Un’alleanza liberale italiana alle Europee?

Chi scrive è un convinto sostenitore dell’attuale Esecutivo conservatore, a cui augura una lunga e fattiva vita, per la ragione più volte espressa su questo giornale: l’approdo dell’Italia a una fisiologica alternativa di Governo. Detto ciò, è – e resta – innanzitutto un liberale, nel senso italiano del termine. E ritiene indispensabile il rafforzamento di questa componente nella Destra italiana.

Liberale si era sempre definito Silvio Berlusconi. Le “incoerenze” di talune misure dei suoi governi sono da attribuire alla pressione di altre forze associate alla coalizione, o di sedimenti della società nazionale che non sempre sono liberali ma dei quali bisognava pur tener conto, se si voleva governare e non cederli alla sinistra allora egemone.

Con la sua scomparsa da questa dimensione, Forza Italia ha perso, in un colpo solo, il fondatore, il capo carismatico e il munificissimo finanziatore. Il cerino è rimasto in mano ad Antonio Tajani, il più fedele al capo. Non è poco, perché Silvio Berlusconi, il quale ebbe un particolare culto per la fedeltà, imbarcò nel suo partito un numero inverosimile di voltagabbana. Pertanto, per le elezioni europee Antonio Tajani va benissimo, perché sia da commissario che da presidente dell’Assemblea del Parlamento si è fatto un’ottima fama. È pignolo e quindi si è studiato bene le carte.

Però la novità, in quanto settore della coalizione, è costituita dal Partito liberale italiano, ricollocatosi nella Destra con il congresso del centenario dalla sua fondazione, schierandosi proprio come era al suo sorgere. C’è inoltre un di più. Il segretario nazionale, Roberto Sorcinelli, in un convegno tenutosi a Messina, la città di Gaetano Martino, che lì tenne il celebre congresso tra i sei Stati membri della Comunità carbo-siderurgica da cui nacquero la Comunità economica europea e l’Euratom, fondamenta dell’attuale Unione, ha ribadito il tradizionale europeismo liberale, in continuità e in attuazione del federalismo europeo di Luigi Einaudi. Però, proprio einaudianamente, ha preso le distanze da una certa deriva dirigista delle Istituzioni.

Certo, la cosa ebbe le sue ragioni. Si poteva e doveva instaurare, in applicazione dei Trattati di Roma, la libera circolazione di beni e servizi e, in preda all’isteria socialista e protezionista, tutti gli Stati membri avevano iper-regolato la produzione e la circolazione al loro interno di tutto. Per cui si poteva giungere a quella libera circolazione infra-comunitaria, in molti casi, solo sostenendo le singole regole nazionali con una sola comune.

Fatto il grosso del lavoro, però, invece di esagerare, era ed è meglio ricorrere alla Corte di giustizia per far dichiarare quelle eccessive normative nazionali, ad esempio, come misure di un effetto equivalente alle restrizioni all’importazione. Ciò avrebbe il risultato liberale di snellire le legislazioni nazionali, anziché appesantire quella sopranazionale.

Il programma del Pli è molto più coerente come europeismo liberale, ma la lunga ecclissi di questo partito rende duro il suo lavoro. In linea di massima, con l’occasione del centenario, per intervento dello stesso Silvio Berlusconi, si è giunti a una certa alleanza con Forza Italia, con l’accettazione del Pli nella coalizione. Per rafforzare al suo interno la componente liberale, tuttavia, occorre andare oltre. Così, è necessario arrivare a un doppio tesseramento e alla presentazione di liste comuni, con l’affiancamento dei due simboli.

Aggiornato il 22 settembre 2023 alle ore 10:49