Neutralità Ucraina: perché è una sconfitta

Dall’inizio della guerra, si è subito cominciato a parlare della necessità, per l’Ucraina, di accettare lo status di neutralità. L’hanno chiesto i russi come gli occidentali ed è stata posta quasi quale conditio sine qua non per giungere a una soluzione diplomatica del conflitto. Il motivo – com’è evidente – è quello di andare incontro alle pretese del Cremlino, per il quale la presenza di un Paese Nato ai confini è qualcosa che fa temere il governo russo per la sicurezza del Paese. La sindrome da accerchiamento che giustifica reazioni militari è un evergreen della propaganda russa: è una scusa che veniva propinata anche ai tempi dell’Unione Sovietica. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che Vladimir Putin abbia fornito questo tipo di alibi a quella che, invece, è solo una guerra di conquista finalizzata ad annettere l’Ucraina e a ricostituire la “Trinità Russa”, primo passo di quella che potrebbe essere un progetto di stampo “eurasiatico”, che stando ai deliri di Alexander Dugin dovrebbe vedere la Russia diventare lo “Stato-guida” del Vecchio Continente.

Quello che sorprende e che lascia attoniti, tuttavia, è che l’Occidente abbia finito per credere a una simile idiozia, se intravede nella neutralità dell’Ucraina uno dei punti salienti di un potenziale accordo per giungere all’epilogo della guerra. Questo significa che siamo anche noi vittime inconsapevoli delle fandonie propagandistiche del Cremlino. Significa che, in fondo, anche noi crediamo che all’origine di questa guerra vi sia l’espansione della Nato verso Est e la conseguente percezione di pericolo che noi avremmo instillato nella Russia.

Proprio come è avvenuto con gli altri Paesi dell’Europa Orientale e come sta succedendo adesso con la Svezia e la Finlandia, anche l’Ucraina ha scelto liberamente di avvicinarsi alla Nato per paura dell’imprevedibilità della Russia. Perché quello che è andato bene con i due Stati scandinavi non dovrebbe andare bene anche per Kiev? Il sospetto è che l’Occidente sia disposto a favorire il passaggio dell’Ucraina a uno status di neutralità pur di far ottenere qualcosa al suo aggressore e di rassicurare la Russia circa il non ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica. Ciò è dimostrato non solo dall’insistenza su questo punto da parte di chiunque abbia provato a mediare tra le due nazioni belligeranti, ma più recentemente anche dal piano di pace italiano presentato all’Onu.

Piano prontamente respinto al mittente, giacché il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha già detto di non essere pronto a negoziare nessuna pace, fin quando le truppe russe non lasceranno il suo Paese e fin quando non verrà assicurata l’integrità territoriale della nazione. Aldilà della reazione del governo di Kiev, c’è una domanda che tutti gli occidentali dovrebbero porsi: per quale ragione l’Ucraina dovrebbe accettare la neutralità in un momento storico in cui anche gli Stati da sempre neutrali la abbandonano? Insomma, la Svezia e la Finlandia si accingono a entrare nella Nato, spinte proprio dal timore che la Russia incute loro e persino lo Stato neutrale per eccellenza e per definizione, la Svizzera, sta seriamente pensando di imitare i due Paesi nordici. Berna starebbe infatti pensando a un rapporto più stretto con la Nato: non possiamo più difenderci da soli od omettere di posizionarci – questo è il pensiero che si rincorre nelle stanze svizzere del potere e che sembra sia sempre più diffuso anche tra l’opinione pubblica.

C’è voglia di Nato in Europa, c’è voglia di schierarsi, di stare dalla parte giusta della storia e, soprattutto, di non correre rischi inutili. Perché proprio questo significa restare neutrali in un momento come quello che stiamo vivendo, con la Russia (e dietro di lei la Cina) che minaccia la libertà e la sicurezza di tutti i popoli occidentali. Dunque, tutti abbandonano la neutralità e l’Ucraina dovrebbe riscoprirla e accettarla come condizione per far desistere l’aggressore? Anzitutto, da quando in qua – bisogna chiedersi – per fermare un’aggressione si deve dare all’aggressore quello che vuole? In secondo luogo, ci rendiamo conto che obbligare l’Ucraina a diventare uno Stato neutrale sarebbe una sconfitta per Kiev e per tutto l’Occidente, oltre che una vittoria per Putin, sia pure mutilata rispetto agli obbiettivi originari di Mosca?

