Benedetto Croce sosteneva che “la storia si scrive del positivo e non del negativo, di quel che l’uomo fa e non di quello che patisce”, una sorta di valenza positiva- evolutiva, progressista della storia la quale, sì, è correlata di negativo ma che, per evolvere ed essere, fa presa sulla somma di quanto vi è di positivo dell’azione dell’uomo. Le civiltà dei popoli sarebbero cioè state esposte ad instabilità e problematicità, a perenni involuzione, decadenza e tramonto ma, nonostante tutto, e grazie ad uno “sforzo” che il grande europeista liberale definiva comunque “penoso”, si può “puntare” ad una visione della civiltà umana in progress.
Come ben spiegato dall’ambasciatore Sergio Romano nel suo ultimo libro “In lode della guerra fredda” la storia è lontana dall’essere - come ha ipotizzato Francis Fukuyama - alla “fine”, quanto piuttosto ad un bivio e sua evoluzione, al passaggio necessario dal vecchio ordine internazionale ad uno diverso e nuovo.
Costituisce un dato di fatto che dalla guerra fredda è scaturito, paradossalmente o meno, un equilibrio di pace mondiale, di cosiddetta pace “fredda”, temporanea. Per mezzo secolo è stato difatti conveniente agli Stati Uniti e all’ Unione sovietica il mantenimento dello status quo, avendo così tenuto lontana l’Europa dalla rottura dell’equilibrio stesso, siglato a Yalta alla fine della seconda guerra mondiale. E ciò anche quando, all’interno dell’Europa, in taluni Paesi sotto il dominio sovietico, sono stati tacitati tensioni e disordini in cui peraltro l’Occidente si è astenuto dal mettere bocca, come è accaduto in Austria, a Berlino, a Budapest e a Praga; e anche quando nel mentre, fuori dall’Europa, sono imperversate guerre in Corea e in Vietnam, o quando a Cuba gli Stati Uniti sono addivenuti ad un accordo realistico, incombente la crisi.
Con la fine del sistema sovietico è saltato quell’equilibrio bipolare segnato dal patto implicito e tacito di evitare lo scontro nucleare pena conseguenze disastrose per tutti, aprendosi i conflitti nell’est europeo, la disintegrazione della Jugoslavia e le guerre e gli scontri tra gli islamici ai confini Occidente-Oriente e conseguente assedio alle comunità cristiane. La fine del vecchio ordine mondiale ha visto gli Stati Uniti allargare la Nato quando lo stesso patto militare perdeva senso e ragione d’essere, rispondere alla strage dell’11 settembre 2001 con la guerra in Iraq ed il Patriot Act di George Bush, e sono recenti i discussi negoziati con l’Iran e la riapertura del rapporto con Cuba. Con l’Isis ed il terrorismo islamico, insieme alla instabilità degli Stati ad alto tasso terroristico come la Somalia, la Siria e la Libia, si ripropone oggi con urgenza la questione dell’assetto dell’ordine mondiale, “scaduto” quello perduto.
L’Europa dell’Unione avrebbe potuto avere in teoria voce, si pensi ad est con la Russia e a sud, nel Mediterraneo, con gli Stati arabi dell’Africa e in Medio Oriente, ma si è di fatto dilaniata da sola e resasi mezza potenza, priva di fiato per le crisi. L’equilibrio mondiale che si creerà sarà necessariamente multipolare e non certo più bipolare, e va ad essere squisitamente economico. Si pensi alla decisione della Banca della Cina con cui lo scorso agosto 2015 è stato abbassato il tasso di cambio del renmimbi dell’1,9 per cento provocando di fatto uno shock nell’intero globo terrestre e reso evidente come la politica monetaria rappresenti oggi il tassello intorno cui si organizza il nuovo ordine mondiale. O alla pressione di Obama sull’Europa tedesca ad evitare fuoriuscite dall’euro, specificamente Grexit, per potere continuare a contare su due monete – dollaro ed euro – per fronteggiare eventuali minacce. Stanti gli scontri tra le civiltà occidentale ed islamica, fondamentalismo islamico e ottimismo progressista, immigrazione incontrollata e sistemi tecnologici e di comunicazione inarrestabili, il nuovo equilibrio non guarderà troppo per il sottile, prescindendo dal sistema democratico alla occidentale, delle società europee e si concentrerà e farà perno sulla politica economica in generale da cui dipenderà il potere politico, di qualsiasi impronta esso sia. Si pensi anche solo al documento del Comitato centrale del partito comunista cinese di Xi Jinping che elenca tra le false ideologie , specificamente la democrazia costituzionale, i valori universali quali sono i diritti umani, la società civile, il neoliberalismo economico ed il nichilismo storico. Le stesse discipline economiche occidentali risultano essere tuttora inadatte a leggere la politica monetaria cinese, così come è stata attuata oggi.
Quanto l’Italia e l’Europa siano impantanate nella non – storia, perdendo di vista la realtà effettuale, è dimostrato dalla regressione in corso e dal vero e proprio attacco ed atto di accusa cui sono stati sottoposti liberalismo e capitalismo, fondamento delle libertà e del benessere di cui ha potuto godere l’umanità occidentale dalla fine del settecento. Comunismo, collettivismo e comunitarismo sono stati dappertutto smentiti, condannati e sconfitti dalle “dure repliche della storia”, ma pretendono di avere il sopravvento sull’individualismo liberale, negandone attualità e vitalità. Il disastro è in piena deflagrazione da noi, in Italia, non a caso il Paese che ha coltivato stoltamente il comunismo occidentale fino alla sua dissoluzione, oltre che il Paese più “tardo” nella assunzione dell’approccio empirico di matrice anglosassone. L’Italia è il Paese cioè in cui non si è sviluppata la cultura liberale e che ha peraltro anche assorbito l’influenza nefasta della controcultura cattolica, priva financo di quel contributo individuale del protestantesimo alla politica liberale diffidente di ogni autorità costituita, Chiesa e/o Stato che sia. Il liberalismo funziona nei Paesi anglosassoni, “empirici” e fondantisi sulla realtà della storia, sulla realtà effettuale, generando autonomia e libertà, e rendendo così padroni e non sudditi nella costruzione del nuovo ordine globale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:09