Come sarà la seconda presidenza di Donald Trump? A farsi questa domanda sono in tanti, a cominciare dalle redazioni giornalistiche di tutto il mondo che da settimane offrono ai propri lettori le interpretazioni più disparate sul ritorno alla Casa Bianca del tycoon. Su quel che farà The Donald in questa storica seconda presidenza s’interrogano ovviamente pure le cancellerie dell’intero globo terracqueo, non da ultima la Segreteria di Stato vaticana, i cui più alti dirigenti – a cominciare dal cardinale Pietro Parolin che ne è a capo – non nascondono una certa preoccupazione, considerato il pregresso e a dir poco burrascoso rapporto tra il pontefice argentino e il rieletto presidente Usa. Che Jorge Bergoglio detesti Donald Trump (con cordiale ricambio del medesimo approccio) non è un segreto per nessuno, ma va specificato che il sentimento papale non è affatto connesso alla collocazione politica del presidente americano, ma piuttosto alle sue posizioni sui migranti, gli extracomunitari e, soprattutto, la visione del mondo che ha in mente. Papa Francesco, che è stato criticato più volte per le sue uscite filorusse e contro la guerra a priori, scatenando in più occasioni il disappunto di Volodymyr Zelensky, non ha ben chiaro quel che Trump vorrà fare per porre fine al conflitto tra Ucraina e Russia.
E questo, per un pontefice che ama stare al centro del proscenio, è quanto di più pruriginoso si possa immaginare tanto da innescare, nella ristrettissima cerchia di coloro che conoscono il temperamento del quasi nonagenario capo della Chiesa, una seria preoccupazione per le future mosse papali. Bergoglio, nonostante i reiterati fallimenti diplomatici intrapresi in questi tre anni di guerra, ha sempre sperato che la sua voce fosse presa in considerazione e proprio per questo anche con Joe Biden – che, va sottolineato, è stato il secondo presidente cattolico della storia americana dopo John Fitzgerald Kennedy – non ha avuto un rapporto idilliaco. Cosa si sarebbero detti l’ormai ex inquilino democratico della Casa Bianca e il Papa nel tanto atteso incontro di commiato previsto per la scorsa settimana e annullato a causa delle fiamme che hanno distrutto mezza Los Angeles è ormai qualcosa che non interessa più a nessuno. Adesso ci si concentra sulla nuova Amministrazione americana e in Segreteria di Stato la preoccupazione per le parole che potrà esprimere un pontefice da molti ritenuto ormai una “scheggia impazzita a causa dell’età” è più che palpabile.
I primi segnali che entrambi i protagonisti abbiano nuovamente messo in resta la lancia sono già ufficiali e riguardano l’apice delle relazioni diplomatiche tra i due stati, Santa Sede e Stati Uniti. Com’è noto, appena avuta la conferma ufficiale della sua strabordante rielezione, Donald Trump ha iniziato immediatamente lo spoils system per il ricambio totale delle cariche apicali dell’Amministrazione americana. È per questo motivo – la cosiddetta transizione – che i presidenti Usa vengono eletti a inizio novembre e s’insediano ufficialmente due mesi dopo. Una delle tante dimostrazioni pratiche che gli Stati Uniti sono la migliore democrazia del pianeta. Dopo aver indicato i nomi del suo nuovo Esecutivo, è stata la volta degli ambasciatori designati nelle maggiori capitali mondiali e presso le sedi diplomatiche più importanti. Tra queste ultime, la duplice rappresentanza romana: quella di Villa Taverna, dove risiederà il nuovo ambasciatore americano in Italia, il miliardario texano Tilman J. Fertitta, e quella dello splendido villino con vista Circo Massimo assegnata al rappresentante diplomatico americano presso la Santa Sede, per la quale The Donald ha scelto un vero e proprio antibergogliano fino al midollo: il presidente del Catholic Vote Brian Burch.
Burch, non ancora cinquantenne, non solo è uno degli esponenti cattolici repubblicani tra i più conservatori, ma è anche amico personale di monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti recentemente scomunicato dal Papa per le sue posizioni totalmente contrarie al pontificato bergogliano e per aver più volte definito Francesco un “antipapa messo lì dal nuovo ordine mondiale per distruggere la Chiesa cattolica”. La reazione del pontefice non si è fatta attendere e il 6 gennaio, nel giorno dell’Epifania solitamente dedicato alle preci e non alla politica, un bollettino della sala stampa vaticana ha annunciato la contromossa pontificia: cambio immediato al vertice della diocesi di Washington. Al posto dell’ormai settantasettenne cardinale afroamericano (molto amico di Barack e Michelle Obama) Wilton Daniel Gregory, il pontefice ha nominato nuovo titolare della sede arcivescovile della capitale degli Stati Uniti – che diventa quindi anche il nuovo primate d’America – l’ultra progressista cardinale Robert Walter McElroy, fino ad ora arcivescovo di San Diego. Lo spostamento del porporato da una costa all’altra degli Stati Uniti è un segno tangibile della guerra che, sottotraccia, Bergoglio ha dichiarato al nuovo presidente.
McElroy è infatti considerato uno degli esponenti più bergogliani dell’intero Sacro Collegio e certamente il più progressista del clero americano. Durante il suo mandato californiano ha più volte elevato la sua voce contro il muro tra Usa e Messico, definendolo “un’idiozia inutile e razzista” e a favore dell’Islam, considerata “una religione come la nostra, certamente non cattiva”, rifiutando categoricamente l’idea che quella confessione possa realmente arruolare assassini e genocidi di qualsiasi sorta. Inizia subito male, quindi, il rapporto diplomatico tra la Santa Sede e gli Stati Uniti del Trump II, con il presidente americano che ama profondamente l’Italia ma non il Papa che a Roma risiede, seppur in uno stato indipendente. In molti, considerati gli 88 anni di Bergoglio e la sua salute non esaltante, già si chiedono cosa potrebbe accadere se ci fosse un Conclave durante il secondo mandato di The Donald, come e se si muoverà l’inquilino della Casa Bianca in favore di un potenziale candidato alla tiara a lui gradito. Per questo è forse ancora troppo presto, ma c’è già chi ci pensa, sia a Roma che Oltreoceano.
Aggiornato il 20 gennaio 2025 alle ore 09:57