La Libia dà una lezione al Cio

La delegazione degli atleti della Libia del post Gheddafi sarebbe più che disponibile a osservare il tanto richiesto minuto di silenzio per commemorare la barbara uccisione degli 11 atleti israeliani avvenuta a Monaco il 5 settembre 1972 durante i giochi olimpici dell’epoca a opera di un commando di terroristi palestinesi di Settembre nero. È proprio “l’uomo che morde il cane” potrebbe osservare qualcuno. Di certo la Libia non finisce di stupire dopo essere anche stato l’unico paese del Maghreb a non avere fatto vincere un partito islamista nelle elezioni post rivoluzionarie.

Ma se le aperture più inattese ci vengono da Tripoli, il Comitato olimpico internazionale persevera invece nella propria “islamically correctness” e non sembra avere alcuna intenzione di esaudire la preghiera delle 11 vedove degli atleti israeliani che da 40 anni chiedono al Cio un gesto di coraggio. In extremis a Londra per ottenere un minuto di silenzio in onore dei mariti uccisi dai terroristi palestinesi di Settembre Nero sono persino venute Ankie Spitzer e Ilana Romano le vedove di due atleti israeliani vittima del massacro al Villaggio Olimpico di Monaco 1972 sono arrivate nella capitale britannica accusando il Cio di avere ceduto alle pressioni di nazioni arabe che si oppongono alla commemorazione. Ieri era invece giunto, del tutto inatteso, l’appello di Milad Agila, “team leader” della rappresentativa libica. Secondo Agila, «l’Olimpiade è la festa dei popoli e della pace.

Quindi noi del comitato olimpico della Libia siamo assolutamente favorevoli all’idea di fare un minuto di silenzio durante l’apertura per ricordare le vittime israeliane di Monaco ‘72...». Per chi non credesse ai propri occhi e alle proprie orecchie, il senso e la spiegazione di questa uscita sono nel seguito della dichiarazione: «Nello sport libico tutto è cambiato da quando non c’è più Gheddafi, con lui la situazione era orribile, ora le cose vanno molto meglio e ci sono idee differenti. Per questo siamo favorevoli anche all’idea del minuto di silenzio per Israele». Ieri, poi, era stata giornata di festa in casa libica: era stato appena rilasciato il presidente del comitato olimpico Ahmed Nabil al-Taher al-Alam, che era stato rapito da un gruppo che lo riteneva compromesso con il regime di Gheddafi. «Adesso è libero e domani arriverà qui a Londra - ha annunciato sempre il team leader della Libia - era stato rapito per una storia di stupide rivalità ma ora è tutto finito e c’è l’Olimpiade...».

Già e chissà che una lezione di civiltà alle tremebonde autorità del Cio e all’Europa non venga proprio dai comitati libici che per ora, insieme al Coni italiano, sono stati gli unici due enti sportivi a essersi dichiarati d’accordo sul minuto di silenzio per ricordare al mondo il sacrificio di Moshe Weinberg, Yossef Romano, Yossef Gutfreund, David Berger, Mark Slavin, Yaakov Springer, Zeev Friedman, Amitzur Shapira, Eliezer Halfin, Kahat Shor e André Spitzer. Certo la delegazione palestinese potrebbe provare qualche imbarazzo dopo avere letto negli anni scorsi che il finanziatore di quell’agguato vigliacco di “Settembre nero” fu proprio Abu Mazen, ma un minuto di silenzio non è solo un atto di accusa ma un gesto di amore per la memoria.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:42