Il Grande fratello giallo: attenti che Xi vi spia!

Ma che fine hanno fatto i milioni di cinesi che a novembre scorso scesero in piazza per manifestare (coraggiosamente) contro le folli misure del regime, contestando la politica dei lockdown anti-Covid voluta da Xi Jinping? Tutti schedati. O, almeno, così come riporta il Washington Post (Wp) in “Zero protesters in China hit by backlash”, quelli che hanno osato più degli altri chiedendo le dimissioni del “presidente tuttofare”, o “pigliatutto”, per aver accentrato nelle sue mani potere politico, economico e militare. Poiché oggi la Cina è, in assoluto (seguita molto da vicino dall’Iran!), la più grande Nazione della “Sorveglianza di Stato”, o “Sv-State”, che ha approfittato della pandemia per potenziare notevolmente il proprio apparato di sicurezza e gli algoritmi di riconoscimento facciale, la morale è che nessuno degli agit-prop a capo delle manifestazioni è passato indenne dai controlli successivi di sicurezza. E tutto ciò malgrado il “liberi tutti” della rimozione dei controlli anti-Covid e il conseguente allentamento delle misure di contenimento! Poco tempo dopo la fine delle manifestazioni, ciascuno dei sospettati è stato sottoposto a una strettissima sorveglianza digitale, mentre molti giovani manifestanti hanno denunciato di aver subito minacce di ritorsione nei confronti dei propri familiari, e di essere stati trattati con durezza nel corso degli interrogatori della polizia.

In pratica, per individuare il maggiore numero possibile di dimostranti, le forze di polizia cinesi hanno lavorato su chilometrici tabulati Telecom di numeri cellulari, così come individuati dalle celle telefoniche collocate nei quartieri e negli isolati in cui si sono svolte le manifestazioni. I dati relativi sono stati passati al setaccio, grazie a sofisticati algoritmi, convocando poi singolarmente nelle stazioni di polizia i singoli utenti “sospetti” così individuati. In questi ultimi anni la polizia cinese è stata dotata di sofisticati apparati di spyware per i cellulari, in grado di sottrarre dati a migliaia di diverse app quando una determinata utenza viene scannerizzata. Nella sola Pechino i progetti di video sorveglianza del Governo combinano la presenza “fisica” di analisti di intelligence duplicandola con l’ausilio di sofisticati dispositivi automatici, che operano uno screening sull’informazione domestica ed estera 24 ore su 24. Il “focus” si concentra su quei profili social in cui vengono discussi argomenti sensibili che potrebbero entrare in risonanza con il dissenso interno, con particolare riferimento alle condizioni di vita dei cittadini cinesi e altri aspetti di particolare delicatezza, come discriminazioni etniche e punizioni sociali per i dissidenti. Particolarmente monitorate, perché raggiungibili attraverso le reti Vpn, sono i network di Facebook e Twitter, sui quali si concentrano gli algoritmi dell’Sv-State (in grado di recuperare dai social anche i messaggi cancellati!) per l’identificazione di utenze cinesi e dei loro collegamenti esteri nei gruppi social relativi.

Per di più, gli algoritmi dell’Sv-State a disposizione delle forze di polizia consentono addirittura di violare i protocolli di log-in a doppia identificazione, inviati dalla messaggistica dei cellulari, quando i messaggi transitano attraverso le reti telematiche nazionali. Però, poi, il fattore umano prevale sempre e comunque sulla Ai (Artificial intelligence), potendo comunicare emozioni e stimoli ai propri simili tali da trascendere le capacità repressive del Grande Fratello digitale. Un esempio concreto è rappresentato dalle manifestazioni anti-Covid a Pechino, quando centinaia di giovani hanno sollevato sopra le loro teste dei fogli bianchi formato A4 per protestare contro la censura del Partito Comunista. Cosa che ha prodotto un tornado mediatico elevando l’A4 white a simbolo per eccellenza della protesta “imbavagliata”! Ovviamente questo saccheggio “legale” (consentito cioè dalla legge cinese), da parte delle forze di polizia e dell’Sv-State, viene poi arricchito dagli interrogatori tradizionali che si svolgono presso i commissariati, con insistenti domande in merito ai componenti dei gruppi social di appartenenza presenti nei cellulari delle persone fermate.

