L’Europa necessita   di centro politico

Quante volte l’ho detto? Quante l’ho scritto? Ho scritto tre libri, “Made in Europe”, “The wrong Europe” ed “Europa liberale” per dirlo. Come la mettiamo adesso che lo dice anche il santificato Mario Draghi a capo della Banca centrale europea? Bene, l’ha finalmente detto. In realtà Draghi non avrebbe neanche dovuto dirlo, almeno ufficialmente, perché non rientra tra le sue competenze di presidente della Bce, ma in questo caos totale che è divenuta l’Europa tedesca sotto Angela Merkel, un vero disastro politico, sociale, istituzionale ed umano, passi che lo dica, alla disperata, anche Draghi. L’altro giorno lo stesso Draghi ha affermato infatti che è necessario riscrivere i Trattati europei e che “serve un ministero del tesoro dell’Eurozona, l’Unione richiede un centro politico”. Il numero uno della Bce ha sostenuto la necessità che l’unione economica e monetaria completi l’integrazione, passando “da un sistema basato sul coordinamento fondato sulle regole alla condivisione di sovranità in istituzioni comuni”. Tra queste istituzioni c’è la proposta di una sorta di ministero del Tesoro della zona euro.

“Queste idee ora devono essere spiegate chiaramente”. L’appello di Draghi è stato quello di muoversi in tale direzione, verso il centro politico. Uno dei problemi principali emersi durante la crisi, ha aggiunto Draghi nel corso dell’audizione all’Europarlamento, “è che l’unione monetaria richiede un centro politico che possa prendere decisioni rilevanti sui bilanci, sull’economia e sulle questioni finanziarie in modo trasparente e con piena legittimazione democratica”.

Si è poi occupato dell’inflazione per la quale ha detto ci vorrà più tempo perché si riprenda e arrivi a vicino il 2 per cento, che è poi il compito che ha la Bce in Europa. Draghi ha affermato che “sarà necessario un po’ più tempo del previsto affinché il tasso di inflazione converga e si stabilizzi attorno ai livelli che consideriamo sufficientemente vicini al 2 per cento”. Draghi ha confermato poi che oggi “il tasso di inflazione rimane vicino a quota zero nel brevissimo termine prima di risalire di nuovo verso la fine dell’anno”. E mentre Draghi riferisce su ciò che si deve e che si dovrà necessariamente fare in Europa, ecco la Merkel che, con lo scandalo Volkswagen con cui ha distorto il mercato, e non solo quello tedesco ma europeo ed internazionale globale, truffando i consumatori, prova a dire di non avere saputo, cosa che a maggior ragione giustifica la sua cacciata all’istante, dall’Europa. La storia è spiritosa e si diverte. C’è sempre un particolare che sfugge, prima non visto né considerato, poi subito dopo resosi fondamentale nel far prendere la direzione in un dato modo, spesso diametralmente opposto. Ecco difatti lo scandalo Volkswagen, era solo questione di tempo. L’“imbeccata” sulla Volkswagen viene dagli Stati Uniti, è lì che hanno “scoperto” il meccanismo truffaldino, non è detto quindi che la storia non sia stata esortata nella direzione che va prendendo oggi. È la fine di questa Europa tedesca. La fine di questa Europa sotto una caterva tragica di migranti non gestiti, nell’incapacità generale dell’istituzione mal interpretata e artatamente distorta da una quindicina d’anni.

E mentre la sinistra di Renzi, Letta e Monti al potere rubato con l’imbroglio mai eletti in Italia con la stolta “strategia” di Napolitano fa affondare il nostro Paese, o meglio ciò che ne resta, è invece interessante guardare al fronte internazionale perché è da lì che verranno la maggior parte delle “soluzioni”. Non si può non rilevare il nesso che intercorre tra il generale anti-Isis di Obama, John Allen, il quale ha lasciato l’incarico di coordinare le operazioni in Medio Oriente contro l’Isis, ed il leader cinese Xi Jinping che è corso a stringere la mano di Barack Obama, non certo per educazione o cortesia.

Gli Usa infatti sono i primi clienti dell’export cinese e i cinesi sono primi acquirenti e detentori del debito Usa. Tra Obama e Xi Jinping c’è una relazione da riesaminare non solo perché gli Stati Uniti hanno bisogno di tutti gli aiuti possibili per venire a capo dell’Isis, ma economicamente. Mentre il Papa cioè entra negli Stati Uniti da Cuba, il presidente cinese Xi Jinping vi atterra per parlare all’Assemblea generale dell’Onu. Con il leader cinese viaggiano direttori d’azienda tra i più importanti della Cina, con una capitalizzazione di mercato che è stata calcolata a 1000 miliardi di dollari Usa. Ufficialmente la conferenza stampa congiunta Obama/Xi Jinping prevede la stipula di un patto di non cyber-aggressione, insomma qualcosa sulle nuove tecnologie, nei fatti c’è il rapporto comune, il coordinamento della strategia contro l’Isis ed il mantenimento ed implementamento dell’equilibrio economico mondiale. I due Paesi sono avversari strategici, e gli Usa appoggiano sistematicamente i Paesi che dal Giappone al Vietnam si oppongono all’espansionismo marittimo cinese, mentre la Cina, che per converso appoggia tutti i Paesi che dal Venezuela alla Russia si trovano in posizione conflittuale con Washington, tende a conquistare spazi.

La Cina, dopo gli scivoloni in Borsa e il rallentamento della crescita, ha deciso anche di fare riprendere l’ economia provando a fare entrare capitali privati nelle imprese di Stato, progetto in cui i capitali statunitensi sono graditi.

Sul fronte russo, Putin sta tessendo una straordinaria tela strategica diplomatica. C’è difatti il recente accordo di cooperazione russo-israeliano per operare in Siria. Dall’asse con Assad all’intesa con l’Iran, Putin sta isolando politicamente Obama, facendo ridere dietro all’Europa della Merkel delle sanzioni ucraine. Putin “gioca” per la Russia un ruolo da protagonista in Siria; incontrando il premier israeliano Netanyahu, Putin sta infatti prendendo possesso dello spazio geopolitico nello scacchiere mediorientale confinando ai margini Obama. Spalleggia Assad, tesse legami con l’Iran, stipula alleanze con Israele.

Solo l’altro giorno Putin e Netanyahu hanno raggiunto un accordo per un “meccanismo di prevenzione dei conflitti tra i due paesi in Siria”, vale a dire che i due si coordineranno prima di eventuali azioni militari in territorio siriano. E telefona, mantiene ed allaccia relazioni con gli Usa, con conversazioni telefoniche che hanno ad oggetto il fatto che i due Paesi devono cooperare per risolvere il caos in cui si trova la Siria. Non è ancora chiaro come lo faranno, ma è già molto, e molto significativo, che la Russia riapra un canale diplomatico con gli Usa dopo la crisi in Crimea.

L’Europa tedesca della Merkel rimane in soffitta, non sta neanche ai margini della politica internazionale. Nemmeno questo. Meno che mai l’Italia di Napolitano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:08