Gli Stati liberi raggiungono una durevole stabilità istituzionale quando, nella condivisione di principi costituzionali comuni, si alternano una destra con una lettura conservatrice di essi con una sinistra riformatrice. L’Italia ha scontato, dall’autunno del Risorgimento a ieri, la carenza di un partito conservatore non reazionario e di una sinistra non massimalista.
Sulla destra la via di un conservatorismo nazional-liberale venne proposta, ad esempio, da settori della Destra storica con alcune varianti, ossia da Ruggiero Bonghi, dai giovani liberali conservatori di Giovanni Borelli, da Giuseppe Prezzolini, ma sempre senza il successo meritato. La Sinistra è sempre fagocitata dall’ansia massimalista, fiscalista e statalista.
Il merito di Giorgia Meloni è di aver collocato la ricostituita destra italiana nella famiglia dei conservatori, di esserne diventata la presidente nel Parlamento europeo, di aver tratto ispirazione dal pensiero di Roger Scruton, di aver rotto, con la vittoria elettorale su queste posizioni, l’egemonia di potere della sinistra. È l’approdo, forse, a un’alternativa matura in un sistema rappresentativo finalmente libero in Italia.
Però, a essere sempre in agguato, non solo in questa Nazione ma nelle anime umane, è il personalismo, cioè lo sgomitare per l’interesse proprio anteposto alla salute pubblica. L’ambizione frustrata di Gianni Alemanno, il quale tenta lo sgambetto sleale, riproponendo una cosiddetta “destra sociale”, rimette in piedi un equivoco tutto italiano: il collocamento a destra dello spezzone di socialismo massimalista di un ex direttore de L’Avanti!
Aggiornato il 04 settembre 2023 alle ore 09:46