Un gruppo di generali in pensione ha avvertito in una lettera aperta che la Francia sta scivolando verso una guerra civile a causa dell’incapacità del governo di controllare la migrazione di massa e l’islamismo strisciante nel Paese. La lettera, che, secondo i sondaggi, trova un ampio sostegno da parte dell’opinione pubblica, mette in guardia anche contro il marxismo culturale, il multiculturalismo incontrollato e l’espansione in Francia delle “no-go zones”.
Il monito arriva nel bel mezzo di un’ondata di attacchi jihadisti – tra cui la decapitazione di un insegnante – commessi da giovani uomini, nessuno dei quali era precedentemente noto ai servizi di intelligence francesi. Anche la lettera viene diffusa dopo un’estesa indignazione per un sistema giudiziario compromesso dalla correttezza politica: come dimostrato dal rifiuto di perseguire un immigrato africano del Mali, il quale, al grido di “Allahu Akbar” (“Allah è il più grande”), uccise un’anziana donna ebrea facendo irruzione in casa sua e buttandola giù dal balcone.
La falla nella sicurezza, e l’apparente incapacità o riluttanza del governo a fare qualcosa a riguardo, ha catapultato Marine Le Pen, la leader del partito conservatore, Rassemblement National, al primo posto, davanti al presidente francese Emmanuel Macron, nei sondaggi sulle elezioni presidenziali che si terranno nell’aprile 2022.
La lettera aperta, pubblicata dalla rivista francese Valeurs Actuelles il 21 aprile indirizzata all’establishment politico francese, è stata firmata da 20 generali in pensione, da un centinaio di alti ufficiali oltre a un migliaio di altri membri dell’esercito francese. Una traduzione della lettera, che chiede un ritorno al patriottismo francese, afferma quanto segue:
“Signor Presidente,
Signore e Signori del Governo,
Signore e Signori parlamentari,
L’ora è seria. La Francia è in pericolo, minacciata da diversi pericoli mortali. Noi che, pur essendo in pensione, rimaniamo soldati francesi, non possiamo, nelle attuali circostanze, rimanere indifferenti al destino del nostro bel Paese.
Le nostre bandiere tricolore non sono solo un pezzo di stoffa. Simboleggiano la tradizione di coloro che, nel corso dei secoli, indipendentemente dal colore della pelle o dal credo religioso, hanno servito la Francia e hanno dato la vita per lei. Su queste bandiere troviamo, in lettere d’oro, le parole: ‘Onore e Patria’. Oggi il nostro onore sta nel denunciare la disintegrazione che sta colpendo il nostro Paese.
Una disintegrazione che, attraverso un certo tipo di antirazzismo, ha un unico obiettivo: creare divisione, persino odio, tra le comunità presenti sul nostro suolo. Oggi si parla di razzismo, indigenismo e teorie decoloniali, ma usando questi termini, odiosi e fanatici partigiani stanno cercando di innescare una guerra razziale. Disprezzano il nostro Paese, le sue tradizioni e la sua cultura e, tentando di cancellare il suo passato e la sua storia, vogliono vederli relegati nella pattumiera della storia. Con questo obiettivo, distruggono statue e distorcono parole e frasi secolari, il tutto per ribaltare le nostre passate glorie militari e civili.
Una disintegrazione che, con l’islamismo e le orde suburbane (hordes de banlieue) porta al distacco di ampie parti della nostra nazione per trasformarle in territori soggetti a dogmi contrari alla nostra Costituzione. Ogni francese, qualunque sia il suo credo o il suo non credo, dovrebbe essere di casa ovunque in Francia; non può e non deve esistere alcuna città o quartiere le leggi della Repubblica non siano applicabili.
Disintegrazione, perché l’odio prevale sulla fraternità durante le manifestazioni antigovernative dei Gilet Gialli, in cui il governo usa la polizia come agenti per procura e capri espiatori contro i cittadini francesi che esprimono la loro disperazione. Questo mentre individui infiltrati e incappucciati saccheggiano i negozi e minacciano queste stesse forze dell’ordine. Eppure, la polizia non fa che applicare le direttive, a volte contraddittorie, stabilite da voi, la classe dirigente pubblica.
