Gheddafi e Blair, un dialogo tra sordi

Tony Blair che chiede a Gheddafi di dimettersi e di scappare e lui che gli risponde disperatamente di venire in Libia a rendersi conto che lui non sta sparando sul suo popolo bensì combattendo i jihadisti filo al Qaeda. Un drammatico dialogo telefonico tra sordi reso noto dal Telegraph lo scorso 7 gennaio. Due telefonate che precedettero di tre settimane la guerra più idiota che sia mai stata fatta dall’Occidente: quella per rovesciare il leader libico Muhanamr Gheddafi. Guerra che di fatto ha trasformato la Libia in uno degli avamposti del Daish e del califfo Al Baghdadi.

Era il 25 del mese di febbraio, e alle 11 e 15 del mattino ha inizio una prima telefonata, Blair chiama Gheddafi, che durerà 40 minuti, e che solo pochi giorni orsono è stata resa pubblica. L’altra telefonata è del pomeriggio di quello stesso giorno: stavolta a chiamare sono i libici, lo staff del colonnello, e il colloquio durerà 25 minuti dalle 15 e 35 alle 16 ora locale di Greenwich. Se nella prima telefonata Gheddafi, che parla attraverso un interprete, avverte che le rivolte in Libia sono sobillate dai Qaedisti di Bin Laden, che poi verrà ucciso il 1 maggio seguente a Abbottabbad, e che “quella gente attacca le stazioni di polizia e si rifornisce di armi e noi che dovremmo fare?”, avvertendo che “questi hanno il progetto di dominare il Mediterraneo e di portare la jihad in Europa”, nella seconda telefonata , quella che proviene da Tripoli, il colonnello dice a Blair che un attacco della coalizione alla Libia, con il postulato che lui starebbe spargendo il sangue del suo popolo, sarebbe una pretestuosa “ricolonizzazione” e farebbe il gioco dei jihadisti.

Tutto inutile: Blair sembra non sentire i profetici avvertimenti di Gheddafi, gli dice che deve farsi da parte, smettere di spargere il sangue e trovarsi un posto sicuro in cui andare. Gheddafi tanto nella prima quanto nella seconda telefonata lo invita a mandare cronisti indipendenti e osservatori in Libia perché si rendano conto della realtà e poi la raccontino al mondo. Ma il dialogo, come si diceva, sia pure via telefono, è tra sordi. Dell’esistenza di queste telefonate si è saputo nel 2014 dopo che Blair le aveva trasmesse al Foreign Affiars Commitee, la commissione parlamentare inglese d’inchiesta che sta indagando sul crollo della nazione libica. Oggi sono pubbliche e non viene fuori una bella immagine di Blair che sembra trincerarsi dietro l’ipocrisia istituzionale di chi sa bene che il proprio paese, la Francia e l’America avevano già deciso di bombardare la Libia e di lasciare Gheddafi al proprio destino. In maniera ancora più miope di quanto non venne fatto nell’Iraq di Saddam e con risultati se possibile anche peggiori.

Gheddafi al contrario, che fa dire tramite interprete al telefono al suo interlocutore (che negli anni era diventato uno dei politici europei a lui più vicini, persino più di Berlusconi) di volere restare a combattere per il suo popolo contro i terroristi islamici, svela l’inedito profilo dell’eroe nazionalista che preferisce la morte alla comoda fuga all’estero offerta dal mediatore Blair. Il tempo ci ha messo poco a dimostrarsi galantuomo con Gheddafi: la Libia oggi è l’avamposto dell’Isis e come stato praticamente non esiste più. Inoltre l’Europa è diventata terra di jihad. Proprio come Gheddafi aveva detto a Blair in quelle due tragiche telefonate.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:04