L’accordo tra i due Paesi guida dell’Islam, Arabia Saudita (sunnita) e Iran (sciita), firmato il 12 marzo 2023, è stato il frutto di una machiavellica mediazione da parte della Cina, passata silenziosamente sottotraccia per il mondo occidentale, ma molto importante per il raggiungimento di condizioni di pace e apertura al dialogo per l’intero Medio Oriente. Infatti, andavano risolti non solo gli antagonismi tra Iran e Arabia Saudita ma anche la divisione all’interno del Islam tra la corrente sunnita (maggioritaria) e quella sciita di Teheran. Di queste trattative, fortemente volute e coordinate dalla Cina, si sa ben poco. Iniziate nel 2021, si sono svolte principalmente in Iraq e in Oman, che hanno ospitato diversi round dei negoziati sotto la mediazione della Cina.
Come riflessi internazionali immediati, è possibile azzardare una ipotesi di sconvolgimento della politica statunitense nei confronti dell’Iran, in particolare della potenziale minaccia nucleare iraniana, grazie al fatto che con questo accordo verrà a mancare, definitivamente, il consenso dell’Arabia Saudita, i cui presupposti erano già stati messi in dubbio nello scorso dicembre 2022, con la fredda accoglienza da parte del Principe Bin Salman nei confronti del presidente Joe Biden in visita a Riad.
Se questo accordo, come sembra (in Yemen è già stato annunciato il “cessate il fuoco” tra fazioni sunnite e sciite!), tenderà a dissolvere l’antica divisione tra sunniti e sciiti, il mondo arabo si troverà rafforzato grazie a un’unica visione religiosa di un Islam unito per la prima volta dopo la morte del Profeta Maometto. L’unione delle due correnti islamiche si rifletterà sull’attenuarsi dei conflitti del mondo arabo, in particolare per le devianze terroristiche.
Di particolare interesse sarà vederne gli esiti in Libano, da tempo terreno di scontro tra il presidente Sadat (filoiraniano), che ancora oggi considera il Libano quale propaggine culturale siriana sciita e Riad, che appoggia a tutt’oggi il Governo sunnita in carica a Beirut. Senza dimenticare la stabilizzazione di Paesi come il Libano, l’Iraq e, speriamo bene, anche l’Afghanistan. Allo stesso tempo, si intravvede un logoramento de tacito appoggio saudita a Israele, che potrebbe spingere Tel Aviv a rivedere la sua politica soprattutto in Palestina.
Il segretario generale delle Nazioni Unite ha accolto con favore l’accordo a nome di António Guterres. “Il segretario generale ha ringraziato la Repubblica popolare cinese per aver ospitato queste recenti discussioni e incoraggiato il dialogo tra i due Paesi”, ha affermato. “António Guterres elogia anche gli sforzi compiuti da altri Paesi come il Sultanato dell’Oman e la Repubblica dell’Iraq in questo senso. Le relazioni di buon vicinato tra Iran e Arabia Saudita sono essenziali per la stabilità della regione del Golfo. Il segretario generale ribadisce la sua volontà di usare i suoi buoni uffici per far progredire il dialogo regionale e garantire pace e sicurezza durature nella regione del Golfo”.
La normalizzazione delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita è destinata, quindi, a rimodellare le dinamiche diplomatiche in Medio Oriente. Equilibri che potrebbero cambiare ulteriormente, se l’Arabia Saudita dovesse diventare protagonista di un accordo di cui tanto si è parlato, anche a seguito della firma del “Patto di Abramo” tra Emirati Arabi e Israele. Anche se esiste già un accordo di massima tra israeliani e sauditi su alcune questioni operative, come scambi di determinate informazioni di intelligence, un accordo più ampio dovrebbe essere firmato solo con il contributo degli Stati Uniti.
Come ben noto, Israele lo considera un nemico contro cui è pronto a procedere militarmente per impedirgli di ottenere l’arma atomica. Ciò potrebbe pesare su questo dialogo tra Arabia Saudita e Israele. Infine, è da considerare la reazione statunitense, che per ora non ha ancora effettuato alcun commento a riguardo. Washington, in effetti, dalla normalizzazione iraniano-saudita guadagna notevolmente dal punto di vista apertura al dialogo, da tempo professata dagli Usa. Ma, contemporaneamente, vede la Cina accrescere il proprio peso politico-diplomatico nella regione, proprio grazie a Riad, un alleato americano con cui i rapporti dal mese di dicembre scorso non sono ai massimi livelli.
Pechino, per contro, sta dimostrando sempre più di avere tutte le carte in regola per poter giocare, nell’intera area mediorientale, un ruolo strategico che va oltre quello economico-commerciale. Pechino, infatti, ha enfatizzato a più riprese la particolare predilezione sugli Stati del Golfo arabico (Sauditi in testa), proponendo la Penisola arabica come regione di cruciale importanza geostrategica a lungo termine. Negli ultimi anni, il volume degli scambi tra la Cina e sei Paesi del Gcc (Gulf cooperation council) è aumentato notevolmente e, grazie a queste relazioni commerciali, la Cina è diventata l’importante partner economico per il Gcc. Un’analisi delle caratteristiche del rapporto politico-economico mostra i vantaggi ottenuti nel miglioramento dei contatti su energia, commercio, investimenti, infrastrutture e progetti di costruzione.
Un processo che va via via normalizzandosi nelle relazioni, attraverso la negoziazione in corso dell’accordo di libero scambio Cina-Gcc che, sicuramente, si intensificherà attraverso la cooperazione del Gcc nell’iniziativa cinese “Belt and Road”.
Aggiornato il 20 marzo 2023 alle ore 09:42