I pericoli aumentano, la violenza aumenta di giorno in giorno. Chi avrebbe previsto dieci anni fa che, un giorno, un insegnante sarebbe stato decapitato fuori dalla sua scuola? Ora, noi, servitori della Nazione, che siamo sempre stati pronti a pagare il prezzo più alto per il nostro Paese, non possiamo essere spettatori passivi di fronte a tali azioni.
È imperativo che i leader del nostro Paese trovino il coraggio necessario per sradicare questi pericoli. Per fare questo, spesso è sufficiente far rispettare, con determinazione, le leggi esistenti. Non dimenticate che, come noi, la grande maggioranza dei nostri concittadini è esasperata dalla vostra codardia e dai colpevoli silenzi.
Come disse una volta il cardinale Mercier, primate del Belgio: ‘Quando la prudenza è ovunque, il coraggio non è da nessuna parte’. Quindi, signore e signori, basta equivocare. La situazione è grave, il lavoro da fare è colossale, non perdete tempo e sappiate che siamo pronti a sostenere le politiche a tutela della nazione.
D’altra parte, se non si fa nulla, il lassismo continuerà a diffondersi, inesorabilmente, nella nostra società. Alla fine, ci sarà un’esplosione, e i nostri commilitoni in servizio attivo saranno costretti a intervenire e svolgere una pericolosa missione per proteggere i nostri valori di civiltà e salvaguardare la vita dei nostri concittadini.
Non è più tempo di tergiversare, altrimenti domani la guerra civile porrà fine a questo caos crescente e i morti si conteranno a migliaia, di cui sarete responsabili”.
Reazioni in Francia
La lettera – pubblicata nel 60mo anniversario di un fallito colpo di Stato contro il governo di Charles de Gaulle – ha suscitato un iroso biasimo da parte del governo francese.
Il primo ministro Jean Castex ha affermato che la lettera dei militari è “contraria a tutti i nostri principi repubblicani, all’onore e al dovere dell’esercito”.
Il ministro della Difesa Florence Parly ha promesso di punire tutti i firmatari della lettera che potrebbero essere ancora in servizio nell’esercito. “Due principi immutabili guidano l’azione dei membri delle forze armate riguardo alla politica: neutralità e lealtà”, ha scritto la Parly in un tweet.
L’ex ministro della Giustizia francese Rachida Dati, che ora è sindaco del 7° arrondissement di Parigi, concorda con il contenuto della lettera, ma ha sottolineato che i militari non dovrebbero essere coinvolti nella politica. In un’intervista a France Info radio, Dati, nata in una famiglia musulmana immigrata, ha detto: “Ciò che è scritto in questa lettera è la realtà. Quando si ha un Paese in preda alla guerriglia urbana, quando si ha una minaccia terroristica molto regolare e molto alta, quando si hanno disuguaglianze sempre più evidenti ed eclatanti, quando si ha una parte dei nostri patrioti che si stacca dalla nostra società, non si può dire che il Paese vada bene. Oggi, la polizia è diventata un obiettivo per i terroristi, e ritengo che la polizia non sia sostenuta abbastanza, anche da parte delle istituzioni e in particolare dalla magistratura. Temo che la polizia un giorno crollerà, e se succederà, andremo ben oltre la disintegrazione della società”.
