L’Arabia integralista vigilerà sui nostri diritti umani

Quanto l’Onu sia lontano dalla realtà è presto detto con l’ultima sua follia fuori dal mondo: sta assegnando la presidenza del Consiglio Onu per i diritti umani, che scadrà alla fine del 2015, all’Arabia Saudita. In pratica l’Arabia Saudita, ultima in tutte le classifiche sulla tutela dei diritti umani, vigilerà sui diritti umani!

In Arabia Saudita, solo nei primi cinque mesi del 2015, ci sono state novanta condanne a morte, per non parlare della battaglia che l’Arabia Saudita fa contro le donne che vogliono guidare, e le agguerrite persecuzioni delle minoranze. In questo momento ci sono due donne recluse in galera da mesi accusate di terrorismo perché guidavano.

C’è stata una Ong che si occupa di monitorare le attività del consiglio dell’Onu che ha provato a lanciare l’allarme chiedendo alla Mogherini in qualità di “Alto rappresentate dell’Unione per la politica estera” e all’ambasciatrice Usa all’Onu, Samantha Power, di “denunciare quest’atto di cinismo che consegnerebbe la commissione ad un Paese che taglia le teste in piazza e segrega le donne”, ma ovviamente le due se ne sono fregate. Per dire bene come stanno andando le cose, un rapporto delle Nazioni Unite del 17 settembre scorso ha riferito che l’inviato saudita al Consiglio dei diritti umani Faisal Trad, è stato scelto per presiedere la presentazione delle nomine che avverrà adesso durante la trentesima sezione del Consiglio. Faisal Trad era stato eletto già a giugno 2015, ma i diplomatici avevano scelto di non dichiarare che la nomina era avvenuta, per nasconderlo, per vergogna. La situazione dei diritti umani in Arabia Saudita è unanimemente considerata distante anni luce da ogni standard occidentale. Difatti sotto il comando autoritario della dinastia saudita è stata fatta rispettare rigorosamente la legge della dottrina wahabita che altro non è che l’interpretazione fondamentalista del Corano. La maggior parte delle libertà fondamentali della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non esistono. Esistono invece e sono applicate spesso la pena di morte e numerose altre pene senza alcun processo. L’Arabia Saudita opprime le minoranze religiose e politiche, è per la tortura dei prigionieri e contro gli stranieri, le donne e gli omosessuali. Nonostante le maggiori organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch denuncino ripetutamente la condizione indecente dei diritti umani in Arabia Saudita, questa nega ufficialmente che le violazioni avvengano. L’Arabia Saudita è impone punizioni corporali, inclusa l’amputazione delle mani e dei piedi per i ladri e la fustigazione per crimini come la "cattiva condotta sessuale" e l’ubriachezza. Il numero di frustate non è chiaramente previsto dalla legge e varia a discrezione del giudice, da alcune dozzine a parecchie migliaia, inflitte generalmente lungo un periodo di settimane o di mesi. La persona che dà le frustate deve tenere un Corano sotto l’ascella del braccio con cui utilizza la frusta, in modo da limitare la potenza del colpo. L’Arabia Saudita è anche uno dei paesi in cui si applica la pena di morte, incluse le esecuzioni pubbliche effettuate tramite decapitazione. Alcune persone sono giustiziate in prigione tramite fucilazione e ci sono state notizie di lapidazioni e crocifissioni.

L’organizzazione Human Rights Watch ha riportato di recente il caso di un uomo che è stato giustiziato dopo la condanna per stregoneria contro il suo datore di lavoro. L’organizzazione ha concluso che il sistema legislativo saudita “non dà le garanzie minime nei processi dando invece la possibilità a individui potenti di maneggiare il sistema a loro vantaggio”. Il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha duramente criticato l’Arabia Saudita per le amputazioni e le fustigazioni che effettua per la sua interpretazione del Corano, e la delegazione saudita ha risposto che difende così la “tradizione legale” tenuta fin dall’inizio dell’Islam 1400 anni fa, a rifiutando l’interferenza all’interno del proprio “ sistema legislativo”. Le donne saudite subiscono tragiche discriminazioni in molti aspetti della loro vita, in famiglia, nell’educazione, nell’occupazione e per il sistema “giudiziario”. Sulle strade pubbliche alle donne non è permesso di portare una bicicletta, è proibita loro la guida di autoveicoli. La polizia religiosa fa rispettare la “modestia” del vestito e chiede alle donne delle Forze armate americane di rivedere la propria acconciatura. Le donne non possono avere accesso ad alcune cariche, come quella di ministro degli esteri, né lavorare nel settore petrolifero.Possono studiare, dalla scuola primaria fino all’università in istituti separati rispetto ai maschi.

Le nazioni della penisola araba sono state le ultime a dichiarare fuorilegge la schiavitù. Nonostante questa proibizione formale, persistono tuttavia casi di schiavitù e di traffico di esseri umani.

L’Arabia Saudita è stata descritta dal Dipartimento di Stato degli Usa come il terzo Paese con più traffico di esseri umani. Si tratta di “Paesi in cui i governi non aderiscono completamente agli standard minimi e non fanno neppure significanti sforzi per ciò”. Tutta l’attività sessuale fuori dal matrimonio eterosessuale è illegale. La punizione per l’omosessualità, il travestimento da donna o il coinvolgimento in qualche cosa che faccia pensare all’esistenza di una comunità gay organizzata, varia dall’imprigionamento, alla deportazione per gli stranieri, alle frustate e all’esecuzione. La libertà di parola e di stampa è limitata per proibire la critica al governo o l’approvazione dei valori “non-islamici”. Il governo vieta ufficialmente la televisione satellitare. Sindacati commerciali e organizzazioni politiche sono proibiti. Le dimostrazioni pubbliche sono vietate. L’Arabia Saudita proibisce il lavoro di missionari di tutte le religioni che non siano dell’Islam. Ufficialmente tutte le religioni tranne l’Islam sono vietate e le chiese proibite. Il governo può cercare nelle case di chiunque e arrestare o deportare i lavoratori stranieri che possiedano icone o simboli religiosi, come ad esempio la Bibbia o il rosario. Il governo dice di tollerare la presenza degli operai cristiani finché rimane “discreta e occulta”. "La libertà religiosa non esiste", ha dichiarato il Dipartimento di Stato degli Usa in un suo rapporto sui diritti umani nell’Arabia Saudita. "L’Islam è la religione ufficiale e tutti i cittadini devono essere musulmani. Il governo proibisce la pratica pubblica di altre religioni". Gli stranieri in pubblico devono conformarsi alle pratiche locali, quale è ad esempio la preghiera cinque volte al giorno pur rimanendo le pratiche musulmane non obbligatorie. Il vestito nero a copertura totale è previsto come obbligatorio per le donne che viaggiano. I negozi e i ristoranti chiudono cinque volte al giorno per la preghiera e le esposizioni pubbliche dei simboli religiosi o politici stranieri non è tollerata. Durante il Ramadan, mangiare, bere o fumare in pubblico durante le ore diurne è proibito. Alle scuole straniere è richiesto di insegnare un segmento introduttivo annuale sull’Islam. Questo è il Paese che l’Onu eleggerà perché vigili sui diritti umani fondamentali di noi tutti.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:34