Censura a Parigi: boicottato il libro sui “bambini trans”

Il Comune di Parigi della socialista Anne Hidalgo, cedendo alle minacce degli attivisti Lgbt, ha cancellato la presentazione di un libro che attribuisce l’aumento straordinario dei casi di bambini che vogliono cambiare genere a un “contagio sociale influenzato dai militanti Lgbt”.

Il libro “La fabrique de l’enfant transgenre” (La fabbrica del bambino transgender), scritto da Caroline Eliacheff – rinomata psichiatra infantile – e dalla psicoanalista Céline Masson, sostiene che genitori, medici, giudici e assistenti sociali che prendono troppo sul serio i ragazzini e anche i bambini che si dichiarano transgender, “adottino alcune precauzioni prima di prescrivere trattamenti ormonali con effetti irreversibili”. Ciò è bastato perché i militanti Lgbt lanciassero l’anatema di “transfobia”, inondando il Municipio di Parigi di minacce e intimidazioni.

Il Municipio parigino ha scritto di essere “stato allertato della partecipazione di ricercatori con posizioni controverse”, ma ha ceduto al boicottaggio e alla censura, dichiarandosi “impegnato contro ogni discriminazione e contro la transfobia”. I casi dei bambini, anche di pochissimi anni, che vengono sottoposti a un trattamento ormonale che blocca la pubertà con la complicità di genitori in cerca di pubblicità (tra cui diverse star del mondo dello spettacolo), di medici in cerca di sperimentazioni estreme oltre che di notorietà e di giudici che se ne lavano le mani, sono in crescita da qualche anno nel mondo anglosassone e nord-europeo, ma stanno diffondendosi anche nel resto dell’Europa (anche in Italia), proprio in coincidenza con una insistente propaganda delle lobby Lgbt (amplificata da molti grandi media). Quelle lobby affermano, contro ogni evidenza, che quei trattamenti ormonali sarebbero innocui, perfettamente reversibili e amplificano le presunte “sofferenze” e i rischi di suicidio in bambini che non si sentirebbero a loro agio nei loro corpi e con il loro sesso biologico. Certamente, reversibili sono invece queste loro ingenue manifestazioni, spesso sbrigativamente etichettate come “disforia di genere” in ragazzini e bambini in età in cui i dubbi identitari sono del tutto normali, e che vengono di norma superati proprio con lo sviluppo puberale.

In particolare, su quei genitori che prendono troppo sul serio e amplificano quelle incertezze infantili, chiedendo ai medici un trattamento ormonale sui loro figli impuberi, pesa il sospetto della cosiddetta “sindrome di Münchhausen per procura”; e cioè del desiderio di attirare l’attenzione e le premure degli altri su di sé, annunciando una presunta e “ammirevole” diversità dei loro sfortunati figlioli. Sui medici e altre figure sociali che, con leggerezza, autorizzano quei trattamenti ormonali, pesa il sospetto di abusi sui minori, che qualche osservatore definisce come “un crimine contro l’infanzia e contro l’umanità”.

Aggiornato il 01 dicembre 2022 alle ore 11:00