In Italia il vento pare effettivamente cambiato: spira da destra. I sondaggi demoscopici sono tutti a favore del Governo conservatore di Giorgia Meloni. Non solo: nuove iniziative editoriali, e più in generale culturali, vengono da quell’area. Però tutto questo, e anche le fiacche iniziative di una sinistra bolsa, non si occupa di quell’oltre 36 per cento di aventi diritto al voto i quali non si recano alle urne. Costoro reputano inutile, come già più volte scritto, occuparsi di una macchina politica che gira a vuoto, perché le scelte fondamentali per la loro esistenza, come il lavoro, non dipendono da essa ma da decisioni di soggetti del tutto estranei, come le imprese transnazionali operanti sul mercato globale.
In questo momento si ripresenta, sul centrodestra, il Partito liberale italiano mentre, anche a destra non meno che a sinistra, c’è chi imputa ciò a un neoliberismo globale senza regole. Il liberalismo, però, non è anarchia. È, al contrario, promozione della libertà, e a sua tutela, attraverso norme. Per questo può, anzi deve, farsi carico di incalzare il Governo conservatore di Giorgia Meloni con istanze per proposte di una legislazione internazionale liberale della globalizzazione. Per esempio, l’Organizzazione mondiale del commercio promuove e tutela il liberismo economico globale attraverso trattati per inibire o superare politiche o normative protezionistiche degli Stati che lo ostacolino. Nulla, però, dicono sugli ostacoli allo stesso provenienti dall’azione di imprese monopolistiche, oligopolistiche o di cartelli.
Premere il Governo perché si faccia latore, nel quadro dell’Organizzazione mondiale per il commercio, di una proposta di trattato che vieti lo sfruttamento abusivo della posizione dominante di imprese e di cartelli nel quadro globale, sulla falsa riga di quanto avviene nell’Unione europea, apre un’autostrada per l’iniziativa del Partito liberale italiano. Altrettanto vale, per fare un altro esempio, circa le conseguenze per il mercato nazionale del lavoro delle “delocalizzazioni”, che dovrebbero spingere proprio una formazione liberale a premere per l’iniziativa atta a proporre un trattato che le disciplini, nell’ambito dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Si sollecitano altre proposte. Solo allora, forse, chi reputa inutile andare a votare il giorno delle elezioni, potrebbe ripensarci.
Aggiornato il 15 dicembre 2023 alle ore 10:50