Il tutto regolarmente accompagnato da trattamenti spesso brutali e psicologicamente impattanti, quali: obbligo di restare all’impiedi con il divieto di rivolgere la parola agli altri compagni; stimolazione dell’insonnia; ripetuta copiatura di pagine di testo tratte dalla documentazione del XX Congresso del Pcc; insulti gay per chi avesse i capelli lunghi; accuse di essere dei traditori al servizio di potenze straniere (identiche contestazioni vennero formulate contro i manifestanti di Hong Kong all’atto della riannessione dell’isola alla Cina); ripetute, assillanti richieste di rivelare l’identità degli organizzatori delle proteste, e così via. In merito, le forze di polizia avevano ricevuto precise direttive dai massimi dirigenti del Pcc, responsabili della sicurezza interna, al fine di vigilare e reprimere “i sabotaggi da parte di forze ostili” (classica ossessione secolare dei Partiti comunisti) e “gli atti criminali che turbano l’ordine sociale”.

Com’è ben noto, quotidianamente il Governo cinese conserva, arricchisce e gestisce nei suoi archivi digitali di controllo di massa immensi Big-Data raccolti in mega cloud, contenenti informazioni inviate da tutte le piattaforme informatiche nazionali, alle quali sono iscritti anche molte centinaia di milioni di utenti esteri parimenti “tracciati” come quelli autoctoni, in base alle leggi cinesi Cybersecurity law del 2017 e Data security law del 2021. Norme che andrebbero attentamente esaminate nel merito, per capire i rischi che corrono i cittadini liberi dell’Occidente, qualora rimangano impigliati nella rete dell’Sv-State cinese. In base a queste ultime norme a carattere generale sulla sicurezza informatica, le major informatiche cinesi come Batt, Alibaba, Baidu, Tencent, TikTok, equivalenti alle famose Gafa (Google, Amazon, Facebook-Meta, Amazon) della Silicon Valley, hanno l’obbligo di trasmettere agli organismi di sicurezza il traffico dati dei propri utenti. Stessa coercizione vale per i giganti della telefonia mobile tipo Huawei. In una direttiva di sicurezza del 2018, è stato richiesto alle compagnie che gestiscono le piattaforme digitali su Internet di produrre dettagliati report sui “trend” più diffusi in rete, con particolare riferimento a quelli che hanno causato cambiamenti significativi nell’orientamento dell’opinione pubblica cinese.

La direttiva prevede che le aziende informatiche forniscano puntuali informazioni personali sugli utilizzatori delle rispettive piattaforme, comprese le loro identità digitali, che vengono confrontate con le blacklist e i registri Id a livello nazionale! Nell’Sv-State di Xi, rivestono un ruolo di grande importanza gli algoritmi e le telecamere di riconoscimento (400 milioni di unità, per difetto!), disegnati ad hoc, per inviare immediati alert al sistema centrale di sicurezza in presenza di un affollamento “anormale” di persone che, a questo punto, vengono monitorate e seguite individualmente anche per lunghi periodi di tempo nel corso dei loro spostamenti. Le telecamere coinvolte sono infatti in grado di recuperare in tempo reale, per il singolo pedone inquadrato (anche se indossa maschere anti-Covid e occhiali scuri), generalità anagrafiche; organizzazione d’appartenenza; genere; etnia (con particolare alert se uiguro!), e così via, mantenendo memoria dei dati “loggati” fino a un mese dopo!

È pur vero che gli Usa non sono meno invadenti della Cina con gli utenti mondiali e nazionali delle piattaforme social e digitali che hanno i loro giganteschi Cloud nella Silicon Valley. Per dire, le Gafa fanno la stessa cosa dei loro omologhi cinesi ma per fini commerciali, non vincolate tuttavia dall’obbligo di trasmettere i loro Big-Data alla Nsa, che se li prende in qualche modo lo stesso a suo rischio e pericolo, non avendo alle spalle quest’ultima lo scudo delle prerogative di legge che, invece, esiste nel caso della sua omologa cinese Skynet, Batt, Alibaba e Tencent controllano una sterminata messe di dati comportamentali su miliardi di persone (ben oltre ciò che riescono a fare le Gafa!) che condividono quasi in tempo reale con le agenzie governative di sicurezza cinesi. Tanto per capire, nella sua sede principale di Hangzhou, Alibaba ha realizzato una piattaforma cloud denominata “City Brain” che sovrintende a un insieme di funzioni critiche, dal traffico urbano, ai consumi elettrici e all’assistenza sanitaria. Di chi è la colpa? Degli americani che sono stati i primi a creare sul mercato globale gli strumenti di sorveglianza digitale (come i controlli facciali negli aeroporti), ai fini della lotta al terrorismo. Toccherà a loro, quindi, sviluppare le adeguate misure tecnologiche a protezione delle libere democrazie occidentali dall’Sv-State di Xi!

Aggiornato il 26 gennaio 2023 alle ore 10:59