Iran, ong: un’altra condanna a morte

Un’altra pena capitale in Iran. Kambiz Kharot, ventenne arrestato durante le dimostrazioni a Zahedan, nella zona sud-est del Paese, sarebbe stato condannato a morte. Lo ha fatto sapere Hrana, l’agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani. Secondo quanto indicato, il giovane sarebbe stato ritenuto colpevole di “moharebeh” (inimicizia contro Dio) e “corruzione sulla terra”.

Sempre Hrana ha indicato che ammonterebbero a 519 i deceduti durante le proteste antigovernative divampate a seguito della morte di Mahsa Amini, la 22enne che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale, perché non avrebbe indossato il velo in maniera corretta. Tra le vittime, per Hrana, ci sarebbero pure 70 minori e 68 membri delle forze di sicurezza. Invece, sarebbero oltre 19mila – ha indicato Hrana – le persone arrestate dal 16 settembre.

Intanto, Mansoureh Tarkeshi, 70enne iraniana (da 44 anni nel nostro Paese), in un colloquio con l’Ansa ha detto: “L’Italia e l’Unione europea adottino per l’Iran le stesse sanzioni che stanno applicando alla Russia e sequestrino i beni degli oligarchi iraniani e dei loro figli che sono presenti in Occidente”. E ancora: “Il massacro in atto in Iran si può fermare soltanto se si colpisce il cuore economico dei pasdaran, le forze armate del Governo”. Non solo: “Vanno inoltre chiusi tutti i centri culturali islamici gestiti da iraniani e le ambasciate iraniane, serve una forte azione di isolamento”.

Tarkeshi, ancora all’Ansa, ha precisato: “Scendemmo in piazza perché il Paese diventasse una Repubblica democratica, ma ben presto ci rendemmo conto che il ritorno dell’Ayatollah, Ruhollah Khomeyni, ci avrebbe portato indietro di secoli e avrebbe segnato la fine della libertà per gli iraniani e in particolare per le donne… A Foligno mi sono sposata, ho avuto un figlio, tre nipoti e ho lavorato come infermiera, per 25 anni, negli ospedali della regione ma non ho mai smesso di combattere, anche se a distanza, per la libertà dell’Iran. Adesso è il momento di essere meno timidi verso i capi iraniani: il Governo italiano, l’Europa e gli Stati Uniti d’America devono agire per difendere le nostre ragazze e i nostri ragazzi, che ogni giorno vengono torturati e uccisi. Non serve un intervento armato ma occorre colpire economicamente chi governa e non rifornirli più di armi”. Sury, infine, ha rivelato: “Vinceremo noi, vincerà la democrazia e la libertà”.

Nel frattempo, l’Oversight Board di Meta (organismo dell’azienda per il controllo dei contenuti) ha annullato la decisione dell’azienda di rimuovere un post di Facebook che utilizzava lo slogan “morte a Khamenei”, sostenendo che non viola una regola che vieta le minacce violente. Il motivo? La frase è spesso utilizzata con il significato di “abbasso Khamenei”.

Nelle ore scorse, va detto, non sono mancate le manifestazioni in Europa e nel mondo a sostegno della protesta iraniana, con circa ottanta città unite contro la repressione dei dimostranti. E Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha ribadito di aver convocato l’ambasciatore, con una richiesta da recapitare a Teheran: bloccare le condanne a morte. Per il titolare della Farnesina, “l’Iran ha superato la linea rossa, il punto di non ritorno, cominciando a eseguire le condanne a morte. L’Italia è contraria alla pena di morte”. Sono condanne, ha insistito, “sproporzionate per i reati commessi: togliere la vita è inaccettabile soprattutto se lo si fa in nome di Dio”.

Aggiornato il 09 gennaio 2023 alle ore 17:38