Aveva ragione un secolo fa Oswald Spengler, quando scriveva nel suo celebre Il tramonto dell’Occidente che già a quel tempo la nostra civiltà aveva imboccato la via di un declino inarrestabile.
Infatti, ormai da diversi anni, l’intero Occidente non fa che rinnegare nei fatti ciò che predica a parole e particolarmente il principio democratico del quale si proclama alfiere: intende esportare ovunque la democrazia – con quali esiti si è visto – ma la umilia, fino ad avvilirla, in casa propria, sotto la specie della libertà di pensiero.
Siamo già infatti alla terza ondata – dopo il pensiero unico pandemico che bollava come “terrapiattista” ogni portatore di dissenso e dopo quello bellico fra Ucraina e Russia che stigmatizzava come “amico di Putin” chiunque osasse avanzare una critica – di quella forma di pseudo-pensiero che in realtà nasconde un non-pensiero e che non tollera in alcun modo un benché minimo dissenso, riuscendo spesso a tacitarlo o ad ostacolarlo: il pensiero monologante, che ha i suoi sacerdoti pronti ad officiarne i riti e le funzioni.
È sotto gli occhi di tutto ciò che accade in Medio Oriente.
Dando per scontata l’ovvia complessità di questa (come altre di altre) crisi, ciò che davvero preoccupa è il riproporsi nelle identiche forme di una serie di blocchi comunicativi che subito si mettono in opera da parte dei monologanti del pensiero unico, allo scopo di impedire che altro pensiero possa farsi strada o, peggio, allo scopo di screditarne o ridicolizzarne il portatore: il pensiero monologante esige si dica che Israele ha subito un vile e devastante attacco terroristico e che Hamas non può essere giustificato in alcun modo: perciò Israele ha diritto di vendicarsi. Punto.
Vediamo alcuni preoccupanti esempi di intolleranza messa in opera dal pensiero monologante.
Alcune sere fa, nel corso della trasmissione di Corrado Formigli – Piazza Pulita – era ospite, insieme ad altri, tutti monologanti, una ex diplomatica italiana, Elena Basile, la quale, nel tentativo disperato di ragionare in mezzo alla caciara dei monologanti che volevano impedirlo, stava ricordando che Hamas è strettamente legata ai Fratelli Musulmani, per anni foraggiati dall’Occidente contro le celebri Primavere arabe. Nel bel mezzo di questa importante spiegazione, utile per capire quello che succede oggi, altri la interrompevano e Formigli – da saggio officiante il rito monologante – le toglieva addirittura la parola d’autorità televisiva. Sicché, assediata dai monologanti e tacitata da chi avrebbe dovuto invece tutelarla – cioè Formigli – la Basile ha preferito abbandonare la trasmissione, il che, detto per inciso, era proprio ciò che i monologanti si auguravano.
In altra trasmissione, quella condotta da Lilli Gruber – anch’essa impavida sacerdotessa monologante – giungeva un’agenzia che rivelava che gli ostaggi americani non erano – come si era detto e temuto – alcune decine, ma soltanto uno o due. La Basile notava trattarsi di una cattiva notizia, perché...
Ebbene, non ha avuto il tempo di completare il suo pensiero – molto corretto in chiave di realpolitik – perché Aldo Cazzullo – celebre sacerdote televisivo del pensiero monologante – l’ha zittita, accusandola di fare differenze di nazionalità e invitandola perciò a vergognarsi per aver detto ciò che aveva detto: ovviamente la Gruber le ha tolto la parola, mentre cercava di replicare, dando la pubblicità.
Ma cosa intendeva dire la Basile? Una cosa molto semplice e vera: e cioè che se gli ostaggi americani fossero stati molti, gli Stati Uniti si sarebbero certo molto adoperati per la loro tutela e liberazione, mentre c’era da dubitare lo facessero in questo caso.
Ma il monologante Cazzullo – uno che sostiene che l’Impero romano non è mai caduto in un libro che va a ruba, come capita a tutti i libri culturalmente poveri e populisti, così come io potrei scriverne un altro per sostenere che Atene non ha mai perso la guerra del Peloponneso – non giunge alla raffinatezza del pensiero che pensa che se gli uomini son tutti uguali dal punto di vista ontologico, non lo sono affatto da quello diplomatico, perché un americano da questo punto di vista vale di più di un italiano: può non piacere e non piace, ma le cose stanno così.
Per questo la presenza di molti ostaggi americani avrebbe propiziato un impegno molto intenso degli Stati Uniti per la loro liberazione, che inevitabilmente si sarebbe riverberato anche sugli ostaggi di altre nazionalità.
Ma il pensiero monologante non consente tali ragionamenti, troppo complessi e pericolosi.
