L’incomprensibile autocombustione di Matteo Renzi

Esistono fenomeni paranormali che la scienza non riesce a spiegare e proprio per questo motivo si rifiuta di accettarli negandone l’empiricità: uno di questi è la combustione umana spontanea. Eppure esiste, noi ne siamo convinti, altrimenti non ci sarebbe altro modo per interpretare la parabola umana e politica di Matteo Renzi. A voler essere più prosaici, potremmo anche dire che l’attuale “senatore semplice” (definizione certamente irrispettosa della carica istituzionale, cionondimeno da lui stesso coniata) di Rignano sull’Arno abbia subìto ed interpretato alla lettera il vaticinio del grande scrittore e poeta greco Esopo, che soleva dire, con infinita arguzia, che “l’auto-presunzione può portare rapidamente all’auto-distruzione”. La tendenza a sentirsi il migliore, il più astuto, il più geniale, il più colto, è in effetti una caratteristica tipica del politico medio di sinistra, ma al contempo è stata per molti la causa dell’oblio, Massimo D’Alema è solo uno dei tanti. All’ex leader comunista va però dato atto di aver deciso da solo di tirare giù il sipario della sua più o meno brillante carriera politica, evitando – questo sì come una vecchia volpe – di finire in pellicceria. Molto meglio la vigna, non c’è ombra di dubbio.

Invece Renzi, pur fatturando milioni di euro gironzolando per il globo a tener conferenze (su cosa e a che titolo non riusciremo mai a spiegarcelo), con una netta predilezione per l’Arabia Saudita, pare abbia deciso con granitica fermezza di finire la sua parabola politica rottamato dagli elettori. Per chi, come lui, ha scalato precocemente e poco più che trentenne i gradini del potere presentandosi come “il rottamatore”, questa mestissima fine ha un sapore a dir poco kafkiano. Abbandonato dai suoi – l’ultimo, solo in ordine di tempo, è il suo ex fedelissimo Luigi Marattin – ma più che altro dagli elettori (alle recenti elezioni europee il suo partitino non si è nemmeno avvicinato alla soglia di sbarramento), tenta oggi, pur di salvare la pelle e lo scranno e con un’operazione talmente spregiudicata da essere ridicola, di tornare nell’alveo del centrosinistra o, per meglio dire, nel c.d.campo largo”.

Per uno che portò il Partito democratico fino al 40 per cento per poi ridurlo alla quasi estinzione è un atto talmente temerario che per certi versi meriterebbe un applauso. I primi a dire “no grazie” sono ovviamente stati i grillini: il povero Giuseppe Conte non dimentica di essere stato sfrattato da Palazzo Chigi (che ritiene ancora come qualcosa di simile ad una sua proprietà personale) da Renzi e per una volta non possiamo dar torto all’avvocato in pochette. Matteo però non demorde, e pur di abbindolare la segretaria democratica multigender Elly Schlein è riuscito perfino a scaricare il sindaco di Genova, Marco Bucci, che ha sostenuto per anni insieme al centrodestra ritenendolo “persona capace, moderata, il miglior sindaco che la città ligure possa auspicare”. Non appena il sindaco Bucci ha annunciato di aver risposto positivamente agli appelli del centrodestra, decidendo di candidarsi alla presidenza della Liguria, ecco Renzi il twittarolo, con la sua solita ed imperturbabile retorica, scandire che: “Marco Bucci è stato un bravo sindaco di Genova ed abbiamo lavorato bene insieme” (e menomale…), “ma stavolta noi non lo appoggeremo” (allora, forse, c’è una possibilità che Bucci vinca), per poi concludere con la supercazzola finale: “Si può stimare una persona, ma poi bisogna essere coerenti”. Capisco che “coerenza” e Renzi nella stessa frase siano come un pugno in un occhio, me ne scuso perciò con il lettore, ma a mia discolpa voglio sottolineare che lo ha scritto lui, e sul serio.

Qualche giorno fa, ospite della festa de Il Fatto Quotidiano, l’istrionico Pier Luigi Bersani, commentando il riavvicinamento di Renzi al centrosinistra, si è fatto sfuggire un commento sibillino e inquietante: “ce lo stanno buttando dentro”, da molti interpretato come una chiara allusione al fatto che dietro all’ennesima giravolta dell’ex premier ci sarebbero poteri ben più forti della politichetta. La tesi di alcuni sarebbe che dopo l’ennesimo tentativo abortito di creare un grande centro macroniano in Italia (abbiamo visto che fine ha fatto pure oltralpe il maritino di Brigitte), per scalzare la Destra dal governo sia necessario ricostruire un centrosinistra alla vecchia maniera, una sorta di carrozzone come L’Ulivo che fu, di quelli, per intenderci, che durerebbero al governo del Paese come un gatto sul Grande Raccordo Anulare di Roma. Se anche questa operazione fosse nelle reali intenzioni del Deep State alla nostrana, non si capisce perché puntare su un uomo come Matteo Renzi, che ormai è diventato da anni un Re Mida al contrario.

No, noi non ci crediamo, per la Destra sarebbe come vincere alla Lotteria di Capodanno e Giorgia Meloni potrebbe dormire sonni tranquilli per altri due lustri. Noi crediamo piuttosto che Renzi, dopo aver tentato invano di scalare Forza Italia (forse con Silvio, che lo apprezzava, ancora in vita le cose sarebbero potute andare diversamente, chissà), aver litigato con quell’altro egomaniaco di Carlo Calenda e dopo essersi perso per strada mezzo partito, cerchi solo l’ennesimo posto al sole per tentare di essere ancora invitato in televisione e intervistato sui giornali. Oltre a gran parte del partito, sembra che Matteo Renzi abbia perso pure la memoria: ieri l’altro, in una delle sue ospitate televisive che, a seconda dell’orario di messa in onda tolgono l’appetito o tediano il sonno degli italiani, il senatore toscano ha asserito che il neoministro della Cultura, Alessandro Giuli, è il primo della storia repubblicana a ricoprire tale incarico pur essendo privo di una laurea. Peccato che, e lo sanno tutti, sia Walter Veltroni che il creatore di Renzi, Francesco Rutelli, entrambi titolari del medesimo dicastero in governi di centrosinistra, non siano laureati. Non riesumiamo la questione della finta laurea inserita nel proprio curriculum da Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione nei governi Renzi e Gentiloni, solo per carità di patria.

Noi che siamo politicamente e diametralmente opposti al Partito democratico e ancor di più avversari di Elly Schlein, ci sentiamo però di darle un consiglio spassionato: cara segretaria, se cadrà nella trappola di Matteo Renzi, stia pur certa che ben presto le toccherà chiamare una ditta di traslochi al Nazareno.

Aggiornato il 13 settembre 2024 alle ore 18:35