Gli aggressori non vanno convinti a lasciare in pace l’aggredito: devono essere respinti. Motivo per cui un negoziato di pace non può e non deve fare alcuna concessione alla Russia, men che meno la neutralità dello Stato che ha aggredito e che, in questo modo, finirebbe per diventare uno “Stato-cuscinetto”. Quello che l’Occidente dovrebbe fare – invece di spendersi in improbabili mediazioni e proposte di pace che non interessano a nessuno e che non funzionerebbero – è moltiplicare il suo impegno economico e militare in favore di Kiev, continuando a fornire armi sempre più avanzate e continuando a picchiare duro con le sanzioni contro Mosca. Gli ucraini si sono sacrificati senza riserve, hanno lottato duramente per amore dell’Occidente, oltre che di sé stessi.

Se hanno dovuto imbracciare il fucile non è solo perché la Russia è nemica della loro libertà e della loro autodeterminazione come nazione, ma anche perché è nemica della loro volontà di essere occidentali, di essere parte del mondo libero. Non possiamo voltargli le spalle dopo tutto quello che hanno fatto: hanno più che meritato di essere dei nostri, hanno pagato un tributo di sangue per esserlo. Saremmo dei vigliacchi e dei traditori dei nostri stessi ideali e valori fondamentali se lo facessimo. A maggior ragione se lo facessimo per tenere buona la Russia, per non umiliarla – per usare le parole di Emmanuel Macron, che non si capisce se sia il più filo–russo dei leader occidentali o il meno atlantista, a dispetto dei valori liberal–progressisti di cui si è fatto portavoce in Francia.

Imporre la neutralità a Kiev come condizione per la fine delle ostilità sarebbe una sconfitta per l’Ucraina, perché la priverebbe della possibilità di cooperare con la Nato e di diventarne un membro in futuro e perché tale status non le garantirebbe affatto la pace o la libertà. Non bisogna dimenticare che nel 2019 la Costituzione ucraina è stata riformata, introducendo due fondamentali obbiettivi di politica estera: l’appartenenza all’Unione europea e alla Nato. Abbiamo così tanto parlato del diritto dell’Ucraina di autodeterminarsi: davvero vogliamo smentirci in maniera così plateale e negare a Kiev di realizzare uno degli obbiettivi della sua carta costituzionale pur di non contrariare la Russia? Quand’anche l’Ucraina neutrale potesse beneficiare della protezione internazionale di alcune potenze occidentali (tra cui l’Italia) che si farebbero garanti della stabilità e dell’indipendenza del Paese, dando vita a una sorta di “mini-Nato”, c’è da chiedersi che senso avrebbe creare un’alleanza difensiva appositamente per l’Ucraina, quando la si potrebbe portare direttamente nell’alleanza originale.

Inoltre, solo l’appartenenza alla Nato costituirebbe una garanzia sufficientemente forte circa il fatto che le inflitrazioni russe nel Paese non finiranno per riportarlo – attraverso manipolazioni e propaganda – sotto l’orbita di Mosca. Se la Russia non ha avuto paura di provare a fare una cosa simile con le democrazie consolidate, immaginiamo solo cosa potrebbe combinare con una democrazia ancora in via di consolidamento e così esposta alla sua influenza, come l’Ucraina.

Imporre la neutralità a Kiev sarebbe una sconfitta per l’Occidente: una sconfitta morale, per le ragioni che ho già menzionato sopra, e una sconfitta strategica, dal momento che saremmo costretti a rinunciare a un partner fondamentale, anche e soprattutto in vista della necessità, che caratterizzerà i decenni futuri, di contenere l’autocrazia russa e la sua politica sciovinista, di costruire un cordone di sicurezza attorno ai suoi confini e di tenerla sotto stretta sorveglianza. Abbiamo bisogno dell’Ucraina tanto quanto abbiamo bisogno della Finlandia o della Svezia: in parte perché più saremo e meglio riusciremo a difenderci e ad assicurare la pace europea e mondiale; in parte perché più ci avvicineremo alla Russia e meglio riusciremo a tenerla sotto controllo, a tracciare una “linea blu” oltre la quale a Mosca non sarebbe consentito andare.

Il nostro obbiettivo, pertanto, deve essere solo quello di sostenere l’Ucraina aiutandola a sconfiggere i russi e a respingerli. È prematuro parlare di pace adesso, in un momento in cui ogni negoziato di pace implicherebbe fare concessioni all’aggressore. Quando Mosca sarà messa nelle condizioni di non poter esigere nulla, allora ci fermeremo e accoglieremo con sollievo la fine delle ostilità e la sconfitta di chi la pace l’ha messa in discussione per le sue ambizioni imperialiste. E quando questo sarà avvenuto dovremo impegnarci per un partenariato sempre più stretto tra Nato e Ucraina – che dovrebbe concludersi con l’ingresso di quest’ultima nell’Alleanza – anche allo scopo di isolare il germe dello sciovinismo russo e impedire che faccia altri danni in futuro.

Aggiornato il 25 maggio 2022 alle ore 11:55