La candidata presidenziale Marine Le Pen ha approvato la lettera, ma ha anche sottolineato che il cambiamento deve avvenire per mezzo di un processo politico democratico, non attraverso l’intervento militare. In un articolo pubblicato da Valeurs Actuelles il 23 aprile, ha scritto: “Da cittadina e politica, approvo la vostra analisi e condivido la vostra angoscia. Come voi, credo che sia dovere di tutti i patrioti francesi, da qualunque parte provengano, battersi per la ripresa e perfino, diciamolo, per la salvezza del Paese... Le recentissime dichiarazioni del Presidente della Repubblica sul suo progetto di ‘decostruire la storia della Francia’, ci mostrano infatti che queste derive dannose non sono la diretta conseguenza di un attimo di distrazione, ma di una direzione politica motivata da considerazioni ideologiche fondamentalmente corruttrici. Le preoccupazioni che avete coraggiosamente espresso non possono rimanere alla stadio di una manifestazione di indignazione, per quanto forte. In democrazia, si esige la richiesta di una soluzione politica che deve concretizzarsi attraverso un progetto alternativo che deve essere convalidato dagli elettori francesi. Questo è l’obiettivo del mio approccio politico e della mia candidatura alla Presidenza della Repubblica, con la finalità di un governo di Unione Nazionale. Già molti alti funzionari e personalità della società civile si sono uniti a noi. Vi invito a unirvi alla nostra azione per prendere parte alla prossima battaglia [campagna presidenziale], che è certamente una battaglia politica e pacifica, ma che è soprattutto la battaglia per la Francia”.
Secondo un nuovo sondaggio, il sentimento espresso nella lettera aperta sembra avere un ampio consenso. Un sondaggio Harris Interactive condotto il 29 aprile per l’emittente televisiva LCI ha rilevato che il 58 per cento intervistati sostiene i militari firmatari della lettera. Quasi uno su due (49 per cento) ha affermato che l’esercito dovrebbe intervenire per garantire l’ordine, anche senza richiesta del governo.
Dal sondaggio inoltre emerge che:
- L’86 per cento concorda con l’affermazione secondo cui in alcune città e distretti non vengono applicate le leggi della Repubblica;
- L’84 per cento conviene che, in Francia, la violenza cresce di giorno in giorno;
- Il 74 per cento riconosce che in Francia esiste una forma di antirazzismo che esacerba l’odio tra le comunità;
- Il 73 per cento concorda sul fatto che la società francese si sta disintegrando;
- Il 62 per cento si è detto d’accordo sul fatto che, chiedendo alla polizia e alla gendarmeria di intervenire durante le proteste dei Gilet Gialli, il governo ha provocato una perdita di fiducia nelle forze dell’ordine
- Il 45 per cento è d’accordo sul fatto che la Francia è sull’orlo della guerra civile.
Un’ondata di attacchi jihadisti
La lettera aperta e la risposta di Le Pen arrivano nel bel mezzo di una serie di almeno nove attacchi jihadisti consecutivi sferrati in Francia, tutti compiuti da individui sconosciuti ai servizi segreti francesi e che quindi non erano sospettati di essere radicalizzati e di conseguenza non risultavano essere schedati come jihadisti. Gli attacchi fanno pensare che le autorità francesi abbiano perso il controllo della vigilanza dei radicali islamici nel Paese.
Nell’attacco più recente, quello del 23 aprile 2021, un jihadista tunisino di 36 anni entrato in Francia illegalmente nel 2009, ma a cui è stata concessa la residenza francese nel dicembre 2020, ha pugnalato a morte un’impiegata amministrativa di 49 anni, in una stazione di polizia a Rambouillet, una tranquilla cittadina vicino a Parigi. Testimoni lo hanno sentito dire “Allahu Akbar” durante l’attacco. È stato colpito e ucciso dalla polizia. La donna ha lasciato due figlie, di 13 e 18 anni.
L’attacco recente di maggior rilievo è avvenuto il 16 ottobre 2020, quando un migrante ceceno di 18 anni ha decapitato Samuel Paty, un insegnante di storia e geografia di 47 anni, a Éragny, un sobborgo di Parigi. Paty è stato assassinato dopo che una ragazzina musulmana di 13 anni che voleva impedire a suo padre di scoprire che era stata sospesa da scuola si era inventata la storia secondo la quale Paty aveva ordinato agli studenti musulmani di uscire dalla classe in modo che potesse mostrare al resto della classe “una caricatura del Profeta nudo”. Un totale di dieci jihadisti, tra cui un imam, un genitore di uno studente e due studenti della scuola di Paty, sono stati incriminati per il reato. Paty ha lasciato un bambino di cinque anni.