Questo pensiero che la Basile è stata impedita ad enunciare – talmente ovvio da essere perfino scontato – è risultato incomprensibile per un altro sacerdote monologante, Massimo Gramellini, il quale, dal taglio basso quotidiano che firma sul Corriere della Sera, accusa la Basile di cinismo e di schierarsi pregiudizialmente contro gli “odiati anglosassoni”. Gramellini ha così dato prova di essere inconsapevole preda di un profondo sonno della ragione, dal quale non sarà facile risvegliarlo anche perché i suoi colleghi monologanti si ergerebbero subito a difenderlo pur di lasciarlo addormentato come essi stessi sono.
Uno di questi – guarda caso ancora sul Corriere, ma poteva ben essere qualunque altro quotidiano italiano – Aldo Grasso, noto critico televisivo e credo ormai assurto, per autorevolezza, al rango vescovile del pensiero monologante.
Questi, nel desiderio di censurare il grave comportamento di chi osi pensare con la propria testa – a prescindere dal fatto che ci si possa sbagliare o no – ricorre ad un termine poco usato, quello di “postillatore”, accomunando in questa odiosa categoria la Basile, Michele Santoro, Moni Ovadia e, “last but not least”, Alessandro Orsini.
Chi sarebbe questo postillatore? Sarebbe nientemeno colui che ricorre ad una sorta di espediente retorico – quello di introdurre postille, cioè argomenti speciosi – in ogni discorso sulla guerra in Medio Oriente al solo scopo di impedire una discussione corretta, la quale sarebbe perciò quella priva di codeste pericolose postille.
Peccato però che tali postille altro non siano che gli argomenti di un sano pensiero critico che, invece di assopirsi sui binari preconfezionati dai monologanti, pretenda di far transitare le affermazioni correnti al setaccio della comune razionalità: pericolo grandissimo, questo, per i monologanti come Grasso, perché potrebbero essere indotti a revisionare le proprie granitiche certezze sul tema della guerra in Medio Oriente, senza le quali si perderebbero nelle nebbie dell’indeterminato e potrebbero anche veder svanire la posizione di privilegio data dal poter a lor piacere scrivere dal più diffuso quotidiano nazionale, collaborando a spingere i lettori a non pensare, cosa notoriamente più difficile e più comoda del suo contrario: pensare.
Fra i sacerdoti del pensiero monologante – ma forse è ancora solo un novizio – mi spiace dover annoverare (e questo fa capire che siamo davvero messi male) anche Ernesto Galli della Loggia, il quale scrive che per Hamas non ci possono essere giustificazioni di nessun tipo e accusa coloro che vogliono ragionarci su di essere addirittura più spregevoli degli stessi terroristi.
Tuttavia, per quello che ne so, mai Santoro, Ovadia, Basile, Orsini o altri (per far piacere a Grasso) “postillatori” hanno cercato di giustificare il terribile attacco operato da Hamas: hanno tentato invece di spiegarlo, perché, come ogni altro problema, finché esso rimarrà “piegato”, cioè chiuso in se stesso, sarà inaccessibile per la ragione.
Ma forse Galli della Loggia quando frequentava il liceo, attentissimo durante la lezione di storia – alla quale ha poi dedicato la sua vita di studioso – durante quella di filosofia era stanco e si assopiva: altrimenti non avrebbe confuso giustificare e spiegare.
Sacerdote pare anche Enrico Mentana, il quale sere fa in tutta serietà ha sentito il bisogno di precisare durante il telegiornale che lo Stato di Israele non fu installato con la violenza, ma dopo una regolare votazione a maggioranza dell’Onu. Applausi. Peccato abbia dimenticato di aggiungere come a quella votazione non parteciparono i diretti interessati, cioè i palestinesi che furono graziosamente sloggiati dai territori destinati al nuovo Stato ebraico. Come si vede, una semplice dimenticanza!
Ecco allora lo scopo del pensiero critico, l’esatto opposto del monologante, in quanto per suo statuto dialogante: fornire spiegazioni in grado di far capire ciò che accade oltre le semplificazioni “inculturali” (che volete ? Mi sono ingelosito di Aldo Grasso) – se così posso dire – e banalizzanti del pensiero monologante, allo scopo di affrontare i problemi con un corredo di maggiore e necessaria consapevolezza. Anche quelli nati dall’attuale guerra in Medio Oriente.
Il problema vero tuttavia sta nel fatto che il pensiero monologante oggi gode di molta fortuna perché esenta dalla fatica del pensare e perciò molti sono i seminari (redazioni dei giornali, studi televisivi, università, case editrici, scuole, partiti, sindacati, istituti di cultura...) ove si formano sempre nuovi sacerdoti che a schiere corrono a dare i voti.
Al contrario, il pensiero dialogante pericolosamente arretra perché pensare richiede fatica e coraggio e perciò i luoghi del suo esercizio, sempre personale e pericoloso, svaniscono come neve al sole.
L’Occidente riuscirà a invertire la rotta?
Aggiornato il 16 ottobre 2023 alle ore 09:47