Secondo attentato a Trump, a due mesi dal primo

Premessa

Il commento più dirimente l’ha scritto Elon Musk sulle sue pagine X: ‘‘Nessuno sta cercando di assassinare Joe Biden o Kamala Harris’’. Quasi certamente il secondo attentato nel giro di due mesi influirà sulle elezioni di novembre, anche se non si sa chi ne trarrà vantaggio. Progettare l’assassinio di un candidato presidente statunitense non è affare da poco. Implica una serie di analisi che non erano possibili finché non si è conosciuto il nome del presunto attentatore. Le ipotesi più logiche prefiguravano tre scenari: o l’azione di idiota di massa (la sottospecie sociale più diffusa nell’era di Instagram e TikTok?), o l’azione di un gruppo di esaltati, oppure il (solito?) complotto internazionale di cui quasi mai si è mai riusciti a venire a capo, forse proprio perché la cruda realtà ci conferma che dietro ogni scenario possibile c’è sempre un idiota di massa (da ora in poi idm), anche se costui è sostenuto da russi o talebani, da alieni o altri fuoriusciti di testa. Vale sempre il detto di Andy Warhol e David Bowie: “We can be heroes just for one day”. Tutti, incluso il piccolo imprenditore edile Ryan Routh, un “ragazzo” di 58 anni (quasi tutti oggi si considerano e si comportano da ragazzi, con account TikTok, t-shirt e canottiere Armani fino ai 90 anni e oltre). Tutti, come Vladimir Putin o Recep Tayyip Erdoğan o lo stesso Donald Trump, vogliono diventare attori invece di restare spettatori di fronte alla vita che scorre sul personal computer.

Il tentativo dell’erouccio di turno si è svolto in un’atmosfera da serie tivù, a partire dalla “location” (ormai parliamo col lessico degli agenti immobiliari e dei cineasti d’accatto): il circolo golf dello stesso Trump a Miami. Routh non è un illustre sconosciuto figlio della pop culture. Si è dotato di un AK-47 come un hamasiano di Gaza, aveva con sé una GoPro e uno zaino. A queste si aggiungeva un curriculum fatto di denunce, arresti e condanne. Aver subìto i rigori della legge è un marcatore di quasi ogni rivoluzionario di tipo idm (poi ci sono i rivoluzionari veri, certamente). Un tempo i comunisti e gli anarchici dicevano che un vero rivoluzionario non è tale se non è stato in carcere. Vabbè, ma non tutti erano dei Giuseppe Mazzini. Anche Ryan Routh ha cercato di marchiarsi come rivoluzionario. Ha costruito l’identità del democratico internazionalista sostenendo la causa ucraina contro Vladimir Putin, tanto che cercò di reclutare volontari afgani fuggiti dai talebani, da mandare a combattere per l’esercito di Kiev. Definì l’impresentabile inquilino del Cremlino come “terrorista”, aggettivo improprio per uno che si è fatto prendere dal Fbi con un kalašnikov in braccio e che era già stato arrestato per il possesso di un mitra. Routh quindi sarebbe il classico idm che può fare il terrorista in nome del “bene” come lui lo intende.

In questo senso è un eroe della cancel culture e delle università che si sono schierate con Hamas contro il governo di Israele prima ancora del 7 ottobre. Temo che nelle università – tra docenti e discenti – alloggino ormai più idm che gabbiani a Roma o bevitori di vodka a Mosca. Tutto può comunque essere, persino un disegno iraniano contro Trump. Ne abbiamo già viste troppe. Al momento Fbi accredita l’idea di un lupo solitario. Ipotesi credibile, che ci porta a riflettere sull’impatto meteorico del continuo flusso di informazioni dei media sul cranio di umani che hanno smarrito il loro senno sulla Luna come l’Orlando furioso ariosteo. Nasce dal macroscopico flusso di informazioni eterodosse e luoghi comuni il vizio dell’azione eclatante che fa ascendere nel cielo eroi brevilinei. Sono a migliaia coloro che hanno sostituito la militanza politica con i post su TikTok e che si credono di essere in missione “per conto di Dio” persino quando, invece del Vangelo di Gesù o di Facebook, imbracciano armi. I primi a subire e sfruttare la globalizzazione delle notizie furono i pazzi di Al Qaida.

Viene da pensare all’Italia di oggi. Ieri un giornalista della Rai ha protestato perché le riprese tivù hanno tagliato le immagini che mostravano il “litigio di massa” tra tifosi del Napoli e quelli del Cagliari (partita vinta dai napoletani per 4-0). Immagino che decine di migliaia di persone si siano indignate per la censura. Io invece penso che la censura, quando riduce al minimo immagini violente o stupide, sia utile. Perché, teniamolo a mente, l’essere umano si fonda sull’imitazione. L’uomo stesso è nato a imitazione del divino, come riporta il libro della Genesi. Quindi “eroizzare” con riprese dei cretini che si lanciano dei fumogeni da un lato all’altro della rete di uno stadio, può essere una bestialità. Continuare a riportare la conta dei carcerati che si uccidono, rischia di incrementare – per imitazione – il numero dei carcerati che si suicidano. Riportare il numero e la cronaca dei più efferati casi di violenza e assassinio nei confronti di donne, rischia di dare licenza un marito cretino a già di suo tendente alle sberle, a picchiare la moglie invece di risolverla con un confronto a parole e ragionamenti come si conviene. E così via.

A volte, la censura della violenza riduce la violenza più della continua eccitazione delle masse degli idm con immagini turbolente, giustificate dal fatto che l’esibizione di una rissa sia invece utile contro i picchiatori e attentatori. Attendiamo analisi su questo tema, magari dalla Rai. Parliamo di immagini. I dati vanno riportati, ovviamente. Tornando alle cause del secondo attentato contro Trump, è forse un muesli di quanto ipotizzato qui sopra. In ogni caso, Trump è la persona più dirimente al mondo, con Putin. Noi, in Italia, al posto di quei due politici abbiamo il sindaco di Roma, persona dal profilo simpatico e bonaccione, ma anche collezionista di insuccessi. Roberto Gualtieri è dirimente persino per il suo partito. O forse deprimente.

Aggiornato il 16 settembre 2024 alle ore 15:12