La Corte internazionale di giustizia con sede all’Aia, nel Palazzo della pace, ha iniziato l’esame del ricorso di 84 pagine presentato il 29 dicembre del 2023 dalla Repubblica del Sudafrica contro lo Stato d’Israele, accusato di genocidio della popolazione della striscia di Gaza. Si sono costituiti in giudizio, accanto al Sudafrica, ad adiuvandum, Algeria, Maldive, Bahrein, Mauritania, Bangladesh, Marocco, Namibia, Brasile, Nicaragua, Comore, Pakistan, Gibuti, Palestina, Egitto, Qatar, Iran, Arabia Saudita, Giordania, Iraq, Sudan, Kuwait, Siria, Libano, Tunisia, Turchia, Libia, Emirati Arabi Uniti, Malesia, Venezuela, Maldive e Yemen.
Il ricorso viene sostenuto in base alla Convenzione per la prevenzione e la repressione dei crimini di genocidio, approvata nel 1948, di cui il Sudafrica e Israele sono firmatari. Essa punisce quelli atti miranti alla distruzione di una parte sostanziale di un gruppo nazionale, razziale o etnico mediante uccisioni di membri del gruppo, lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri dei esso, il sottoporre in modo deliberato l’etnia a condizioni in grado di provocare la sua distruzione fisica totale o parziale, misure miranti ad impedire nascite al suo interno, il trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro. Il ricorso sudafricano sostiene che la risposta israeliana all’attacco di Hamas del 7 di ottobre abbia passato il limite. Essa avrebbe dato luogo a violazioni della Convenzione. La campagna di bombardamenti israeliana mirerebbe alla distruzione della vita dei palestinesi e a spingere la popolazione di Gaza verso la carestia. Questi sarebbero atti di carattere genocida, in quanto mirerebbero ad annientare una parte sostanziale dell’etnia.
Lo Stato d’Israele si difende col sostenere che la guerra sia di natura difensiva, in risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Ricordiamo come allora morirono in Israele 1.200 persone, per lo più civili, e quasi 200 soldati poi, nelle operazioni nella Striscia di Gaza. Secondo il ministro della Sanità palestinese, i morti tra gli abitanti il territorio della Striscia, sinora, sarebbero circa 23mila, la maggior parte dei quali donne e bambini. Alla fine di queste due udienze preliminari, la Corte dovrà decidere in primo luogo se è competente e, se del caso, in base all’articolo 41 del suo Statuto, imporre a Israele di non proseguire la sua azione militare per impedire il proseguo di eventuali violazioni della Convenzione. Vedremo, ma per capire l’importanza dell’evento giova comprendere il contesto.
La Corte di giustizia internazionale s’è aggiunta alla Corte permanente d’arbitrato, anch’essa con sede all’Aia e nelle stesse aule, istituita nel 1899, per facilitare la soluzione di controversie tra Stati nella delimitazione dei confini terrestri e marittimi, e nelle altre questioni inerenti la Sovranità, compresi i diritti umani, gli investimenti internazionali, i commerci esteri ed interni. La sua istituzione fu uno dei numerosi trattati coi quali si concluse la Conferenza per la pace, tenutasi all’Aia tra il 1899 ed il 1907, per iniziativa dello zar Nicola II di Russia. Fin da giovane egli intuì il mondo sull’orlo di un baratro, che lo avrebbe incoronato col martirio. Ossessionato dall’incubo di una catastrofe bellica, istituì una commissione di studio in cui si concluse che il disastro sarebbe stato certo, se fosse continuata la corsa agli armamenti sempre più sofisticati. Ciò lo indusse a scrivere agli altri sovrani, sia dinastici che i presidenti elettivi, per convocare all’Aia la conferenza. Egli avrebbe voluto un trattato per obbligare al disarmo, ma gli altri, pur ossequiosi, in sostanza vennero in conferenza per dargli la ragione del matto. La Corte permanente d’arbitrato fu il contentino per non mandare a vuoto l’incontro. Dopo l’assassinio di Sarajevo e l’ultimatum rancese Francesco Giuseppe d’Austria-Ungheria alla Serbia, mentre le potenze europee si stavano incartando, tentò di convincere tutti ad adire la Corte d’arbitrato per risolvere le questioni con un lodo. Si sa come finì per gli Imperi europei, oppostamente schierati, e per lui, sia personalmente che per la famiglia, a Ekaterinburg. Nulla è più appropriato del titolo sotto il quale il Santo Sinodo di Mosca ha riconosciuto la pietà popolare a egli tributata: Grande protettore della Passione.
