Forse siamo ancora all’albeggiare degli Stati Uniti d’Europa vaticinati da Giuseppe Garibaldi, ma chi non vede l’enorme rafforzamento del processo d’integrazione comunitaria nell’Unione europea procurato dalle emergenze di questo tempo – pandemia, guerra in Ucraina, cambiamento climatico evidente e anche crisi migratoria – è affetto da una grave miopia. Ed è tanto maggiore se si definisce liberale, perché indica che non lesse o non capì Luigi Einaudi.
Tutte le politiche sono criticabili, ci mancherebbe, e si può sempre fare di meglio. Tuttavia, il Covid-19, in Europa, è stato fatto oggetto di una precisa politica dell’Unione, solo attuata da quelle nazionali. La risposta all’aggressione russa all’Ucraina è stata pronta e coerente nell’Unione europea, con timidi dissensi che testimoniano solo l’arretratezza democratica di qualcuno. Se sul piano strettamente militare si è guardato soprattutto all’Alleanza Atlantica, è solo in quanto la cooperazione nella difesa nell’Unione europea è ancora ai primi passi. E le prime manovre svolte in questi giorni sono state stimolate dalla nuova urgenza avvertita in questo campo. La crisi climatica è percepita da tutti. Come anche la necessità di una risposta comune nell’Unione e dell’Unione. Ciononostante, è aperta la discussione sulle misure da prendere.
Questi dibattiti, però, sono l’essenza della politica. Il Governo conservatore di Giorgia Meloni affronta in quella sede la “questione migratoria”. E ciò si risolve nello spingere verso soluzioni relative a quel determinato ambito. Possiamo continuare e lo faremo su altri specifici temi, ma se sugli schermi appare sempre più spesso il volto di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, cioè del Governo sovranazionale, un motivo ci sarà. Ricordo quando, per anni, i suoi predecessori non si vedevano mai: erano capaci e spesso autorevolissimi. Ma la gente non li conosceva.
Aggiornato il 07 ottobre 2023 alle ore 10:08