Baci, abbracci, mani protese sulle spalle e sulle braccia del pontefice hanno fatto rabbrividire i più sinceri e ortodossi esperti di cerimoniale e di etichetta. Qualcuno ha addirittura rischiato un collasso cardiocircolatorio. È però questa la scena che tutti noi abbiamo visto immortalare dalle cineprese di Vatican Media, in collegamento diretto con TF1 (l’equivalente francese di Rai 1), domenica sera, all’aeroporto Napoléon Bonaparte di Ajaccio, in Corsica. Papa Francesco si è recato lì per il suo 47mo viaggio apostolico fuori dai confini italiani per una giornata di ascolto e di visita in una di quelle “periferie” che tanto ama, disprezzando invece la gran pompa delle Capitali europee. Il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, non era stato invitato a partecipare agli incontri previsti dall’agenda papale, ma ha voluto comunque esserci, almeno per il commiato finale prima della ripartenza del pontefice alla volta di Roma. Nell’hangar del piccolo aeroporto isolano, si è quindi svolto il saluto formale di rito tra i due capi di Stato, con la consegna da parte di Macron di un bell’album fotografico della rinata Cattedrale di Notre-Dame (ci tornerò più avanti). Non pago, il presidente francese alle prese con la più deflagrante crisi politica d’Oltralpe degli ultimi decenni, ha voluto strafare accompagnando Francesco fin sotto la scaletta dell’aereo pronto a partire alla volta di Ciampino. Effusioni smodate e un volto, quello del Papa, evidentemente imbarazzato non tanto per l’evidente strappo al protocollo, piuttosto per l’individuo che si stava calorosamente stringendo alla sua Augusta persona.
Parliamoci chiaro: Francesco detesta Emmanuel Macron, e non lo ha mai nascosto. I motivi dell’astio papale nei confronti dell’inquilino dell’Eliseo sono molteplici, ma su tutti spiccano le affermazioni e le conseguenti azioni del presidente francese sull’immigrazione – tema risaputamente assai caro al pontefice – e la legge che vieta l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole primarie di Francia, con la contestuale eliminazione del crocifisso nelle aule. Proprio per questo, nonostante i numerosi inviti protocollati come d’uso diplomatico, il Papa argentino non ha mai voluto mettere piede a Parigi e tantomeno rendere a Macron l’onore di una visita di Stato. Quella di domenica non è stata la prima volta che Francesco ha messo piede su suolo francese, è infatti precedentemente accaduto sia nel 2014, quando il Papa si recò a Strasburgo per parlare di fronte al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria, sia nel 2023, quando Bergoglio prese parte all’ultima giornata dei Rencontres Méditerranéennes a Marsiglia, l’incontro di tutti i capi degli Stati che affacciano sul Mediterraneo riunitisi per parlare di tematiche come Clima, Sostenibilità e Immigrazione. In quell’occasione Macron fece il più assurdo e disgraziato scivolone diplomatico della storia recente. Non essendo previsto un bilaterale con il pontefice, anche quella volta il Presidente della Repubblica francese decise di andare a salutare il Papa prima della sua ripartenza per Roma e l’incontro fu fissato in un salottino approntato alla bene e meglio nei corridoi del padiglione dove si svolgeva l’assise mediterranea. Il Papa, puntuale come sempre, dovette attendere per ben 20 minuti prima che Macron si palesasse. Il disappunto papale è ancora un fervido ricordo dei reporters che assistettero a quel clamoroso autogol del presidente francese: Bergoglio, indispettito, sbuffò numerose volte, controllando vistosamente e a favor di obiettivi il proprio orologio da polso. Un episodio mai visto prima che fece storcere il naso anche ai meno esasperati dal protocollo di Stato vaticano. Quando tre mesi fa è arrivato sul tavolo del Papa l’invito formale all’inaugurazione della restaurata (in tempi da record) Cattedrale di Notre-Dame, Bergoglio ha fatto spallucce, riservandosi di accettare o meno l’invito. Pochi giorni dopo, però, il pontefice ha annunciato un Concistoro per la creazione di nuovi cardinali. La data fissata? Ovviamente il 7 dicembre, esattamente nel giorno in cui teste coronate e capi di Stato e di governo avrebbero sfilato alla corte di Macron per la cerimonia di riconsacrazione della grande cattedrale parigina distrutta dalle fiamme nel 2019 e velocissimamente riportata a nuova vita. Anzi, c’è di più: inizialmente Francesco aveva fissato il Concistoro per l’8 dicembre, ma quando ha saputo che la cerimonia di consacrazione effettiva di Notre-Dame sarebbe stata il 7, ha chiesto al Prefetto delle Cerimonie pontificie di anticipare l’assise cardinalizia al giorno prima.
Mentre il Papa, che proprio oggi festeggia il suo 88mo compleanno – piazzandosi al secondo posto nella graduatoria dei pontefici più longevi della storia, superato solo da Leone XIII che morì nel 1903 a novantatré anni – è ancora ben cosciente di come si debbano trattare i governanti che gli recano disturbo personale e politico, il povero Macron, quel giovinetto catapultato all’Eliseo che voleva emulare Napoleone, arranca non solo tra le beghe interne al suo Paese che di lui ormai non ne può più, ma è costretto a tentare di recuperare un rapporto con colui che, possiamo starne certi, non lo perdonerà mai.
Aggiornato il 17 dicembre 2024 alle ore 16:34