Nel frattempo, il 14 aprile, la più alta Corte giudiziaria francese, la Cour de Cassation, ha stabilito che Kobili Traoré, un migrante di 32 anni proveniente dal Mali, che, il 4 aprile 2017, al grido di “Allahu Akbar”, uccise una donna ebrea di 65 anni, Lucie Attal-Halimi (conosciuta anche come Sarah Halimi), e la gettò dal balcone, non poteva essere processato perché pare fosse in preda a un “attacco delirante” indotto dalla cannabis , e quindi era privo del controllo delle sue azioni.
La sentenza ha scatenato proteste di massa a Parigi e in altre città francesi. Il presidente francese Emmanuel Macron ha successivamente chiesto una modifica della legge francese per affrontare la questione. In un’intervista al quotidiano Le Figaro, Emmanuel Macron ha dichiarato: “Decidere di assumere stupefacenti e poi ‘impazzire’ non dovrebbe a mio avviso, rimuovere la responsabilità criminale”.
Macron, in risposta alla lettera aperta dei generali francesi, ha anche promesso di dare un giro di vite ai sospetti jihadisti.
Il 28 aprile, il primo ministro Jean Castex ha dichiarato che il governo intende presentare un disegno di legge al Parlamento che chiede di avere l’autorità permanente per ordinare alle società di telecomunicazioni di monitorare non solo i dati telefonici, ma anche le pagine web visitate dai loro utenti in tempo reale. Gli algoritmi del governo avviserebbero i funzionari dell’intelligence quando vengono soddisfatti determinati criteri, come un utente di Internet che visita una specifica sequenza di pagine.
Nel frattempo, i sondaggi mostrano che Marine Le Pen sarebbe in testa al primo turno delle elezioni presidenziali che si terranno il 9 aprile 2022, e che Macron sconfiggerebbe di poco la Le Pen nel ballottaggio del 15 aprile. Questo implica che i due candidati sono testa a testa e che i potenziali attacchi jihadisti compiuti tra oggi e il giorno delle elezioni potrebbero portare molti più elettori dalla parte di Marine Le Pen.
L’ex ministro dell’Economia Arnaud Montebourg, in una recente intervista al Financial Times , ha affermato che la leader di Rassemblement National potrebbe sconfiggere Macron a causa del carattere “altezzoso” di quest’ultimo e delle politiche “oligarchiche” che hanno allontanato gli elettori e aumentato la popolarità della Le Pen. “Macron è odiato perché è arrogante”, ha detto Montebourg. “Quindi, non è il ‘bastione’. È lui che metterà al potere Madame Le Pen”.
Una recente analisi della Jean-Jaurès Foundation, un think tank legato al Partito socialista, ha previsto che la Le Pen potrebbe sconfiggere Macron se un numero sufficiente di elettori si astenesse dal votare al ballottaggio: “Quando chiediamo alla popolazione francese cosa prova quando vede o sente Emmanuel Macron, le quattro emozioni che spiccano maggiormente sono tutte profondamente negative. È soprattutto con un sentimento di ‘rabbia’ (28 per cento), ‘disperazione’ (21 per cento), ‘disgusto’ (21 per cento) e ‘vergogna’ (21 per cento) che i francesi pensano a Macron (...) Non bisogna perdere di vista che è particolarmente detestato da una parte consistente dell’elettorato.... I simpatizzanti repubblicani esprimono emozioni più negative nei confronti di Emmanuel Macron che nei confronti di Marine Le Pen. Di certo, questo rifiuto di Emmanuel Macron, osservato tra gran parte della popolazione, ostacolerebbe il presidente uscente in vista di un secondo turno”.
