L’Ecuador è un piccolo, grande Paese che, dal 2007, sta avanzando sotto il profilo socioeconomico grazie all’avvento del primo presidente autenticamente democratico ed inclusivo che l’Ecuador abbia mai conosciuto, ovvero l’economista Rafael Correa con il suo movimento Alianza País (Patria Altiva i Soberana - www.alianzapais.com.ec), il quale ha avviato una vera e propria rivoluzione civile, la cosiddetta Revolución Ciudadana.
Una rivoluzione democratica e civile che ha portato il Paese a rinegoziare il debito, a ridurre l’influenza straniera (in particolare dei rapaci Usa), a ridurre la povertà, l’analfabetismo ed a permettere l’inclusione dei cittadini nella vita politica. Di tutto questo e di molto altro si è parlato nel “Primer Taller de Verano – Buen Vivir y Revolución Ciudadana”, organizzato a Roma nei giorni scorsi presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi Roma Tre, in collaborazione con l’Ambasciata dell’Ecuador in Italia ed il ministero ecuadoriano degli Affari Esteri e della Mobilità.
Un workshop al quale io stesso ho partecipato e che ha visto come relatori, fra gli altri, l’Ambasciatore della Repubblica dell’Ecuador in Italia, Juan Fernando Holguín Flores; la dottoressa Federica Zaccagnini; il professor Salvatore Monni e molti altri. Si è parlato del Buen Vivir equadoriano, ovvero il nuovo modello di sviluppo ispirato al “buon vivere” tipico dei popoli andini indigeni. Un modello che pone al centro del progetto politico-economico l’essere umano, anziché inseguire modelli edonisti che producono ricchezza effimera o comunque detenuta nelle mani di pochi. L’Ecuador, come gli altri Paesi dell’America Latina, proviene da secoli di sfruttamento coloniale, da successive dittature militari, da pseudo-democrazie autoritarie che hanno distrutto l’economia del Paese e creato fortissimi squilibri e disparità sociali.
Con l’avvento del cosiddetto Socialismo del ventunesimo secolo - un’alternativa sia al socialismo reale novecentesco che al liberalismo - al quale si è ispirato Rafael Correa, anche l’Ecuador, come già avvenuto per il Venezuela di Chavez, per l’Argentina della de Kirchner e per la Bolivia di Morales (e successivamente l’Uruguay di Mujica), iniziò a cambiare marcia. Iniziò così ad attuare finalmente politiche alternative alla corruzione dilagante, politiche di rinnovata ricerca della sovranità nazionale, di inclusione sociale e di lotta alla povertà ed all’analfabetismo, oltre che politiche di inclusione dei cittadini nel processo politico.
Un nuovo modello, dunque, che potrebbe essere di assoluta ispirazione per un’Europa nella quale è completamente fallito sia il modello liberal-democratico che social-burocratico. Un’Europa che per secoli ha sfruttato il Terzo Mondo e che ne ha ancora per molti versi paura. Un’Europa che conosce benissimo quella che io definisco la “società del piacere” effimero, dell’edonismo egoista, della dittatura del denaro, ma che non conosce un’alternativa possibile, quella che nell’ambito del movimento “Amore e Libertà” (www.amoreeliberta.altervista.org – www.amoreeliberta.blogspot.it) ho definito “Civiltà dell’Amore” e di cui parlo nel mio ultimo saggio socio-politico. Una Civiltà dell’Amore che è totalmente in linea con la Revolución Ciudadana di Correa e degli altri leader dell’America Latina che hanno avviato questo processo. Un processo che ricerca – forse per la prima volta nella Storia – un modello di sviluppo nel quale la popolazione, le persone economicamente più disagiate in particolare, sono poste al centro della visione politica.
Purtuttavia, l’Ecuador del presidente Correa, così come altre realtà affini e che abbiamo già sopra citato, sono sempre a rischio di colpo di Stato da parte dell’opposizione, appoggiata molto spesso da nazioni straniere che hanno tutto l’interesse nel far prevalere interessi particolari e tutt’altro che popolari. La Revolución Ciudadana, la rivoluzione civica ecuadoriana è ad ogni modo avviata e merita di essere conosciuta e diffusa in tutto l’Occidente cosiddetto “democratico”. Perché mai come in questo preciso momento storico necessitiamo di una seria rivoluzione civica sul modello del “Buen Vivir”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:04