È dopo quella Prima guerra mondiale che la Società delle Nazioni, sorta a latere del trattato di pace, istituì, nel 1921, la Corte permanente di giustizia internazionale. Estintasi la Società delle Nazioni, per effetto della Seconda guerra mondiale, nel 1946, per lasciare il posto all’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel frattempo sorta nel 1945, anche questa Corte venne sostituita dall’attuale Corte internazionale di giustizia. Da allora, i suoi 15 giudici sono eletti dall’Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza. Questo fa capire quanto è in gioco. Non solo lo Stato d’Israele, la Palestina o le vittime innocenti. Hamas ha scatenato l’inferno su commissione, forse, del Partito comunista cinese, occupante la terra ferma del Celeste impero, esiliato lo Stato libero della Repubblica di Cina sull’isola di Taiwan. Questo per distrarre gli Stati Uniti d’America dal Mare cinese. Il Partito comunista cinese, mascherato in doppiopetto, cerca di coinvolgere, in un’azione geoeconomica e geopolitica, gli Stati sostenitori del Sudafrica, guarda caso, nel ricorso. Tra gli Stati solidali col Sudafrica manca, nell’elenco, la Federazione Russa, probabilmente per questioni di opportunità. Infatti, la Corte adita ha già, con decisione del 16 marzo 2022, censurato come illegittima la sua operazione militare speciale in Ucraina. Comunque è sempre, anche in altre occasioni, con quegli Stati.
È uno scontro tra idee della vita e del mondo, ben più ampio delle due guerre mondiali del vigesimo secolo. Esse, infatti, ebbero origine in Europa, e provocarono delle metastasi in altre aree continentali coinvolte con l’Europa per via del passato o del presente coloniale delle Nazioni europee. Invece, i conflitti attuali sono parte di uno scontro tra concezioni dell’uomo e della vita, su piani globali. Le organizzazioni internazionali in essere sono figlie dell’umanesimo europeo, in cui si concepì la prospettiva di risolvere i conflitti tra Stati, come quelli tra esseri umani al loro interno, con l’applicazione di norme astratte ai contrasti concreti con mezzi arbitrali o giudiziari. Il teorico sommo fu il solito Immanuel Kant. Descrisse quanto immaginato come Foedus Amphictyonum. In latino foedus sta per lega, alleanza, confederazione; nell’antica Grecia l’Anfizionia fu una lega tra popoli o città attorno ad un santuario, ad esempio Delfi, che esigeva una tregua nei periodi consacrati al pellegrinaggio. Quindi, implicitamente, Immanuel Kant fa riferimento a un’idea sacrale, sottofondo del progetto. Ma proprio l’Occidente collettivo si è sconsacrato, profanizzato, convertito in un concreto materialismo. Le prediche dei Pontefici della decrepita Roma sono lezioni di mera sociologia, come quelle dei pastori protestanti. Magari “buonista”, ma senza un afflato spirituale oltre i sempre più scialbi paramenti. Nulla sostiene più la morale, la sacralità della vita umana. In nome di cosa si chiedono sacrifici, ad esempio, per ridimensionare quanto produce anidride carbonica e riscaldamento globale quando antieconomico? Maffeo Pantaleoni descrisse l’homo oeconomicus come “edonista perfetto”. Homo e non Vir, guarda un po’! Occorre ritornare a un pizzico di virilità per dare un senso e far funzionare le macchine politiche istituite per garantire pace e diritti un poco più umani, per Dio. Tanto, per tornare al titolo dell’utopia kantiana, arriveremo comunque alla “pace perpetua”. Si tratta di vedere se in questo mondo o nell’altro.
Aggiornato il 15 gennaio 2024 alle ore 17:35