Un sondaggio Ifop pubblicato il 24 aprile scorso dal quotidiano francese Journal du Dimanche ha rilevato che l’86 per cento degli intervistati ha affermato che sicurezza, terrorismo e delinquenza saranno un tema centrale nelle prossime elezioni. Secondo l’Ifop, l’importanza della questione della sicurezza è aumentata di 26 punti da maggio 2020.
Le periferie sono terreno fertile per l’estremismo islamico
Secondo un recente sondaggio Pew, la popolazione musulmana francese è attualmente stimata intorno ai sei milioni, ossia circa il nove per cento della popolazione totale. Nessuno, infatti, conosce il numero esatto di musulmani in Francia, e persino Pew ammette che “la Francia non ha valutato la religione in un censimento nazionale dal 1872”.
Quello che si sa, tuttavia, è che milioni di musulmani francesi sono permanentemente nascosti alle statistiche ufficiali. L’analista francese Yves Mamou spiega: “Questa cifra [sei milioni] non prende nemmeno in considerazione la popolazione musulmana immigrata in Francia dal Nord Africa negli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta. Ce ne sono alcuni milioni, nessuno sa quanti esattamente. Sono diventati francesi molto presto, e per i demografi, i loro nipoti e pronipoti non sono più considerati immigrati. Questi musulmani sono, piuttosto, integrati nelle statistiche come cittadini francesi nati da genitori francesi. Sono musulmani, ma sotto il radar delle statistiche”.
In ogni caso, Pew stima che con uno “scenario migratorio zero”, la popolazione musulmana della Francia dovrebbe aumentare fino a raggiungere il 12,7 per cento entro il 2050; con uno “scenario migratorio medio”, si prevede che la popolazione musulmana della Francia raggiungerà circa 13 milioni di persone e rappresenterà il 17 per cento della popolazione francese. Con uno “scenario di alta migrazione”, la popolazione musulmana della Francia dovrebbe superare un quinto della popolazione totale.
Molti musulmani in Francia vivono in sobborghi poveri e infestati dalla criminalità chiamati banlieue, che sono terreno fertile per il fondamentalismo islamico e vengono spesso indicati come zone vietate a causa delle condizioni pericolose per la polizia e altri rappresentanti dell’autorità statale.
Il presidente Macron sostanzialmente ha ridimensionato i piani per riqualificare le banlieue e ha invece invitato i sindaci locali e i gruppi della società civile a trovare soluzioni a livello di base. Il fallimento di Macron nel migliorare la vita nelle periferie è stato condannato dai leader di tutto lo spettro politico.
Marine Le Pen ha osservato che Macron non è riuscito ad affrontare le questioni dell’immigrazione e dell’islamismo: “A malapena una parola sull’immigrazione, a stento una parola sul fondamentalismo islamico. Sappiamo perfettamente che questi problemi sono in parte all’origine delle difficoltà delle periferie. Rifiutare di vedere la realtà è condannarsi al fallimento”.
Si stima che circa sei milioni di persone – circa un decimo della popolazione francese – vivano in 1.500 quartieri classificati dal governo come Zone Urbane Sensibili ( zone urbaines sensibles, ZUS ).
Nell’ottobre 2011, un importante rapporto di 2.200 pagine, “Periferie della Repubblica” (“Banlieue de la République”) rilevò che molti sobborghi francesi stavano diventando “società islamiche separate” tagliate fuori dallo Stato francese e dove la legge islamica stava rapidamente rimpiazzando il diritto civile francese. Secondo quanto si legge nel rapporto, gli immigrati musulmani rifiutavano sempre più i valori francesi e si stavano invece immergendo nell’Islam radicale.
Gli autori del rapporto hanno avvertito che la Francia era sull’orlo di una grande esplosione sociale a causa dell’incapacità dei musulmani di integrarsi nella società francese.
(*) Tratto dal Gatestone Institute
Traduzione a cura di Angelita La Spada
Aggiornato il 03 giugno 2021 alle ore 15:54