L’Iran aggira le sanzioni

Pochi giorni fa l’ultimo allarmato articolo sul quotidiano saudita stampato a Londra, Al shark al awsat, e posseduto da un magnate più o meno liberale: il traffico d’oro tra Turchia e Iran, via Dubai, per triangolare il pagamento del gas di Teheran ad Ankara, sta alterando i valori del mercato. E gli Stati Uniti non staranno più a lungo a guardare e a fare finta di niente. Il meccanismo di base che sta andando avanti da almeno due anni è semplice: la Turchia ha bisogno di gas e se ne frega dell’embargo comprandolo dall’Iran. Però non può pagare in euro o dollari perché l’Onu proibisce alle banche le transazioni. Ergo? Gli iraniani accettano le lire turche ma in cambio pretendono che, in campo neutro, i turchi vendano il proprio oro in cambio di esse.

Il campo neutro è il Dubai dove l’oro, comprato da agenti dei servizi segreti iraniani con le lire turche (con cui è stato pagato il gas iraniano direttamente per conto del governo di Teheran) lo possono convertire in valuta pregiata, possibilmente differenziata. Oppure tramite spalloni di lusso si riportano direttamente l’oro turco in lingotti, che è uno dei più pregiati nel post lavorazione, in Iran. Questo sta alterando il prezzo dell’oro che quasi tutte le banche danno in crescita fino a 2 mila dollari l’oncia entro il 2013 ma che attualmente sta subendo una flessione, a quota 1650 dollari l’oncia, dopo l’impennata di fine 2012 in cui aveva toccato i 1800 dollari. Nei primi 9 mesi dell’anno in corso il deflusso d’oro dalla Turchia ha battuto il record ed è arrivato a 10,7 miliardi di dollari. 6,4 miliardi di dollari in oro sono stati mandati nell’Iran.

Nel bilancio energetico turco la quota del gas iraniano sale al 18%. L’Iran, che rappresenta uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio e gas, è da tempo sottoposto a pesanti sanzioni, a seguito delle controversie sul suo programma nucleare, che alcuni Paesi occidentali, Usa e Israele in testa, ritengono nasconda finalità belliche. Queste sanzioni, che l’UE ha rafforzato unilateralmente, danneggiano certamente l’economia iraniana (che dipende per l’80% dalle esportazioni di idrocarburi) ma colpiscono inevitabilmente anche quei Paesi che, come il nostro, dipendono in parte più o meno significativa dal petrolio e dal gas iraniani. E la Turchia, Paese in rapido sviluppo industriale, che attualmente importa dall’Iran il 18% del fabbisogno di gas e il 51% di petrolio necessario per i propri consumi privati e industriali, ha ritenuto di usare questi metodi un po’ sporchi per aggirare questi svantaggi. Nel corso dei primi mesi del 2012 la Turchia, come si diceva, ha venduto 6,4 miliardi di dollari di oro all’Iran. Per avere un’idea dell’exploit delle transazioni in oro tra i due Paesi, basti pensare che, nel corso di tutto il 2011, la cifra totale era stata di appena 54 milioni di euro.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:29