque di tenere fuori da qualsiasi attacco i convogli italiani e questo è già un risultato importante, ma non dobbiamo accontentarci, perché bisogna far si che le tensioni calino in quell’area geografica dell’Africa”. Così a Radio 24 il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

“Purtroppo – ha proseguito – la situazione è molto complicata, c’è di fatto la guerra civile in corso. Noi, fortunatamente, siamo riusciti a far rientrare in Italia tutti i nostri concittadini che lo chiedevano, rimane ancora qualche missionario e qualche volontario delle ong ma sono rimasti in Sudan su loro richiesta”.

“Noi abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare perché ci possa essere un cessate il fuoco – ha insistito – e si possa arrivare a una tregua tra le parti. Noi comunque continueremo a lavorare, l’ambasciata è fisicamente chiusa a Karthoum, ma terremo il nostro ambasciatore, appena è pronto a rientrare in Africa, ad Addis Abeba presso la sede della nostra ambasciata in Etiopia in modo da poter essere presenti e continuare in qualche modo a garantire che l’Italia possa essere protagonista anche in una fase di pace in quel Paese. Purtroppo, la situazione non è facile, non sono molto ottimista a breve”.

Nel frattempo, il deposto presidente sudanese Omar al-Bashir è stato trasferito dalla prigione di Kober di Khartoum a un ospedale militare della capitale del Sudan, l’Aliaa Hospital, dove ormai è detenuto “sotto la custodia e la responsabilità della polizia giudiziaria”: questo quanto affermato in un post pubblicato oggi su Facebook dal Comando generale delle Forze armate sudanesi, sottolineando che il trasferimento è avvenuto a causa delle “condizioni di salute” di Bashir già “prima dello scoppio della ribellione”. Ovvero del conflitto fra esercito e paramilitari iniziato il 15 aprile.

Infine, “il bilancio delle vittime, dall’inizio degli scontri” – fra esercito e paramilitari in Sudan il 15 aprile – “è salito a 295 civili morti e a 1.790 casi di civili feriti”: lo ha riferito su Facebook il sindacato dei medici sudanesi (Ccsd), evidenziando che “ci sono moltissimi feriti e morti che non sono inclusi in questo bilancio”, dal momento che non è stato possibile trasportare negli ospedali persone ferite e salme “a causa delle difficoltà di movimento e della situazione della sicurezza nel Paese”.

Aggiornato il 26 aprile 2023 alle ore 17:05