Francamente non capiamo. Perché ci si dispera per la mancata ratifica del Trattato di riforma del Meccanismo europeo di stabilità? Cosa conterrebbe di tanto essenziale per l’Italia da impedire alle vedove e agli orfani del Mes di elaborare il lutto? Spiegatecelo. Perché noi, questa immane tragedia non la percepiamo affatto. Anzi, pensiamo che quel “no” scodellato in coda d’anno dal Parlamento ci abbia tirato fuori dal guaio in cui ci stavamo cacciando. Non del tutto, purtroppo. Perché il Mes nel suo impianto originario del 2012 resta in vigore e può ancora dispiegare i suoi effetti. Quella che – vivaddio! – è stata bloccata è solo la riforma peggiorativa del Meccanismo.
La verità è che di obiezioni nel merito non ne abbiamo lette né udite. L’unica motivazione nota riguarda lo “sgarbo” che l’Italia avrebbe fatto ai membri dell’Eurogruppo non ratificando ciò che tutti gli altri hanno accettato. E per voi adoratori del Mes questa sarebbe una motivazione valida? La mancanza di argomenti sostanziali induce un sospetto. Ma i suoi tanti laudatori lo hanno letto il testo in discussione? Se sì – cosa della quale dubitiamo fortemente – devono convincerci del fatto che approvare, ad esempio, una norma-killer come quella contenuta nell’articolo 3 del Trattato sia nell’interesse dell’Italia. Per quel poco che ci è dato di capire a noi sembra invece una pistola che la solita eurocrazia avrebbe voluto puntare alla tempia del Governo italiano. All’articolo 3 è scritto: “Se necessario per prepararsi a poter svolgere adeguatamente e con tempestività i compiti attribuitigli dal presente Trattato, il Mes può seguire e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico e analizzare le informazioni e i dati pertinenti. A tal fine il direttore generale collabora con la Commissione europea e la Bce per assicurare totale coerenza con il quadro di coordinamento delle politiche economiche stabilito dal Tfue (Trattato di funzionamento dell’Unione europea, ndr)”.
È una roba da masochisti, perché questa parte dell’articolo 3 sarebbe divenuta operativa con l’entrata in vigore del Trattato riformato, indipendentemente dalla richiesta del singolo Stato di attivazione della procedura di sostegno finanziario. Come si può pensare di consegnare il destino di un Paese alla volontà di una singola persona (il direttore generale del Mes) che, peraltro, in forza del Trattato gode di un potere legibus solutus, simile a quello di cui godono i tiranni. Già, perché costui per volontà dei contraenti il Mes beneficia della totale immunità, non è sottoponibile al sindacato di alcuna giurisdizione statuale o comunitaria e tanto meno è sottoposto al controllo democratico degli organismi rappresentativi della volontà popolare. Immaginate per un momento che questo signore – magari sollecitato da qualche Stato membro che trarrebbe vantaggi dalla crisi dell’Italia – in virtù dei suoi poteri discrezionali decidesse di far trapelare dubbi – non importa quanto fondati – sulla sostenibilità del debito italiano.
Considerando la volubilità dei mercati finanziari, non il giorno dopo ma un istante dopo i titoli del debito sovrano italiano diverrebbero carta straccia. Con uno spread alle stelle, il Tesoro dovrebbe corrispondere interessi stratosferici per poter stare sul mercato. Data la mole del nostro debito pubblico, il default sarebbe dietro l’angolo e, con esso, la necessità di affidarsi al Mes per salvarsi dalla catastrofe. A quel punto, l’operazione “rescue” partirebbe ma a condizioni capestro per gli italiani in stile Grecia 2012 e, di sicuro, con l’imposizione di un cambio alla guida del Governo. Quale pazzo scriteriato vorrebbe che un tale scenario si materializzasse? Di certo, lo vorrebbe la sinistra antitaliana che scommette sul soccorso dello straniero per ribaltare la volontà popolare. Com’è accaduto nel 2011 – per stessa ammissione dei protagonisti – con la defenestrazione del legittimo Governo Berlusconi e l’arrivo al suo posto dell’Esecutivo commissariale di Mario Monti, lo stesso che ha firmato senza battere ciglio il Trattato istitutivo del Mes nella forma che oggi si vorrebbe peggiorare. Ma la sinistra è la sinistra, la nemica giurata dell’interesse nazionale. E gli altri, ritengono che dovremmo accettare la mordacchia? Certo, sottomettersi senza opporsi ci farebbe guadagnare la patacca dei più europeisti? Ma, se essere europeisti significa consegnare il collo al boia, anche no. Si dirà: questo nuovo Mes serve per salvare non solo gli Stati ma anche le banche. E quali? Sarà una nostra ignoranza, ma non ci risulta che quando il sistema bancario italiano sia andato in difficoltà, da altre parti in Europa si siano stracciati le vesti. Perché dovremmo sentirci solidali con i sistemi creditizi altrui quando quegli stessi sistemi nicchiano riguardo al completamento dell’Unione bancaria? Le nostre banche i compiti per mettersi in regola li hanno fatti da tempo, il più delle volte a spese dei risparmiatori. Quegli stessi a cui il nuovo Mes, in caso di crisi, non si farebbe scrupolo di tagliare di netto il valore dei titoli posseduti, lasciandoli in bolletta. Non ci credete? Allora leggete con attenzione la norma che obbliga l’applicazione a tutti i Titoli di Stato delle clausole di azione collettiva (Cacs) con votazione a maggioranza singola (articolo 12, punto 4 della bozza di riforma), le cosiddette “single limb”. Ciò vuol dire che non più a una maggioranza qualificata di investitori in obbligazioni verrebbe consentito di modificare i termini e le condizioni di pagamento di un titolo in maniera giuridicamente vincolante per tutti i detentori del titolo stesso, ma anche una singola partita di titoli – magari detenuta dalla Banca centrale di uno Stato membro, diretto competitore economico del Paese sotto attacco – basterebbe a innescare la procedura facilitata per giungere più rapidamente alla ristrutturazione del debito. E poi, stare nel Mes non è gratuito. Nel 2012 ci siamo infilati il cappio al collo accettando di acquistare quote di partecipazione pari al 17,7917 per cento del capitale (valore nominale della quota: 100mila euro), che ci obbligano a dare disponibilità finanziaria al Meccanismo fino a 125 miliardi 395 milioni 900mila euro. Euro, non bruscolini, richiamabili in qualsiasi momento dal direttore generale del Mes previa una semplice comunicazione all’inquilino di turno a Palazzo Chigi.
Bene ha fatto il Parlamento a impedire che il nodo scorsoio si facesse più soffocante. Per non dire delle situazioni nelle quali non tutti i soci paritariamente ma solo la Germania e la Francia possono esercitare il diretto di veto su richieste d’intervento emergenziale pervenute al Meccanismo. In fondo, il Mes è come la fattoria degli animali di George Orwell dove tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Qualche anima bella sostiene che la partita sia solo rimandata e non chiusa definitivamente. Dopo le Europee, gli ottimisti prevedono che Giorgia Meloni capitolerà e accetterà di ratificare il Trattato. Non è il nostro auspicio. Intendiamoci, che vi sia un meccanismo di solidarietà europeo per intervenire in casi di crisi dei debiti sovrani è cosa buona e giusta. Ma non questo Mes, non con queste regole. Se ne dovrà scrivere un altro più sensato. A quel punto, il centrodestra potrà riflettere serenamente sul da farsi, nell’esclusivo interesse degli italiani.
Aggiornato il 04 gennaio 2024 alle ore 09:40