Charlie Hebdo: dolore  e gusto del macabro

Dolore, gusto del macabro, un po’ di riflessione fallaciana e tanta autoironia francese sul “siamo tutti Charlie”. Il numero in edicola oggi di “Charlie Ebdo” fa sorridere molto amaro. E non poteva non essere così. A cominciare dalla copertina dove campeggia la solita icona di Maometto che piange e che tiene in mano un cartello con su scritto “Je suis Charlie”. Sopra il titolo si dice che “Tout est pardonnè”.

Come a prendere per i fondelli il buonismo che continua a non vedere il problema Islam illudendosi che quelli come i Kouachi o i Coulibaly siano solo dei fratelli che sbagliano.

La pagina seguente vede una vignetta intitolata “Yalta au Vatican” in cui un imam, il Papa e un rabbino ipotizzano la spartizione del mondo mentre dietro ci sta un leader buddista con codino che li guarda esterrefatti sentendosi escluso.

L’editoriale portante delle pagine due e tre, ma ce ne sono molti altri interessanti lungo le sedici pagine che compongono questa edizione speciale (in Italia distribuita insieme al “Fatto quotidiano”) prevedibilmente tutta esaurita in edicola, si intitola significativamente “Est ce qu’il y aura encore des oui mais?”, cioè ci saranno ancora dei “sì ma..”?

E purtroppo la domanda stessa è retorica: già ci sono stati. Quando si fanno vignette sull’islam e si mette in dubbio che si tratti di una religione di pace il minimo che succede nei salotti francesi come in quelli italiani è di essere tacciati come provocatori. E come tali di essersela cercata.

E i progressisti sembrano far finta di non capire che è uguale a quando si dice a una ragazza in minigonna di essersi meritata uno stupro.

E infatti l’editoriale in questione che ironizza sul fatto che la strage abbia compiuto il miracolo di fare suonare a favore dei disegnatori anarchici trucidati dai terroristi che uccidono in nome di Allah “persino le campane di Notre Dame”, si chiede ironizzando sulla presenza di così tanti nuovi amici che prima non c’erano e che forse scompariranno strada facendo se per caso questa non sarà la volta buona in cui si finirà “di inventare involute circonlocuzioni semantiche per qualificare in maniera parallela gli assassini e le vittime..”

Un discorso alla Fallaci, Tutto sommato. Che se fosse viva avrebbe ben diritto, più di tanti impresentabili affossatori delle libertà di espressione che hanno marciato in prima fila con Hollande domenica, a dire “je suis Charlie”. Con o senza hashtag.

In questo editoriale rubricato come “L’apero’”, l’aperitivo, e firmato da Gerard Biard, si aggiunge anche che “in questi anni ci siamo sentiti un po’ soli nel tentativo di ribattere a colpi di matita alle accuse di islamofobia, razzismo, cristiano fobia, ve la siete cercata ecc..”

Da questo punto di vista il numero “obituary” della rivista satirica che adesso manderà in edicola la prossima edizione il 28 gennaio, fra due settimane, e che magari avrà meno problemi economici che in passato, visto il generoso finanziamento da un milione di euro concesso dal governo, ricomincia da dove era stata interrotta dalla strage terroristica.

C’è anche una vignetta macabra intitolata “Premier bilan de jours d’apres”, divisa come ogni bilancio in più e meno in cui, alla fine della strip, al direttore trucidato Charb viene detto “lo stato francese ha sbloccato un milione di euro per la rivista”, e la cosa viene classificata all’attivo, mentre al passivo si vede il corpo stramazzato dello stesso direttore nella casella accanto.

C’è poi un titolo “Dimanche 11 janvier 2015, Plus de monde pour Charlie que pour la messe” dal sapore amaramente auto ironico, sempre a proposito dei tanti “nuovi amici”, non tutti considerati sinceri.

E infine, ma non da ultimo, non poteva mancare la vignetta macabro irridente in ultima pagina in cui si vedono i due attentatori saliti al cielo islamico con tanto di alucce e kalashnikov chiedersi smarriti dove siano le famose 72 vergini. E l’entità suprema rispondere come voce fuori campo: “se la stanno spassando con l’equipe di Charlie”.

Insomma, per quanto possa essere difficile fare satira su un evento così tragico, i sopravvissuti di “Charlie Ebdo” ci sono riusciti benissimo senza cadere nella retorica, nel buonismo e senza cedere alla tentazione di mettersi a strologare sociologicamente, Boldrini style, sull’islam buono e su quello cattivo.

Per i disegnatori superstiti pare di capire vale invece il famoso assunto che se “non tutti gli islamici sono terroristi”, di fatto “tutti i terroristi sono islamici”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:08