Torino: una premier in difficoltà o che dice la verità?

Qualcuno ha scritto e detto, qua e là, che nel suo speech a Torino Georgia Meloni sarebbe apparsa in difficoltà. Vediamo. Il punto centrale e non soltanto del suo intervento era focalizzato sulla situazione economico-finanziaria del Governo ma anche, e soprattutto, del Paese. Diciamocelo: è forse la prima volta che l’ottimismo tradizionale meloniano (abbiamo scritto e lo ribadiamo, “tradizionale”) non ha rappresentato la punta di diamante di questa vera e propria presa di contatto di una Torino che non sarà la capitale dell’auto tramite la decaduta dinastia Agnelli, ma resta pur sempre la città di un Nord avanzato, benestante e, va pur aggiunto, ricco. Ricco in riferimento a un Meridione che, storicamente, resta se non una palla al piede del Paese, una sfida non ancora – e non del tutto – vinta.

Romana de Roma, come si dice, Giorgia sa tuttavia come stanno le cose. E parlando nella capitale del Piemonte non le è stato impossibile, non solo mentalmente, fare il solito paragone fra Nord e Sud in termini come si è detto “storici”, non negandone l’evidenza, sia pure smorzando i toni battaglieri del tempo oppositorio che fu. Insomma, ciò che bolle in pentola ha avuto qua e là dalla premier una mano sopra il coperchio pur nella evidenza palmare dei fatti. Che sono, appunto, i soldi che secondo molti non ci sono e la magistratura che fa politica. In realtà, la correzione di Meloni ha messo in giusta luce il vero problema di fondo, insistendo sulla complessità di una situazione che, al di là del citatissimo e un po’ misterioso Piano Mattei (che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa), marca quasi con brutalità che tutto sta nel problema. Anzi nel fatto di come spendere questi soldi, che dunque ci sono.

L’esempio da lei ricordato della sanità, che resta comunque il maggior impegno governativo, vorrebbe specificare appunto che “il Governo sta lavorando per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini; penso però che sia miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse. Noi dobbiamo avere un approccio diverso e più profondo”, rilanciando il supertema della modalità di spesa delle risorse, facendo così saltare sulla sedia i presidenti delle Regioni cui compete in toto o quasi la sanità pubblica. Molti dei quali, ne siamo certi, hanno avvisato nelle parole meloniane un ritorno al passato, cioè ai privati. E, comunque, un taglio dei fondi ritenuti già molto bassi.

Come è ormai sua puntualizzazione, è stata ribadita la (sua) permanenza in relazione a un Governo di legislatura mirato alla soluzione di così grandi e gravi problemi. Tutto bene, dunque? In parte, giacché la durata dei governi italiani è per dir così implicita in un sistema elettivo e rappresentativo su cui la Meloni di oggi ha detto ben poco, forse per non aggiungere carne al fuoco. Ma anche il grande e grave tema dei risparmi trova un limite “politico” pressoché invalicabile nella impostazione per qualche aspetto “demagogico”, ravvisabile innanzitutto nella banalità di certe opposizioni di ieri e di oggi nel non rendersi ben conto dei problemi, e non solo della sanità, che sono strutturali.

Rebus sic stantibus, come diceva quel chiacchierone di Cicerone, sia benvenuta Meloni che ha perfettamente ragione nell’affermare (o annunciare?) che la situazione è complessa. E che dunque va detta la verità.

Aggiornato il 05 ottobre 2023 alle ore 11:21