L’Iran ammette le uccisioni nelle proteste

Ora l’Iran ammette. Tre settimane dopo l’inizio delle proteste scatenate dai rincari della benzina, che hanno portato alle più gravi violenze in quarant’anni di Repubblica islamica, per la prima volta Teheran riconosce che le forze di sicurezza hanno sparato e ucciso alcuni manifestanti.

Lo sostiene la televisione di Stato, senza tuttavia fornire alcuna cifra precisa, mentre le autorità insistono nell’affermare che le forze di sicurezza non hanno preso di mira dimostranti pacifici, ma bande di facinorosi e “teppisti”. Di tutt’altro avviso il presidente americano Donald Trump, secondo il quale il regime iraniano è responsabile della morte di “migliaia” di persone “per il solo fatto di aver manifestato”. Una cosa “terribile”, ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca. Amnesty International aveva fornito un bilancio aggiornato di almeno 208 uccisi accertati, mentre il numero reale potrebbe essere di molto superiore.

Ma Teheran smentisce l’organizzazione internazionale per i diritti umani. Secondo il portavoce della magistratura iraniana Gholamhossein Esmaili, “le cifre sulla repressione delle proteste contro il caro benzina in Iran sono menzogne assolute diffuse da gruppi ostili all’estero”.

Aggiornato il 04 dicembre 2019 alle ore 14:32