Sul moralismo a corrente alternata: il caso Musk

Ci risiamo. Elon Musk scrive su X un tweet critico nei confronti della magistratura italiana e la sinistra inorridisce rimettendo sul piatto il solito disco rotto: fascisti! Già che la sinistra non abbia nulla di meglio da fare che parlare per giorni e giorni esclusivamente di Musk dà la misura del livello miserrimo in cui è piombata una certa parte politica, che però ad essa si accodino quasi tutti i “giornaloni” del Paese non può che creare un certo sgomento nell’animo di chi, come noi, ha scelto questo mestiere.

Ricapitoliamo, quindi: Elon Musk, che è ancora un comune cittadino fin quando Donald Trump non si sarà insediato ufficialmente alla Casa Bianca il prossimo 20 gennaio, scrive, in merito alla decisione di un giudice italiano sul caso dei migranti espatriati in Albania (trasferimento stabilito da un accordo bilaterale tra il nostro governo e quello di Edi Rama), queste semplici parole: “These judges need to go”, questi giudici devono andarsene. Apriti cielo. Iniziano a fioccare dichiarazioni di sconcerto da parte di Elly Schlein e compagni; i grillini firmano financo una petizione; il duo male assortito Bonelli&Fratoianni chiede a Giorgia Meloni di riferire in parlamento e prendere le distanze dal “suo amico multimiliardario”; La Repubblica, La Stampa e Il Fatto Quotidiano dedicano le prime quattro pagine della loro foliazione a questo “scandalo istituzionale”. E no, purtroppo non è Lercio, ma un breve riassunto di quello a cui questa povera Italia sta assistendo sbigottita da giorni. Non finisce qui. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sente il dovere di scrivere un comunicato ufficiale del Quirinale per chiedere in buona sostanza a Musk di stare al suo posto, sottolineando (come se ce ne fosse bisogno) che “l’Italia sa badare a sé stessa”. Segue telefonata di Meloni a Musk per chiedere all’amico Elon di non metterla in difficoltà, considerazione che effettivamente ci sta ed è forse l’unica lucida in questa tragicommedia all’italiana. La vicenda si evolve con una controreplica di Musk, il quale dichiara di nutrire grande rispetto per il Presidente Mattarella e per l’Italia ma sottolinea, vivaddio, che si ritiene libero di esprimere le sue opinioni. Anzi, e qui ci vorrebbero per Elon dieci minuti di applausi, specifica che “la libertà di espressione è protetta sia dal primo emendamento della Costituzione americana, sia da quella italiana”. Un sonoro schiaffone a quanti hanno starnazzato per giorni evocando la “difesa della sovranità nazionale” (Elly Schlein) ridicolizzandosi e ridicolizzando pure l’intero Paese agli occhi del mondo. A questo punto il comune cittadino che fatica ad arrivare a fine mese – e che in cuor suo la pensa esattamente come Musk – spera di tirare un sospiro di sollievo ritenendo che anche questa baggianata mediatico-politica sia esaurita, e invece no. L’evoluzione di questa operetta da Repubblica delle Banane prosegue con un colpo di scena inatteso: Piero Pelù, Elio e le Storie Tese, Milena Gabanelli e tanti altri compagni decidono di sbattere la porta e andarsene da X perché, sottolineano, “ormai è una cloaca antidemocratica dove si fomentano solo odio e razzismo”! E chissà con quale tormento interiore il povero Elon Musk avrà appreso questa ferale notizia, sarà certamente inconsolabile in queste ore: come farà adesso il suo social network senza il pensiero di questi signori?

Messe da parte le battute, torniamo seri. Questa vicenda rispecchia totalmente lo stato di salute di questo povero paese, il livello infimo di buona parte della sua classe dirigente, la qualità sempre più scadente dell’informazione, la totale mancanza di memoria su certi fatti che, a parti invertite, venivano considerati un sacrosanto diritto libertario. Come dimenticare, giusto per fare un esempio neanche troppo lontano, quando la sinistra si scagliava contro la magistratura e la giustizia ungherese che condannarono Ilaria Salis? Tutti ricordiamo le veementi dichiarazioni di Schlein, di Conte, di Bonelli&Fratoianni (che per aggirare la giustizia di un Paese amico e membro della Ue hanno persino spedito la galeotta al Parlamento di Strasburgo) contro i giudici ungheresi, rei di aver sbattuto in prigione una delinquente dal manganello facile. Tutti tranne loro, ovviamente. È quindi sempre la solita storia: se un Musk qualsiasi critica la nostra (più loro a dire il vero) magistratura è un attacco alla democrazia italiana, se loro criticano quella ungherese è giusto, sacrosanto, è per la libertà. A questo moralismo a corrente alternata siamo ormai abituati da anni, come all’interpretazione del concetto di democrazia tutta personale da parte di certi soggetti che, se non avessero ruoli istituzionali e editoriali di primissimo piano, potremmo tranquillamente considerare come semplici peti rilasciati nello spazio comune. Per questi signori X è oggi diventato una cloaca antidemocratica, ma quando ieri il “democraticissimo” Twitter bannava il profilo del Presidente Donald Trump lasciando invece attivo (e assai prolifico) quello di un carnefice come l’Ayatollah iraniano Alì Khamenei nessuno di loro fiatava. Nessuno protestava. Nessuno s’indignava. Quella, per loro, era l’unica democrazia giusta. Quella la degna e auspicata fine di un Presidente degli Stati Uniti che a loro non piaceva, e chissenefrega se poi il leader iraniano poteva continuare a scrivere le sue atrocità giornaliere. Però, disgraziatamente per questi cirenei del pensiero unico, mentre l’Europa e i Paesi da loro (ancora per poco) governati come Germania, Francia e Spagna, sprofondano politicamente ed economicamente in una spirale d’instabilità, l’America, ancora una volta e come sempre, ha dato a tutti una sonora lezione di vera democrazia. Non smetteremo mai di amare gli Stati Uniti, culla di civiltà, democrazia e libertà. Con il rimpianto di non esservi nati.

Aggiornato il 15 novembre 2024 alle ore 09:30