Un grand Bargain per la nuova Europa

Sembra che ci terremo la Grecia in Europa. Tappa un buco di qui e tappa un buco di là, questa Europa naviga a vista. L’Europa “altra” dovrebbe invece ragionare – e avrebbe già dovuto farlo – intorno ad una possibile strategia, in prospettiva. Nelle condizioni attuali, in Europa, non si può fare finta che non sia necessario rinegoziare la partecipazione all’euro e il debito costantemente sotto stress speculativo.

Con visione si dovrebbe guardare in faccia lo tsunami politico generato dalla nuova crisi greca e convogliarne gli esiti dando sbocco ad una negoziazione e nuova “contrattualizzazione” dell’Unione europea. La Grecia ha avanzato sugli inizi una proposta di una conferenza europea sul debito, ma sia la Bce che la Commissione europea stanno tuttora facendo orecchie da mercante. Al contrario ci vogliono nuove soluzioni condivise e valide per tutti - erga omnes -, per correggere quella che da “zoppìa” è diventato il disastro attuale dell’architettura istituzionale dell’euro. Giungere, come sta succedendo per ora, ad un mero accordo tra l’Europa a trazione tedesca (in Europa fa tutto la Merkel; la Germania si è arrogata il potere di fare tutto a nome di tutti gli Stati membri, ingiustificatamente) e la Grecia non è un fatto positivo perché il problema vero non è chi “vince” questa manche della nuova crisi, ma concepire soluzioni efficienti e valide per tutti, Italia innanzitutto.

Occorre che dall’Unione politica si riveda lo statuto stesso della Banca centrale europea prevedendone sì la possibilità della espansione monetaria, ma collegando gli acquisti di titoli cui sta procedendo alla realizzazione di un più corposo e realistico piano Juncker di investimenti europei. Si deve, ad esempio, ricontrattare il pareggio di bilancio con la condivisione dei debiti pubblici in eccesso al sessanta per cento. L’attuale accordo della Germania europea con la Grecia, appare chiaramente un’ennesima concessione, sia esso uno strappo o un adattamento, mentre un accordo coinvolgente tutti gli Stati membri a livello europeo non potrà essere vissuto come una concessione a questo o a quel Paese, debole o in crisi, ma comune, europeo, e ciò perché i “dividendi” della ripresa avvantaggerebbero ciascuno e tutti.

La Grecia andrà a parlare alla Russia il 9 maggio prossimo, data della celebrazione della vittoria della Russia sulla Germania, cui la Grecia ha chiesto i danni di guerra, settanta anni dopo. La Grecia è insolvente con l’Europa e la Russia non avrebbe problemi a rifornirla di quanto necessita. C’è anche la Cina, che ha già in corso trattative con la Grecia per l’acquisto del porto del Pireo. L’Ocse ha suggerito alla Grecia un piano alternativo a quello imposto dall’Europa tedesca. La Germania ripete che non c’è bisogno di nuovi accordi in Europa, la Grecia avanza le medesime irricevibili richieste. Gli Stati Uniti vogliono, da parte loro, una soluzione europea veloce del caso greca, per evitare che questa penda verso la Russia con cui si sono a fatica raggiunti fragili punti di incontro sulla questione ucraina che coinvolge i rapporti stessi tra Occidente e Russia.

La Grecia non vuole pagare quanto deve all’Europa dovendo restituire già più di seicento euro a ciascun italiano, neonati compresi, e ha chiesto altri soldi degli europei, provando anche a coinvolgere, nello scenario peggiore, l’Italia, tentando cioè di cumularla al proprio ricatto, senza successo. In Europa l’Irlanda e il Portogallo, e i Paesi che hanno asseverato l’austerità europea tedesca, sono contrari a fare sconti alla Grecia, dato che loro stessi non ne hanno avuti. In Europa si è abbastanza sicuri del fatto che si raggiungerà un accordo, in forma di adeguamento o qualcos’altro, stanti le incertezze conseguenti a un eventuale tracollo dell’euro post default della Grecia. In tal senso si pone l’aumento da parte della Bce, dai 59,5 precedenti a 65 miliardi, delle disponibilità di liquidità a favore della Grecia, senza i quali sarebbero “saltati” gli stipendi greci per 3 miliardi.

Sul rispetto delle obbligazioni da parte della Grecia si sta oggi “baccagliando” mentre i capi di Stato e di governo si sono detti finora contrari ad un allargamento dei “cordoni della borsa” europea. Questo è il momento non solo di ricontrattare l’Unione nella direzione politica ma anche della apertura politica europea alla proposta, già formulata nel 2014, dalla Russia di Putin intorno alla possibilità di definizione di un’area economica comune, eurasiatica.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00